I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI SONO TRIBUTI

30 Maggio, 2017 | Autore : |

 

Non c’è alcun dubbio, nonostante la Cassa di Previdenza Forense ed i propri aedi si affannino a sostenere il contrario. Pertanto, anche l’ammontare di una contribuzione minima slegata dal reddito, in misura arbitrariamente demandata ad un regolamento, viola i precetti che in materia di tributi impongono che le prestazioni patrimoniali imposte di imperio dallo Stato siano fissate per legge. La legge deve prevedere sia la prestazione che il suo ammontare, per rispettare la riserva.

 

 

L’ART. 21 COMMA 9 DELLA L. N. 247/2012 E’ INCOSTITUZIONALE, VIOLA L’ART. 23 COST.

L’art. 23 della Costituzione è chiarissimo, impone che le prestazioni patrimoniali possano essere imposte solo dalla legge. In questo senso l’art. 21 comma 9 della L. n. 247/2012, che consente alla Cassa Forense, di determinare i minimi contributivi dovuti dagli iscritti, è incostituzionale, per manifesta violazione dell’Art. 23 Cost.

 

 

 

 

 

I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI SONO TRIBUTI, IMPOSTI COATTIVAMENTE DALLO STATO

I contributi previdenziali possono essere qualificati come imposte, tasse, contributi speciali o figure autonome di tributo, ma certamente non sfuggono ad una di queste tipologie, né possono qualificarsi come prestazioni slegate da una natura tributaria e pertanto imponibili, in modo e misura arbitraria, dai regolamenti di un Ente Previdenziale obbligatorio. I contributi previdenziali infatti, trovano la propria ragione di esistere nell’esercizio di un’attività pubblica, alla quale l’obbligato al versamento è coattivamente tenuto. Ciò significa che è lo Stato che, agendo di imperio, impone la prestazione, in ragione della sua funzione sociale e solidaristica.

 

 

 

 

 

I CONTRIBUTI DEVONO ESSERE COMMISURATI AL REDDITO

Argomentando “a contrario”, seguendo le deliranti statuizioni dei Tribunali del Lavoro “amici” del sistema, o peggio, le argomentazioni illustrate dal Presidente della Cassa Forense, se la misura del contributo minimo imposto agli iscritti può essere davvero “slegata dal reddito” e determinata nella misura atta a garantire la sostenibilità del sistema e la percezione di future pensioni considerate “adeguate” dalla Cassa Forense, chi garantisce l’obbligato che i minimi non possano essere fissati in una misura Y, doppia dell’attuale, che ammonta ad X?

E’ evidente che il ragionamento operato dai Tribunali e dalla Cassa Forense non ha alcun pregio giuridico. L’unica garanzia per il lavoratore obbligato, che i contributi previdenziali non diventino una vessazione totalmente slegata dalla propria capacità contributiva, è che essi siano parametrati al reddito percepito, che rappresenta in modo indubbio e consolidato, l’elemento a cui il nostro ordinamento parametra l’ammontare delle prestazioni patrimoniali imposte ai cittadini. Ogni diversa valutazione è incostituzionale, per violazione degli artt. 23 e 53 Cost.

 

 

 

IL CONTRIBUTO PREVIDENZIALE PUO’ NON ESSERE LEGATO ALLA PROPRIA PENSIONE, PURCHE’ RESTI PARAMETRATO AL REDDITO

In base a quanto argomentato, è del tutto irrilevante che i contributi previdenziali non siano destinati al finanziamento della propria pensione, ma al sistema previdenziale e a fini solidaristici, in generale. Al contrario, proprio la natura pubblicistica delle finalità della contribuzione versata, impone allo Stato, quale contraltare della propria potestà impositiva, di pretendere dall’obbligato solo quanto egli possa effettivamente corrispondere.

Precisando ulteriormente, lo Stato può effettivamente pretendere contributi che siano destinati a finanziare il sistema previdenziale e può farlo perché agisce di imperio, ma non può pretendere somme che esulino il reddito dell’obbligato, perché ciò trasformerebbe quell’imperio in un arbitrio, capace potenzialmente di pretendere somme del tutto irragionevoli. Si badi peraltro, che ogni somma che esuli il reddito dell’obbligato è già di per sé irragionevole ed incarna una prestazione illegittima e contraria alla Costituzione vigente.

 

 

 

 

CONCLUSIONI

Le sentenze di cui si bea il Presidente della Cassa Forense, che vorrebbero assoggettare gli avvocati più deboli economicamente ad una contribuzione previdenziale slegata dal reddito e che non tengono contro del dovere dello Stato di imporre ai contribuenti una contribuzione parametrata e proporzionale rispetto al reddito, sono sterco giuridico, immondizia, sono contrarie a qualsiasi logica giuridica e costituiscono una violentissima ferita per l’ordinamento italiano.

Bene fanno i colleghi a ricorrere contro tali vergognose pronunce, e bene fa NAD a continuare a combattere perché questo osceno regime, vessatorio, illegale, incostituzionale ed iniquo, venga abbattuto.

Il nostro sciopero contributivo continua, continua la nostra battaglia per una previdenza legittima e rispettosa della Costituzione repubblicana, continuano le nostre richieste di assemblee degli iscritti, perché i colleghi possano essere correttamente informati sulle norme e sui principi che devono regolare la previdenza forense.

NAD continuerà a combattere, non ci fermeremo, fino a quando non avremo ottenuto giustizia.

IL SEGRETARIO NAZIONALE
Avv. Salvatore Lucignano

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