NON ESISTE LIBERTA’ SENZA QUALITA’

4 Gennaio, 2017 | Autore : |

L’opera di incessante riflessione che il sito internet di Nuova Avvocatura Democratica propone ai propri iscritti e simpatizzanti mira ad una comprensione, il più possibile ampia, dei concetti di inclusione politica, coscienza di classe e rifiuto dell’autoritarismo, che mancano agli avvocati italiani. E’ proprio l’assenza di questa cultura infatti che consente al regime dell’istituzionalizzazione forense di prosperare. Nonostante la lettura di tematiche fondamentali per la costruzione della classe forense sia un’attività che si concedono solo in pochi, noi “Naddini” (eh si, perché anche tra di noi ci prendiamo in giro e ci appioppiamo nomignoli), continuiamo.

 

I colleghi che avranno avuto la pazienza di seguire l’evoluzione dei temi trattati dalla nostra associazione potranno riscontare un dettaglio, non irrilevante: quando affrontiamo direttivi o discussioni che toccano la natura della nostra azione politica, trasportiamo sul sito internet le riflessioni, le dottrine, le linee operative maturate e suggerite dai membri del direttivo associativo. Riteniamo fondamentale costruire un’associazione che non si limiti alla comunicazione “istituzionale”. Essa è ormai divenuta una forma di interlocuzione “istituzionalizzata”, asimmetrica, tra potere e poteri, da un lato, e volgo, dall’altro. Il fine della comunicazione istituzionalizzata, che si esprime, ma di fatto non comunica, ci è estraneo. La tenuta di una sorta di diario delle nostre attività, con cadenza praticamente quotidiana, lungi dal voler imporre ai nostri lettori uno sforzo che mal si concilia con l’analfabetismo funzionale imperante all’interno della categoria forense, deve servire da guida per coloro che vogliano avvicinarsi ad un percorso di riqualificazione professionale.

 

Noi di NAD riteniamo infatti che l’avvocato non possa e non debba limitarsi al “mestiere”. Nella figura dell’avvocato è insita una capacità di introspezione ed analisi, volta alle strutture sociali in cui è inserito, che a nostro avviso sono elementi imprescindibili per la formazione del giurista: senza qualità non esiste libertà.

Questa ricerca della qualità, che porti l’avvocato che si avvicina a NAD a interrogarsi sulla propria conoscenza dei fenomeni politici che guidano le scelte operate per conto dei professionisti appartenenti all’Ordine Forense, non può più essere affidata alla benevolenza dell’impegno di alcuni. E’ tempo che la conoscenza dell’Ordine Forense, di ciò che accade al proprio interno, di come la struttura legalizzata del potere istituzionalizzato sia divenuto regime autoritario e padronale, vengano inculcati nel sottoproletariato intellettuale forense italiano, affinché gli avvocati delle caverne abbandonino la propria bestiale condizione di inferiorità rispetto all’istituzione, e possano cominciare a trovare gli strumenti da affiancare ad un ipotetico coraggio, per condurre la battaglia di liberazione dal regime.

 

E’ un concetto semplice, di cui certamente NAD non vanta il brevetto e si lega alle analisi più in voga all’interno della sociologia contemporanea, che si interroga ormai apertamente sullo stato delle democrazie mondiali. Il principio da cui parte la riflessione è che l’insieme delle leggi, elemento statico dell’edificio giuridico e sociale, non basta a fare la giustizia, esattamente come la presenza di procedure apparentemente democratiche non basta a creare la democrazia. Persino gli avvocati delle caverne, gli esponenti della “categoria – non – classe” che in Italia qualcuno si ostina a definire “avvocatura”, possono ritrovare, in contiguità con la propria esperienza civile, esempi di questa evidenza. Il voto ad esempio, non è elemento che garantisce la scelta, ed il suo rispetto non è garantito dall’espressione dello stesso.

 

Perché scelgo di concentrare l’attenzione di questa riflessione, che tocca il rapporto tra qualità e libertà, proprio sul voto? Perché non concentrarmi su altri aspetti di quelle asimmetrie che definisco ed analizzo da mesi, a beneficio dei colleghi? Semplice, perché il voto rappresenta una delle grandi figure mitologiche del regime dell’istituzionalizzazione forense. I padrini che comandano la Cosa Nostra dell’avvocatura italiana utilizzano spesso questo rifugium peccatorum per legittimare le proprie scorribande. Eppure il voto, se espresso in modo inconsapevole, o peggio ancora, interessato e corrotto, non solo non è elemento qualificante dell’agire democratico e libertario, ma ne diviene il peggior simbolo del detrimento.

 

E’ quanto accade nel regime dell’istituzionalizzazione forense, è la crisi della democrazia formale. La cooptazione, il clientelismo, lo scambio e la ricerca di una posizione, nella pletorica foresta di cariche, incarichi, commissari, commissioni, consigli, direttivi, associazioni, missioni all’estero, missioni varie e miste, audizioni, delegazioni, organismi, organi, organetti, membri, paperi e chi più ne ha più ne metta, consentono al regime di tenere legati alle proprie sorti un certo numero di avvocati-paperi. Con i teoremi dell’istituzionalizzazione forense ho spiegato le inferenze, anche quantitative, che legano questi fenomeni tra base e vertice della clientela.

 

PRIMO E SECONDO TEOREMA DELL’ISTITUZIONALIZZAZIONE FORENSE

 

Ebbene, il regime che ne viene fuori interpreta appieno la crisi oggettiva della qualità. Non è un caso se uno dei concetti cardine della letteratura del 900, ovvero quella di “uomo senza qualità”, si attagli perfettamente agli istituzionalizzati italiensi. Proprio come archetipi del sapiens, i paperi e i loro pupari, camminano lungo le rive dello stagno, in cerca di bocconi di pane, ma senza aver chiaro il senso profondo, il fine ultimo, dell’esercizio della rappresentanza politica.

 

NAD combatte questa visione della propria dimensione politica. Per noi la consapevolezza di se stessi è elemento fondante dell’essere avvocati, il che comporta che, in primo luogo, l’avvocato sappia esattamente cosa avviene all’interno delle sovrastrutture che lo governano, possa rapportarsi ad esse con cognizione ed indipendenza, sia in grado di sfidarle ed abbatterle, qualora, come nel caso di specie, esse stravolgano gli scopi per cui sono state create, trasformandosi, da strumenti per il benessere collettivo, in arnesi utili solo all’avidità ed alle utilità dei propri padroni.

 

(Nell’immagine in evidenza, Robert Musil).

 

 

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