DDL CONCORRENZA? NON E’ UNA PROFESSIONE PER POVERI

4 Agosto, 2017 | Autore : |

TROVO DIFFICILE SCRIVERE DI DDL CONCORRENZA, LA NUOVA SPLENDIDA LEGGE AGOSTANA APPROVATA, CHE AIUTERA’ LA DECIMAZIONE DELL’AVVOCATURA DI MASSA.

 

La difficoltà consiste nel dispiacere, legato alla miopia di chi fa analisi completamente fuori dalla realtà, pur avendo responsabilità ed onori, ai quali dovrebbero corrispondere oneri, nell’ambito della guida dell’avvocatura italiana.

Il DDL concorrenza, per quanto riguarda le norme che vertono sulla professione forense, si muove in una logica ormai consolidata, di cui le istituzioni forensi sono complici: l’avvocatura di massa va sterminata. Per ottenere questo scopo, si deve sottrarre valore agli studi legali monopersonali, in modo da affamarli e costringerli a sparire, lasciando campo aperto a grosse strutture multifunzionali, altamente capitalizzate e concentrate, che daranno da vivere ad un terzo degli avvocati attualmente iscritti all’albo.

 

 

Sono anni che spiego questo processo agli avvocati, ma molti ancora non capiscono, o fingono di non capire. Il problema dell’avvocatura italiana è lo sterminio dell’avvocatura di massa, pensato ed attuato ormai da almeno dieci anni, dall’alleanza tra istituzioni forensi e politica. Le istituzioni forensi vogliono questo sterminio, perché vivono ormai come un enorme fastidio la concorrenza e la presenza sul mercato delle prestazioni legali di quelle masse di sopravviventi, poco qualificati e privi di blasone, che la massificazione della professione ha portato a fregiarsi del titolo ex-nobiliare. Ovviamente il fastidio non è legato affatto ad una primazia, intellettuale, professionale o morale dei soggetti istituzionalizzati, ma alla mera volontà di creare un solco, un fossato, non valicabile, attorno al protezionismo invocato per alcuni. Gli istituzionalizzati, spesso privi di capacità, come o più dei proletarizzati massificati, vogliono un’avvocatura per pochi e vogliono che quei pochi siano selezionati in base al censo e all’appartenenza alla cerchia delle istituzioni forensi. 

 

La politica si frega le mani per questa unità di intenti con le istituzioni forensi, e continua a menare fendenti contro gli avvocati di base, operando in modo sadico, cinico e spietato, perché quella massa di sopravviventi scompaia, annichilita dal progressivo inaridirsi dei pozzi ai quali si è abbeverata in questi anni. Intendiamoci, molti di quei pozzi sono avvelenati, contengono compromessi con grandi e piccole illegalità, devono attingere alle fonti dell’evasione fiscale di necessità e non possono permettersi di sostenere una contribuzione previdenziale degna di tal nome, ma il gioco sporco del ticket politica-istituzionalizzati consiste nel non dare alternative ai sopravviventi, nel non guidare il fenomeno della bulimia della professione forense verso un futuro riequilibrato e sostenibile, bensì nel distruggere la massa proletaria, stremandola lentamente ed inesorabilmente.

 

Questo è il disegno. Sia chiaro a tutti, perché chi non capisce lo sfondo farà inevitabilmente fatica a leggere nel modo giusto il dettaglio. Lo sfondo è dato da un processo statale ormai morto ed inutile, da anni, a cui fanno da contraltare procedure di ADR che non sono affatto “A”, ovvero “alternative”, ma devono imporsi come l’unica dimensione della fenomenologia di contrapposizione in ambito giuridico. Lungi dal creare un diritto collaborativo virtuoso, che cammini al fianco del processo di puro diritto, con strutture ed istituti che consentano ad entrambe le gambe di muovere passi celeri ed efficaci, la politica e lo Stato hanno rinunciato al processo e alla giustizia di diritto, alzando bandiera bianca, affidando le sorti dei diritti e degli interessi dei cittadini alla legge della giungla. Si è costruito così, senza che gli avvocati facessero nulla per evitarlo, quel sistema giudiziario “a misura di malfattore”, che ho più volte illustrato: un sistema fatto su misura per i debitori insolventi, specialmente quelli che rubano grosse somme; un sistema che premia i colpevoli, se sono colletti bianchi e assistiti da mega avvocati strapagati; un sistema che mette in galera solo i poveri diavoli, i ladri di polli, lasciando i furbi e i grandi criminali ben liberi di fare tutti i propri comodi, a discapito della cittadinanza e della giustizia.

