Ritorna l’Avv. Salvatore Lucignano: la “questione giustizia” in Italia

27 Giugno, 2016 | Autore : | Tags: ,  

Continua il confronto con l’Avv. Salvatore Lucignano, sui temi caldi dell’Avvocatura in Italia.

Caro Salvatore, continuiamo questo confronto che ci porta dentro il mondo dell’avvocatura e della giustizia italiana. Di recente ho letto che il Ministro Orlando ha parlato di una “questione giustizia” che non esiste più. E’ davvero così?

La risposta dovrebbe essere preceduta da un “riso amaro”, perché la situazione all’interno del comparto è esattamente opposta. A meno che il Ministro Orlando intendesse dire che in Italia ormai, troppe volte, anche solo parlare di giustizia è un’utopia, ed allora la sua frase sarebbe calzante.

Quali sono a tuo avviso le maggiori criticità del sistema, viste con gli occhi dell’avvocatura?

Questa domanda in realtà ne contiene due, ovvero quali siano i fattori di crisi e quali possano dirsi rappresentativi di un sentire dominante tra gli avvocati italiani. Provo a risponderti astraendo dalle mie personali convinzioni e cercando di immedesimarmi in un punto di vista generalmente rappresentativo: carenze strutturali e di organico. Spesso la giustizia italiana si amministra in strutture fatiscenti, prive delle più elementari norme di decoro. Specialmente al centro sud la situazione è intollerabile.

Come valuti le recenti riforme e i provvedimenti del governo in carica per migliorare la situazione?

Anche qui, occorre distinguere, il settore giustizia da quello dell’ avvocatura. Il governo ha operato male in termini di riforme dell’ordinamento. E’ un diluvio continuo di norme, molte delle quali sono sciatte e inefficaci. Così non è possibile risolvere alla radice il problema, ovvero la necessità di riformare integralmente il sistema giustizia in Italia. Quanto alle carenze strutturali: spot e dichiarazioni a parte, siamo sostanzialmente fermi al palo.

E per l’avvocatura in particolare? Hai distinto i due aspetti. Come si è mosso l’Ordinamento in questi ultimi anni?

L’avvocatura italiana nel giugno del 2016 non ha ancora rinnovato i suoi Consigli dell’Ordine, che sono scaduti il 31 dicembre 2014. Il “sistema” di cui abbiamo già parlato, è al collasso. L’attività del Ministro Orlando in questo senso può essere valutata solo in un modo: disastrosa, ben oltre il limite del lecito. Doveva emanare un banale regolamento elettorale, che consentisse alle donne e ai giovani avvocati italiani di rinnovare le proprie istituzioni, sclerotiche e cadenti, e non l’ha fatto, con la connivenza interessata del Consiglio Nazionale Forense. Una situazione scabrosa.

Una visione pessimistica la tua. Possibile che tu non veda alcun segnale positivo?

La percezione che la cittadinanza ha dell’efficienza di un settore all’interno di un paese è la migliore cartina di tornasole per capire, al netto delle dichiarazioni istituzionali, quale sia la verità. Gli italiani sanno bene che la giustizia nel nostro paese è spesso, anche se non sempre, una parola priva di significato effettivo. La mia non è dunque una valutazione malevola, quanto piuttosto una banale osservazione dei fatti.

E le soluzioni? Potrei obiettare che la critica è sempre la parte più facile di un’analisi, ma che ciò che conta è la proposta. Cosa occorrerebbe fare per risolvere i problemi della giustizia italiana?

Non mi sottraggo alla tua provocazione, che mi chiede di riassumere un tema epocale in poche battute. In una parola: invertire la rotta. Ridurre la bulimia normativa, abbattere drasticamente il numero di norme, occuparsi di razionalizzare e rendere più chiare le fonti del diritto. L’Italia è il paese con più leggi al mondo e questo rende la giustizia una babele priva di ogni certezza. Sul piano delle risorse, riformare radicalmente il sistema, affiancando al diritto contenzioso un vero e contemporaneo diritto collaborativo, che non abbia come scopo quello di deflazionare, ma di riconvertire e trasformare la giustizia nel paese.

Negli ultimi anni però in Italia sono stati introdotti istituti che mirano proprio a questo scopo: portare la giustizia fuori dalle pastoie del processo. Non mi dirai che anche questi provvedimenti ti vedono critico, oppure è così?

Purtroppo è così. Vedi Giulio, un conto è accompagnare la fenomenologia contenziosa, bulimica e inefficace, verso nuove strade, un altro è limitarsi a cacciare i cittadini dai Tribunali, alzando bandiera bianca. Ciò che avviene in Italia in questi anni è quasi eversivo: di fronte al collasso della giustizia si invitano, ed in certi casi si obbligano, gli italiani a farne a meno. Sul versante squisitamente normativo poi, oltre alla bulimia di cui ti ho parlato, non si è fatto assolutamente nulla per riequilibrare il rapporto tra cittadini e gruppi di potere. Il nostro è un paese in cui le conseguenze dello sbaglio sono infinitamente maggiori, in proporzione, per il povero e l’indifeso, e spesso sono quasi irrilevanti per i famigerati “poteri forti”. Basterebbe introdurre vere innovazioni, come ad esempio i “punitive damages”, per dare ad avvocati e cittadini degli strumenti di difesa più efficaci contro abusi e vessazioni, ma non lo si vuole fare e ciò rappresenta una scelta politica dissennata, che da giurista vivo con dolore.

Beh, direi che te la sei cavata con la sintesi. A questo punto continuo a provocarti: in una battuta, cosa occorre fare invece per l’avvocatura, per consentirle di essere utile al miglioramento della giustizia italiana?

Qui la risposta è ancora più semplice e spietata: l’avvocatura in Italia non esiste, esistono gli avvocati. Solo costruendo una vera classe, unitaria e plurale, governata con regole democratiche, che sia al servizio delle donne, dei giovani ed in generale dei più deboli, l’avvocatura potrà concorrere a migliorare la giustizia nel paese. Attualmente, visto lo stato inqualificabile in cui ci relega il regime dell’istituzionalizzazione forense, siamo tagliati fuori da ogni possibile contributo positivo, anche perché non siamo credibili.

Le donne e i giovani. Ma è davvero così forte la discriminazione a danno di queste due categorie di cittadini e, per quel che conosci più da vicino, di avvocati?

Assolutamente si. L’iniquità di un paese che vessa le proprie donne e i propri giovani più di quanto faccia verso gli uomini e gli anziani è ormai il tema cruciale del nostro futuro. A mio parere tutto questo è semplicemente inaccettabile. Occorre capovolgere senza paura le priorità e questo vale ugualmente, sia per l’avvocatura che per il paese.

Grazie Salvatore, per questa intervista che ormai è diventata una piacevole consuetudine.

Grazie a voi: il piacere è tutto mio.

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