Rimini: l’avvocatura alla svolta autoritaria

14 Ottobre, 2016 | Autore : | Tags:

Di Giulio Perrotta per L’altra Pagina. Disponibile su http://www.laltrapagina.it/mag/rimini-lavvocatura-alla-svolta-autoritaria/

L’Avv. Salvatore Lucignano ci racconta l’incredibile svolta autoritaria della nuova “avvocatura” 2.0 al Convegno di Rimini.

 

Caro Salvatore, sei dunque di ritorno dal XXXIII Congresso Nazionale dell’Avvocatura, svoltosi a Rimini dal 6 all’8 ottobre: come è andata?  

Purtroppo molto male. E’ stato un Congresso che ha sancito la fine, che io spero sia solo momentanea, di una rappresentanza politica dell’avvocatura plurale, e ha decretato la fascistizzazione della nostra rappresentanza politica.

Cosa è successo in concreto e perché giungi a queste conclusioni?

Il Congresso, in un mare di violazioni, abusi, composizione della platea dei delegati con criteri e modalità del tutto arbitrarie, ha messo fine alla rappresentanza dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, scegliendo di eliminare le incompatibilità esistenti tra Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati ed Organismo politico di emanazione congressuale. In altri termini, comprensibili anche ai profani, a Rimini si è compiuta la saldatura di ogni prerogativa dell’avvocatura italiana in capo agli stessi soggetti istituzionali. Una svolta che Benito Mussolini avrebbe rivendicato con orgoglio, ma che nel 2016 suona come un’offesa alla storia e alla democrazia.

Ho saputo che hai tenuto un intervento molto contrastato. Ce ne puoi parlare?

Ho scelto di accusare apertamente il Presidente del Consiglio Nazionale Forense di incarnare una riedizione del Napoleon che spadroneggiava nella famosa Fattoria degli animali di Orwell. Ho ricordato alla platea che i Consigli dell’Ordine italiani sono zeppi di avvocati che sarebbero incandidabili per legge, o in prorogatio dal 2014, eppure che costoro sono venuti a svolgere prerogative politiche, del tutto illegittime, potendo muoversi a piacimento all’interno dell’agone congressuale. Come se non bastasse, proprio coloro che non avrebbero avuto titolo per essere presenti, quali delegati, lo sono stati come membri di diritto. Una situazione di estrema gravità, che ho denunciato con nettezza, attirandomi le ire della claque pronta all’obbedienza verso i propri referenti. Ovviamente la cosa non mi ha minimamente turbato: sapevo di muovermi in un ambiente ostile alla legalità.

Le tue sono affermazioni pesanti, ed in un certo senso fatico a pensare e a credere che accuse così gravi e circostanziate, relative a fatti e persone determinate, non abbiano alcuna conseguenza, per te o per le persone che indichi. Come lo spieghi ai nostri lettori?

E’ l’aspetto più inquietante ed allo stesso tempo frustrante della vicenda che l’avvocatura italiana sta vivendo in questi anni. Da un lato, gli abusi e gli atti padronali ed arbitrari della componente ordinistica della nostra professione, sono di dominio pubblico. Gli avvocati ne discutono, e gli stessi Ordini hanno avuto modo di censurare alcune scelte apparse chiaramente abnormi, compiute dal Consiglio Nazionale Forense in questi mesi. Dall’altro lato stupisce che il Ministro della Giustizia resti inerte e che le mie denunce, che in un paese e in un’avvocatura normale provocherebbero reazioni e conseguenze, restino confinate nel regno delle esternazioni scomode, che si tenta in modo goffo di censurare, ma che non si ha il coraggio di perseguire apertamente. Ciò peraltro genera una situazione surreale e paradossale: sono ormai riconosciuto come un avvocato che accusa il sistema ordinistico di essere corrotto, eppure il sistema sceglie di non agire per rispondere a tali accuse, né sul piano politico, né su quello giudiziario.

Mi pare che alcuni procedimenti a tuo carico siano però stati attivati e siano tuttora in corso, o sbaglio?

Si tratta di procedimenti relativi al mio turpiloquio, ma rispetto alle molteplici accuse di illegalità che ho mosso alle azioni delle istituzioni forensi italiane, la reazione non è stata quella volta a fare chiarezza sulla veridicità di quanto affermo. Insomma, sono salito su un palco, davanti a quasi duemila avvocati, ripreso in diretta da network e testate giornalistiche nazionali, ed ho dichiarato che la massima carica istituzionale dell’avvocatura italiana si è fatta uno stipendio abusivo ed illegale, di 90 mila euro. Perché non accade nulla? Perché questa accusa non viene vagliata in giudizio? Io sospetto che le istituzioni forensi sappiano fin troppo bene che ciò che dico corrisponde al vero, e tentino di minimizzare, per coprire lo scandalo.