 

 

 

A CHE SERVE IL PREVENTIVO SCRITTO 

 

 

 

In questo quadro, all’interno di un processo di impoverimento dell’avvocatura di massa che va avanti da tempo, si inseriscono le norme del DDL concorrenza 2017. La loro funzione è di sostenere le fusioni e le trasformazioni degli studi legali, cancellando quelli monopersonali, esponendoli ad un dumping ancora più sfrenato, ottenuto per mezzo del confronto tra preventivi scritti, messi a disposizione dei clienti, nella logica del maggior ribasso. 

 

Non c’è assolutamente nulla in questa logica che voglia premiare la qualità della prestazione. Ciò che si vuole è che gli avvocati di massa continuino a cannibalizzarsi, attraverso la ricerca di clienti che rispondano alla logica del massimo ribasso, non importa se ottenuta praticando prezzi insostenibili per la gran parte dei colleghi. L’esito del confronto tra preventivi scritti, che molto presto sarà disponibile online, gestito da motori di ricerca che, in tempo reale, mostreranno i preventivi base dei grandi studi legali, servirà a togliere ulteriore valore dalle tasche degli avvocati deboli e di base, perché i piccoli studi non reggeranno all’ulteriore inasprimento della concorrenza sleale, mentre i grandi, che trarranno il grosso del proprio sostentamento da fonti inaccessibili ai più, utilizzeranno le attività a basso valore aggiunto come palestra per manovalanza professionale sottopagata, distruggendo ogni possibilità di autonoma gestione “artigianale” dei campi di azione ad alta automazione.

 

Lo scenario, come ho scritto in tutti questi anni, è apocalittico. Decine di migliaia di avvocati, nel giro di qualche anno, verranno letteralmente sterminati, fatti a pezzi da fenomeni di aggregazione a cui non avranno accesso, ed in più beffati da chi li illude che il nuovo mondo possa mantenere inalterati i numeri dell’avvocatura di massa. 

 

 

 

 

LA STRETTA SULLE FALSE TESTIMONIANZE 

 

 

 

Stessa logica hanno le norme che tentano di limitare le false testimonianze, che nell’ambito dell’R.C.A. sono uno dei cavalli di battaglia che ha permesso all’avvocatura di massa e di base di prosperare. Tutti sanno che la gran parte del contenzioso legato all’R.C.A. in Italia è falso, è un luogo comune, una vox populi che fonda su talmente tante evidenze da non poter essere messa in dubbio da alcuno, eppure negli anni non si è mai voluto che questo ammortizzatore sociale per “trastolari” venisse cancellato. In questo senso, le norme che mirano ad additare le testimonianze come “potenzialmente false”, rappresentano la sconfitta del diritto. Lo Stato, incapace di accertare la verità, preso comunque atto che le verità processuali, in materia di R. C. A., sono grossolane menzogne, corre ai ripari, provando a rendere la vita dura ai truffatori seriali, in una sorta di aggiramento dell’ostacolo, che cerca il modo di combattere una battaglia persa in partenza. Ovviamente le logiche sottese a questo modo di legiferare sono quelle che – more solito – faranno pagare ai giusti per i peccatori, rendendo più difficile ai primi l’esercizio dei propri diritti, senza sconfiggere realmente i secondi. Eppure, se solo si volesse, sarebbe semplice individuare i grandi centri del malaffare legalizzato: studi legali che in quartieri popolari trattano, da soli, centinaia di sinistri stradali all’anno. Qualcuno pensa davvero che sotto le tabelle dei “fortunati” legali che muovono un tale business avvenga una sorta di perenne autoscontro?

