CHI ERA GIUSTINO BLANDI

2 Gennaio, 2017 | Autore : |

Il ricordo di ciò che è stato, soprattutto quando si tratta di un impegno libero, è parte di un’opera di accrescimento culturale, solo strumento per combattere battaglie ideali. Il ricordo di un collega scomparso, nelle considerazioni di chi lo indica quale esempio di coraggio e libertà, fa parte del bagaglio di pensiero che a ciascun avvocato spetta rinverdire. Nei prossimi mesi mi occuperò di reperire, studiare e commentare, gli interventi del collega che riuscirò a recuperare in archivio. Ciascuno potrà svolgere le sue riflessioni in merito. Oggi riporto una nota della collega Annamaria Introini su Giustino Blandi, che ne ricorda la figura, recuperando il valore funzionale della riflessione su ciò che è stato, come strumento indispensabile per costruire ciò che potrebbe essere.

 

Naturalmente il ricordo e la riflessione che riguardano il collega non sono da prendere come l’enunciazione di una scelta di parte. Ciascuno è libero di avere i suoi ricordi, ma ciascuno ha il dovere di costruirseli, i ricordi, perché non c’è nulla di più debole di un’avvocatura che non abbia consapevolezza di se stessa. Non è un caso che la maledizione degli uomini sia che essi dimenticano.

 

 

Di Annamaria Introini, 3 gennaio 2016 

 

Ieri ricorreva l’anniversario della scomparsa di Giustino, l’Avv. Giustino Blandi. Era la notte tra il primo ed il 2 gennaio 2002, un’epoca fa. Aveva 42 anni ed una storia di politica e di politica forense che ne aveva fatto un personaggio, tra i più rappresentativi, a Palermo e non solo. Oggi si sarebbe detto aveva solo 42 anni, sottolineando il fatto che “..fosse ancora un ragazzo” ma era una modo di definire gli ultratrentenni che Giustino trovava ridicolo, concettualmente prima ancora che lessicalmente. E’ stato il mio Maestro politico ed il mio migliore amico, col quale ho condiviso battaglie a volte “pericolose”, speranze e fatiche. Ma è stato soprattutto il motore trainante e determinante di una “primavera” della giovane avvocatura che a partire dal ‘95, si candidava a diventare il punto di riferimento degli avvocati di Palermo. Era un uomo di destra, di destra sociale non mancava mai di precisare. Sognava una destra pulita, colta ma non affettata, attenta ai bisogni della gente e lontana dalle ipocrisie e dalle porcherie. Un uomo di destra che riusciva a parlare con tutti e che si è guadagnato il rispetto di amici ed avversari di sinistra. La sua riconoscibilità, la sua visibilità si direbbe oggi, il suo carisma e la sua capacità di incidere e orientare le assemblee ne hanno fatto, a soli 35 anni, un avvocato (ed un politico) profondamente amato e profondamente inviso. La schiettezza e la durezza dei suoi attacchi verso l’ipocrisia e l’ignavia del Palazzo, pari alla sua umanità ed onestà intellettuale, ne hanno fatto una persona temuta ma al tempo stesso vulnerabile, nel decennio tra gli anni ‘90 ed il 2000, in cui si sono misurati soggetti e concezioni molto diverse nella competizione che avrebbe impresso una svolta nell’avvocatura e nella politica. Anche in ambito nazionale ha saputo lasciare il segno del suo passaggio, anche all’OUA per la cui evoluzione in senso autenticamente politico, si è speso ben al di là di quanto abbia ottenuto. La sua, infatti, è una storia di cariche ed incarichi, negati ed osteggiati. L’accusa più banale, quella di non essere troppo malleabile e di non sapere accettare i doverosi compromessi. Quella più brutta, perché trasmessa sottovoce e tra i corridoi, quella di essere troppo aggressivo, o troppo fascista, o troppo violento (quest’ultima accusa persino ridicola per un giovane che non sapeva fare del male a nessuno). Eppure nessuna offesa o tradimento – dei tanti vigliaccamente subiti – ne ha mai condizionato l’azione o le convinzioni: era solito dire, quando subiva una sconfitta, che quando si perde vuol dire che si è sbagliato qualcosa o che non si è stati abbastanza convincenti. Il giorno della sua morte il tributo ricevuto, da centinaia di amici, colleghi, politici ed avversari e da numerosi organi di informazione, hanno dato il segno concreto di una presenza che superava ogni riconoscimento ufficiale. A volte mi chiedo cosa penserebbe oggi di ciò che è diventata l’avvocatura e la politica. Nulla di buono credo. La sua idea di avvocato e di uomo era quello di un soggetto libero e autenticamente indipendente, leale e coraggioso. La sua idea di rappresentanza forense era quella di un insieme di autentici rappresentanti di una classe forense consapevole, di primi inter pares, liberamente eletti, barriera autorevole contro i potenti di turno, liberi da interessi e conflitti. Non so cosa avrebbe fatto (o non fatto) per contrastare il desolante panorama di un’avvocatura che, in sede locale come in altri ambiti, ha sacrificato l’impegno politico e sociale in nome di un percorso carrieristico e personale, contro il quale ha sempre combattuto a viso aperto.
Alcuni dei suoi discorsi sono conservati nell’archivio di Radio Radicale. A chi oggi non ha ben chiaro cosa voglia dire fare politica forense, a chi voglia farsi un’idea di cosa voglia dire parlare chiaramente, senza piaggeria, senza porsi il problema di quale reazione potrebbe giungere dal magistrato o dal potente di turno, consiglio di ascoltarne qualcuno. Io non sono stata capace di scegliere.
Non sono riuscita, ieri, ad unirmi al coro delle commemorazioni perché tra i tanti che gli hanno voluto veramente bene ho visto troppi accorati ricordi di chi non si è mai neppure sforzato di capirne il valore o di chi ne ha ostacolato in ogni modo l’ottenimento di maggiori risultati o di chi, semplicemente, ha tradito le promesse ed i sogni di un’avvocatura migliore nel nome di una crescita personale.
Questo ricordo, forse disordinato, forse incompleto, lo dedico a chi lo ha avuto come amico ma soprattutto a Tania che coraggiosamente e senza cedimenti ha affrontato la fatica, il dolore e la solitudine tenendo in piedi uno Studio che era prima di tutto una pesante eredità e soprattutto consentendo ad Alfredo di essere quello che è. E naturalmente ad Alfredo Emanuele Blandi, di cui Giustino era innamorato ed orgoglioso oltre ogni limite e che oggi riuscirebbe a stupire persino lui.

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