AVVOCATI: LA RAPPRESENTANZA POLITICA PER LEGGE ESISTE GIA’.

28 Agosto, 2017 | Autore : |

Il problema che hanno i somari è che non imparano mai. La caratteristica degli asini infatti non è l’ignoranza, ma l’incapacità di superarla. Tutti nasciamo ignoranti e lo restiamo, per notevolissimi tratti della vita, in una marea di campi. Le cose che conosciamo sono infinitesimali rispetto a quelle che si conoscono. Ciò che differenzia l’ignorante onesto dal somaro è che il primo impara e colma alcune lacune, mentre il secondo non lo fa.

La storia che l’avvocatura mancherebbe di una rappresentanza politica predeterminata per legge è proprio la favola che solo i somari raccontano, perché in realtà la rappresentanza politica dell’avvocatura esiste ed il Consiglio Nazionale Forense la esercita con pieni poteri, pur essendo un oscuro organismo di nominati, privo di qualsiasi legittimazione e legittimità democratica. La ciliegina sulla torta è costituita dall’indicazione del Presidente di questo organismo, scelto dai nominati con una campagna di compravendita di voti degna dei peggiori bar di Caracas, in modo del tutto avulso dall’avvocatura. Una nomina di terzo livello, consumata al chiuso dei complotti tra la trentina di insignificanti figuri che compongono questa Cupola di nominati.

Il presidente del CNF, esattamente come avviene per quello della Cassa Forense, esercita di fatto un enorme potere, è il vero padrino dell’avvocatura italiana, può fare qualsiasi cosa: farsi uno stipendio a piacere e mutarne l’ammontare secondo i propri desideri; destinare milioni di euro ad un giornale finanziato con i soldi degli avvocati, al solo scopo di fare da propaganda ad alcuni politicanti forensi ed ai clientes del presidente del CNF; disporre di tutto il denaro dell’avvocatura a proprio piacimento; comandare il Congresso nazionale, trasformandolo in una mera passerella delegati cooptati ed allineati. Questo e molto altro indica cosa sono i presidenti delle istituzioni forensi ricche. Il denaro compra consensi, la corruzione politica esercitata dai padrini delle istituzioni, che di fatto agiscono come presidenti plenipotenziari, si realizza mediante l’obbligo di piacere ai componenti delle assemblee ristrette che li scelgono. A loro bisogna dare denaro e potere, mentre il parere degli avvocati conta poco, perché assicurarsi il favore dei propri grandi elettori basta ai padrini per garantirsi mano libera e piena libertà di azione.

 

 

La rappresentanza istituzionale del resto, come ho già ampiamente e minuziosamente spiegato in passato, non esiste. La rappresentanza istituzionale è rappresentanza dell’organo, punto e basta. Il Consiglio Nazionale Forense ha la totale ed incondizionata rappresentanza politica dell’avvocatura: decide sulle norme che la regolano; è l’interlocutore privilegiato del Ministero della Giustizia per ogni questione che riguardi il comparto; emana i regolamenti che riguardano la vita degli avvocati; compie ogni tipo di scelta senza che nessun organo ne limiti in alcun modo lo strapotere. Il Consiglio Nazionale Forense fa letteralmente quello che vuole, viola tutte le norme della legge professionale che ritiene, ignora lo statuto dell’Organismo Congressuale ed il Congresso stesso, non riconosce alcuna espressione contraria o critica, ma al massimo ordina ai suoi sgherri, annidati nei Consigli circondariali, di sopprimere gli individui o gli organismi che solo osino esprimere contrarietà sugli aspetti di questa scellerata politica.

 

E’ la Cosa Nostra dell’avvocatura. Comandano loro e comandano con i metodi dei boss mafiosi: intimidazioni, soprusi, violenze, totale assenza di rispetto per le regole, per il pluralismo, per tutto ciò che all’interno dell’avvocatura italiana non sia sottomesso al padrone.

Con la presidenza di Andrea Mascherin l’avvocatura italiana ha toccato il fondo del barile. L’uomo è uno sprovveduto, dal bagaglio culturale, espressivo e lessicale, povero come nessun altro, ma ha una fame atavica, di denaro e di potere, che esprime attraverso il dominio incontrastato della categoria, utilizzata al solo scopo di servire le sue ambizioni ed i suoi smodati appetiti. Il resto del Consiglio Nazionale è composto da personaggi talmente inetti, talmente incapaci e privi di personalità, da non costituire in nessuna occasione un contraltare degno di considerazione. Esattamente come avviene in Cassa Forense, comanda “LVI”, il padrone, il Duce, e gli altri sono così vili ed inutili da osservare, asserviti e silenti, senza mai far pervenire un battito di ciglia che osi contraddire la voce del padrone.