Siamo seri: sono truffe, trastole, business che coinvolgono intere famiglie, fatte di “lettere” vendute, di testimoni professionali e di avvocati che cercano costanti sinergie con la magistratura onoraria di quartiere, spesso corrotta e connivente con il malaffare.

 

 

 

SOCIETA’ DI CAPITALE 

 

 

La società di capitale rappresenta l’evoluzione dell’avvocatura imprenditoriale. Il problema di un suo inserimento all’interno dell’ordinamento italiano non riguarda la sua configurabilità,  in astratto, quanto gli strumenti operativi concessi all’avvocato, per poter agire come fattore di riequilibrio di asimmetrie sociali. Class action e punitive damages sono istituti ancora al palo in Italia e non certo perché di impossibile realizzazione, ma perché contrastanti con quell’ordinamento a misura di malfattore e di grosso soggetto economico finanziario, che si vuole sia il vero protagonista dei fatti sociali. Il cittadino è merce, e tale deve rimanere. Il grosso capitale comanda e deve fare i propri comodi, spadroneggiando, senza che nessun fastidioso avvocato gli si metta tra i piedi.

In questo scenario la capitalizzazione degli studi legali è inevitabile, così come la prossima quotazione in borsa dei soggetti che erogano prestazioni legali. La trasformazione della professione legale è voluta da forze che non trovano alcun contraltare. Si va verso prestazioni ibride, in cui l’interesse prende il sopravvento sul diritto e in cui saranno pochi i soggetti, altamente strutturati, che potranno permettersi il lusso di combattere, al fianco dei cittadini, battaglie di giustizia e libertà. Qualcuno dice “è l’evoluzione bellezza”, ed è sicuramente parte della verità. Anche la bomba atomica è stata “evoluzione”, ma sfido a pensare che sia stata un’evoluzione piacevole da osservare.

 

 

AVVOCATURA: LA GRANDE ASSENTE 

 

 

I processi che la politica sta mettendo in atto, con la connivenza del regime dell’istituzionalizzazione forense, potrebbero essere diretti ad una maggiore giustizia solo se gli avvocati di base fossero uniti, consapevoli ed avessero una coscienza politica. Tutto ciò non avviene e dunque le battaglie per osteggiare la deriva in atto, sono di fatto ridotte a sterili lamentazioni. Intendiamoci, come ho scritto, molti fenomeni che hanno consentito l’avvocatura di massa sono deteriori e vanno estirpati, ma non si può pensare che il futuro professionale di 80 mila avvocati, con relative famiglie, possa essere affidato alla logica dello sterminio. In questi anni ho più volte indicato strade percorribili per guidare la trasformazione dell’avvocatura, impedire che il cambiamento venga affidato alla decimazione, operata sic et simpliciter, verso i più giovani e i più deboli. I rimedi ci sono, ma a nessuno fa comodo adottarli, perché nessuno vuole un’avvocatura meritocratica. Si preferisce l’avvocatura legata al potere del familismo e dell’istituzionalizzazione. Ecco cosa occorrerebbe fare per evitare scenari  socialmente drammatici:

 

  1. moratoria ai nuovi accessi, revisione del concetto di concorrenza, che non coincide con il “massimo ribasso”. Quello è dumping;
  2. apertura di nuovi campi di azione per l’avvocatura, in tema di asseverazione e funzioni giurisdizionali;
  3. sostegno fiscale e previdenziale per i percettori di redditi più bassi, con creazione di una no tax area che legiferi e legittimi il fenomeno dell’evasione di necessità e con la revisione del sistema previdenziale forense, in senso contributivo corretto e con integrazione della pensione al minimo per i percettori di redditi bassi.

 

Basterebbe questo a dare un segnale di attenzione verso chi oggi è avviato alla morte professionale, ma non accadrà. Questo segnale non arriverà. L’avvocatura non è una professione per poveri e non lo sarà mai più, nel prossimo futuro.

 

Penitenziagite. Downshifting is the way.

 

 

 

Lo studio del presente articolo darà diritto a 5 crediti formativi in materia obbligatoria. 

 

 

Avv. Salvatore Lucignano

 

 

 

 

 

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