C’E’ LA BALLA DEL “QUA QUA”, GUARDA IL PAPARO CHE FA!

6 Gennaio, 2017 | Autore : |

Eh no, cari i miei piccoli lettori, la “BefanAzz” non si sbagliava affatto.

Peraltro qui non ci troviamo a parlare di ballo del qua qua, ma siamo proprio nel regno degli quaquaraqua. Parliamo un pochino di quella strana congrega di paperi che si fanno chiamare “delegati” all’Organismo Congressuale Forense. La Location ovviamente è Paperopoli, ovvero quel Congresso Nazionale di Rimini in cui Paperi, Pupari e Papari hanno mostrato il peggio dell’avvocatura italiana, come ho avuto modo di denunciare, in diretta mondiale (si è perso il mio sublime intervento solo Radio Regime – la Radio dei Paperi per i Paperi… ma poco importa… ihih…).

Ebbene, ancora “scottato”, o forse dovremmo dire “ustionato”, dai mancati incarichi ricevuti nell’Organismo, oggi il Paparo rompe il silenzio e si lancia in alcune considerazioni, in perfetto stile “BefanAzz”.

Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Firenze pubblica due missive al Coordinatore sub judice dell’OCF, dimenticandosi, in primo luogo, che tale Organismo è… appunto… sub judice. In barba ad ogni balla sul ruolo del Congresso, il buon uomo, come tutti gli altri 50 galantuomini dell’Organismo, continuano a non dire una sola parola sui reclami proposti da due delegati congressuali, tali Salvatore Lucignano e Fabrizio De Luca, che pure sono stati posti, proposti, illustrati, ripresi da qualche avvocato che voglia dirsi tale e gettano una sinistra luce su tutta l’operazione “OCF”.

Come è possibile che un Congresso davvero sovrano, possa ignorare che due delegati congressuali hanno impugnato le elezioni di ben cinque delegati all’OCF? Quale credibilità hanno questi galantuomini, che continuano ad andare avanti, come se nulla fosse, nonostante le denunce pubbliche sulle violazioni delle regole, sugli abusi, sulle procedure violate?

 

RECLAMO AVVERSO LE ELEZIONI OCF DEL 12 DICEMBRE 2016

 

 

Eppure il reclamo c’è, esiste, e sarà deciso, in data 12 gennaio 2017, nonostante nessuno e ripeto… nessuno degli attuali delegati all’OCF abbia speso una parola per prendere posizione sulle censure di diritto mosse alla nascita dell’Organismo. Fossero uomini d’onore avrebbero almeno il coraggio di dichiarare pubblicamente che le censure sono totalmente infondate, assumendosi la responsabilità di ciò che dicono e scrivono, ma uomini d’onore non sono e dunque tacciono, continuano, imperterriti, a fare i propri comodi e tanti saluti all’avvocatura. Altro che “casa di vetro”, caro il mio Paparo… questa non è una casa, semmai è una cosa, la “Cosa Vostra”.

 

Passando oltre, vi sono alcuni elementi nelle considerazioni del Presidente dell’Ordine fiorentino, che fanno davvero tenerezza. Si va dalla richiesta di elaborazione di un “Manifesto Programmatico”, per un Organismo che deve unicamente dare esecuzione ai “programmi” costituiti dalle mozioni congressuali

ad una apodittica incoronazione di se stessi come “soggetto politico dell’avvocatura”…

Ma come? Proprio lui… che a Rimini aveva fatto il “guappo” dal palco, parlando per 25 minuti, interminabili… minuti di mero nulla, di balle, di “stronzate”, per usare un’espressione cara al nostro caro nonnino? Ma non ci avevano rintronato, i buoni padrini costituenti del nuovo corso politico dell’avvocatura, dicendo che la rappresentanza unitaria dell’avvocatura non poteva e non doveva esistere? Non ha scritto di suo pugno, il buon uomo, che lo scopo della creazione dell’OCF non è di far nascere un soggetto politico dell’avvocatura, ma solo di dare migliore attuazione ai deliberati congressuali, che siano una voce, tra le altre dell’avvocatura stessa?

OCF non è il soggetto politico dell’avvocatura, ma un Organismo di delegati che ha il compito esclusivo di dare attuazione ai deliberati del Congresso Nazionale Forense. Grazie alla lungimiranza ed alla cultura di uomini come Paparo infatti (spero si colga l’ironia nell’attribuzione delle due qualità al nostro), l’avvocatura, dal 7 ottobre 2016, un soggetto politico non ce l’ha più, se si esclude quel Congresso che, se si fosse dato ascolto a chi una cultura ed una lungimiranza ce l’ha, si sarebbe davvero potuto e dovuto trasformare nel Parlamento dell’Avvocatura Italiana, con la creazione di un Governo dell’avvocatura, unitario e plurale, che finalmente desse una unica voce, forte ed autorevole, alla nostra martoriata categoria.

 

 

 

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