 

Intendiamoci: non c’è da scandalizzarsi troppo. La storia politica dell’avvocatura italiana, fin dall’avvento della Costituzione Repubblicana, è una vicenda di abusi, di colpi di mano, di sciatteria ed ignoranza, di reiterati fallimenti. Chiunque si dia pena di studiare la ricostruzione di ciò che è stata l’avvocatura, sul versante politico istituzionale, a partire dal 1947, noterà un percorso di inesorabile decadenza, di mille divisioni tra piccoli feudi, di boss locali, associati, ordinistici, incapaci di mettere due parole in croce, ma abili nel perpetuare il proprio potere sulla categoria, indifferenti all’irrilevanza dell’avvocatura nella società.

 

La cartina di tornasole di questo scempio, è l’assenza di qualsiasi avvocato d’elite da queste istituzioni. Tra i 50 o 100 studi legali più affermati nel paese, non esiste un solo avvocato che nemmeno lontanamente prenderebbe in considerazione l’idea di partecipare alla vita politica della categoria. Si tratta di istituzioni totalmente prive di prestigio, affidate ad affamati ed oscuri falliti, che riversano nella carriera politico forense le frustrazioni e le incapacità che li caratterizzano, diventando unicamente strumenti di perpetuazione dei meccanismi corruttivi dell’istituzionalizzazione e della selezione inversa.

 

 

La rappresentanza politica dell’avvocatura dunque esiste, perché è il padrone della categoria che spinge sulle leggi da approvare, che parla con il Ministro e con il governo, e fanno tenerezza quei somarelli, che dal basso delle proprie conventicole, si affannano a negare che l’interlocuzione che la politica riconosce al CNF non sia di tipo “politico”, ma “istituzionale”. La rappresentanza politica dell’avvocatura esiste ed è di tipo autoritario, di stampo totalitario, rivolta a portare avanti le ragioni di una piccola pletora di istituzionalizzati, attraverso l’occupazione illegale e famelica di ogni spazio di agibilità democratica. Il Congresso Nazionale Forense è dunque messo in mano ai Presidenti dei COA, che agiscono come sgherri della Cupola; la Cassa Forense limita l’elettorato attivo e passivo dei delegati ai vecchi, in modo da assicurarsi una politica conservativa e vessatoria verso i giovani; le istituzioni non allineate vengono distrutte (vedi OUA), o affamate (vedi OCF), in modo da impedire qualsiasi tipo di politica in conflitto con quella dettata dalla Cosa Nostra ufficiale.

 

 

Chi parla con Mascherin parla con l’avvocatura, egli si presenta come il rappresentante dell’avvocatura, le sue scelte vengono illustrate come quelle degli avvocati. Un insignificante avvocato, sprovvisto di qualsiasi merito, carisma o dote, se non quella di essere stato ai piedi di Guido Alpa per anni ed anni, è così a capo di un’istituzione che maneggia milioni di euro, estorti a centinaia di migliaia di professionisti forzosamente, con il supporto di uno Stato canaglia e di leggi immonde; con l’utilizzo illegale della deontologia, come strumento privilegiato di ricatto verso chi combatte questa mafia.

 

Si può seriamente credere che un siffatto sistema possa godere di rispetto presso giuristi degni di tal nome? Si può davvero credere che le pantomime congressuali degli avvocati, con centinaia di turisti forensi, totalmente inconsapevoli, accorsi con il vestito della festa a schiacciare i bottoni a comando, possano esprimere pensiero e linee degne di considerazione? Non scherziamo. Alla politica fa comodo interfacciarsi con padrini ricattabili e dediti al consolidamento delle proprie fortune. L’opera di normalizzazione dell’avvocatura di massa, che vede procedere a braccetto i politici italiani e le istituzioni forensi, necessita di un interlocutore debole, malleabile, non legittimato sul piano democratico.

 

Mascherin è tenuto in vita perché è proprio la sua totale assenza di connessione con gli avvocati di base a renderlo utilizzabile dalla politica, come proprio braccio armato, nei confronti dell’avvocatura di massa. Egli non è in grado di condurre battaglie in difesa degli avvocati perché non è espressione degli avvocati, ma di una cerchia di avvocati istituzionalizzati. E’ un puparo che manovra qualche “paparo”, a proprio piacimento, ma che a sua volta, non essendo legittimato politicamente tra gli avvocati, fa il pupo dei politici che lo muovono contro di noi.

 

In definitiva, Mascherin è sia un puparo che un pupo.

 

Un credito formativo in ornitologia 

 

Avv. Salvatore Lucignano

 

 

 

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