IL VALORE DELL’INDIVIDUO NELLA NEW ECONOMY

22 Marzo, 2018 | Autore : |

 

L’ultimo caso di utilizzo interessato dei big data riguarda l’operato della società Cambridge Analytica,accusata di aver speculato sui dati di milioni di cittadini, per influenzare, secondo alcune indiscrezioni di queste ore, oltre 200 elezioni svoltesi nel mondo.  Al netto dei vari aspetti, di natura giuridica e politica, sollevati dallo scandalo, la vicenda consente alcune riflessioni che consentono di tracciare una visione innovativa del ruolo dell’individuo e del consumatore nella società che genera valore attraverso la produzione e la cessione di servizi immateriali.

 

NAD ha già trattato questi temi. La nostra associazione cerca di avvicinare l’avvocatura italiana e più in generale gli operatori del diritto che entrano a contatto con il nostro operato, con alcuni elementi innovativi, che stanno già entrando nei meccanismi privilegiati di creazione e distribuzione del valore, ma che appaiono a volte dei perfetti sconosciuti per l’avvocato medio, impegnato in attività distanti dalle frontiere della tecnologia contemporanea.

In particolare, possiamo rimandare ad alcune riflessioni già pubblicate sul nostro sito in materia di big data:

BIG DATA E MODELLI DI SVILUPPO

 

L’articolo indicato, pubblicato nell’agosto del 2017, conteneva osservazioni che facevano riferimento proprio all’analisi dei big data, seppure operata per finalità socialmente apprezzabili e non per costruire una profilazione degli elettori, da indirizzare verso l’espressione di un voto orientato dai committenti di vaste operazioni di propaganda politica. Uno degli aspetti strettamente connessi al fenomeno attiene sicuramente al ruolo dell’individuo ed al suo rapporto con il valore, anche quando si comporta da mero fruitore di informazioni e relazioni, come avviene quando utilizza facebook, il social network più famoso e diffuso al mondo. Nell’ambito di un’analisi che NAD porta avanti da tempo, quella che cerca di capire in quali direzioni si stia spostando la creazione e la distribuzione del valore, il ruolo del soggetto che consuma o genera informazioni è sicuramente interessante ed offre punti di vista innovativi per le dinamiche di allocazione del valore nella società futura.

In pratica il fenomeno legato alla massiccia acquisizione di dati riguardanti la vita, le tendenze, le abitudini ed i gusti degli individui, trasformano l’utente, il consumatore e l’internauta nella merce che viene scambiata e che produce plusvalore attraverso una serie di azioni quotidiane che si caratterizzano per un’evidente asimmetria di mercato. Il soggetto infatti, agisce senza la consapevolezza che il suo vissuto stia generando informazioni, database ed accumulazione di valore, mentre chi sfrutta ed analizza le attività dell’ignara “merce umana”, trae profitto da atti che, nelle intenzioni di chi li compie, dovrebbero essere totalmente improduttivi di valore ed economicamente neutri.

 

 

Questo fenomeno consente di collegare le nostre riflessioni sul valore dei big data al concetto di reddito che si disgiunge dal lavoro e può fungere da base per una revisione della fiscalità generale, consentendo di tarare i progetti di web tax, di cui si discute ormai con insistenza in tutta Europa, sulle effettive dinamiche che consentono ai colossi dell’economia digitale di generare moli enormi di profitto, sfruttando come motore dei propri guadagni le azioni inconsapevoli di chi usa il web, spesso in modo gratuito, ma così facendo fornisce la benzina del guadagno per compagnie che riescono a trarre profitti immensi dalla navigazione gratuita degli internauti.

 

 

Le problematiche legate a questi temi toccano nel profondo la redistribuzione del valore e la funzione sociale del fisco, gettano una luce necessaria sul concetto di lavoro e sul suo legame con il reddito, di cui peraltro NAD si sta ormai occupando da tempo.

 

 

LAVORO E REDDITO, UN LEGAME DA RIFONDARE?

 

 

 

Il ruolo del valore connesso a tutto ciò che gravita attorno al web non può essere ridotto ad un approccio settoriale, non organico, che non cerchi di capire il fenomeno nel suo complesso. Se, da un lato, le discussioni sulle modalità di tassazione degli utili legati al web investono aspetti tecnici, quali la territorialità, la difficoltà di materializzare un valore che, essendo spesso immateriale, si palesa come tale solo in determinate fasi della sua catena di trasmissione ed utilizzo, non vi è dubbio che il problema di ciò che genera valore e delle asimmetrie antidemocratiche che le ricadute del web hanno per la cittadinanza attiva sia da porre al centro delle scelte politiche in materia. I modelli di redistribuzione di valore e reddito ancorati allo schema produttivo e assistenziale culminato negli anni 70 del ventesimo secolo sta mostrando tutte le sue crepe. Le asimmetrie reddituali, le sperequazioni, le concentrazioni di valore e di sapere che genera valore, lungi dall’essere ridotte da una maggiore capacità dell’individuo di collegamento e di navigazione virtuale, continuano ad ingigantirsi. Occorre che i consumatori del web vedano riconosciuta la propria funzione attiva nella creazione di valore, attraverso un esplicito riconoscimento dei consumi e della produzione di contenuti, capaci di regolamentare in modo equo la fenomenologia dell’arricchimento generato dai padroni del web.

I fenomeni degli influencer, le dinamiche connesse allo scambio di valore che viaggia nelle mani dei più famosi youtuber, tutta la problematica che afferisce all’orientamento delle scelte dei consumatori, ottenuto per mezzo delle opinioni rilasciate dai consumatori stessi, non possono continuare ad essere ignorate dalla legislazione. C’è bisogno di aprire un dibattito serio e franco sul nuovo ruolo che l’individuo sta assumendo nella società digitale. Questo dibattito potrebbe essere l’occasione per allocare valore e reddito in modo finalmente democratico, ritornando ad un’idea di welfare universale che ha consentito la piena integrazione sociale nelle società occidentali del secondo dopoguerra, in modo da scongiurare i pericoli, sempre più concreti, legati all’inoccupazione di massa ed alla disgregazione creata dalla diffusione di nuove forme di povertà e di esclusione, che non colpiscono ormai solo gli inoccupati, ma anche individui occupati e collegati alla realtà del web.

 

Avv. Salvatore Lucignano

 

 

 

 

 

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