Comprendo ciò che dici, ma mi chiedo se questa tua azione, così critica verso le istituzioni forensi, sia compresa ed appoggiata da quell’avvocatura che magari ignora tali aspetti, e chiede a voi politici forensi risposte ad altri problemi. Quali sono le reazioni dei tuoi colleghi a queste denunce?

Moltissimi ne sono indignati, molti allargano le braccia e preferiscono far finta di nulla, mentre la gran parte ignora totalmente queste vicende. L’avvocatura italiana è un corpo sociale in cui la consapevolezza politica è limitata a pochissime centinaia di individui. Oltre il 90% degli avvocati non si interessa in alcun modo delle sorti della nostra professione e non ne comprende i meccanismi decisionali. Questo consente alle istituzioni di proseguire nella propria politica, incuranti di un’azione di denuncia che pure comincia a farsi più forte e decisa, ma che ancora non scalfisce una coscienza collettiva anestetizzata dalle prebende offerte dai padroni della professione.

Un quadro abbastanza sconfortante, perlomeno dal racconto che ne stai facendo. Mi chiedo se questo Congresso, al di là di questi aspetti, abbia in qualche modo trattato altri temi, meno tecnici, e più vicini alla giustizia ed ai cittadini. Cosa puoi dirci in merito?  

Purtroppo niente di buono, anche su questo versante. Molti tra noi delegati avevano presentato mozioni che andassero oltre le vicende della rappresentanza della categoria. Nuova Avvocatura Democratica, l’associazione che dirigo, aveva richiesto di discutere misure in favore dei colleghi in difficoltà, tese all’ampliamento delle fonti di reddito e all’istituzione della figura del professionista in difficoltà, ma nell’ultima giornata di lavori, dopo aver ottenuto il potere assoluto nella giornata precedente, la componente ordinistica si è totalmente disinteressata di questa ed altre mozioni, non ammettendole al voto, e consentendo di votare solo temi e mozioni gradite ai nuovi padroni della categoria, peraltro senza conteggiare i voti ottenuti dai provvedimenti e senza verificare la qualità di delegati dei votanti. Il tutto è avvenuto con modalità sbrigative, affidando al Presidente del Consiglio Nazionale Forense una benevola ed arbitraria “conta” delle alzate di mani richieste ad una ubbidiente platea. Si è trattato, come ho denunciato nell’immediatezza, del punto più basso e vergognoso che l’avvocatura italiana abbia mai toccato.

Cosa debbono aspettarsi i cittadini da questo Congresso nazionale degli avvocati? Ammetto che la domanda mi appare quasi grottesca, visto quanto ci hai raccontato. E’ così?

Mi spiace dover apparire pessimista, ed usare toni foschi, quasi apocalittici, ma purtroppo è così. L’avvocatura apicale a Rimini ha rinsaldato uno scellerato patto di potere con la politica italiana e questo Ministro della giustizia. Temo che nei prossimi mesi il processo di allontanamento dello Stato da una ricerca di soluzioni effettive e funzionali ai problemi dei cittadini continuerà, e credo che l’avvocatura non sarà in grado di opporsi con forza all’arretramento della giurisdizione pubblica. Purtroppo lo scambio appare evidente: gli avvocati istituzionalizzati tacciono sul reale stato della giustizia ed il Ministro vigilante chiude uno o due occhi sul permanere dei suoi interlocutori all’interno dei Consigli dell’Ordine ben oltre i limiti di legge, e fa ugualmente finta di non vedere quando il Consiglio Nazionale Forense utilizza i denari degli avvocati per scopi politici ed utilità di parte.

Consentimi una domanda provocatoria: com’è che ancora non ti hanno arrestato? 

Sorrido a questa tua provocazione, che capisco e che mi appare fondata. Credo che l’avvocatura italiana oggi non sia diversa da qualsiasi sistema di potere. I suoi maggiori esponenti hanno da tempo perso il rapporto con con la realtà, e i meccanismi di selezione del nostro gruppo dirigente, che premiano corruzione ed inefficienza, contribuiscono a generare una frattura sempre più profonda tra chi denuncia e tenta di rappresentare al gotha l’urlo di sofferenza della base e chi invece, chiuso nei propri riti bizantini, si illude che la coltivazione del potere riassuma la propria funzione rappresentativa.

Quali prospettive di cambiamento?

Nel breve periodo poche, pochissime. Prossimo Congresso Nazionale previsto tra tre anni. Sarà una lunga traversata del deserto, faticosa ed irta di difficoltà.

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