LETTERA AL SENATORE CIRO FALANGA

20 Dicembre, 2016 | Autore : |

La presente lettera è stata inviata a mezzo mail in data 20 dicembre 2016 

 

Egr. Senatore Falanga

le scrivo la presente nella qualità di segretario nazionale dell’associazione Nuova Avvocatura Democratica, per sottoporre alla sua attenzione una mia valutazione su alcuni elementi del DDL n. 2473, attualmente all’esame del Senato della Repubblica, che la vede come relatore.

Il disegno di legge in oggetto contiene infatti alcuni aspetti, tra gli altri, che ancora non risolvono il grave gap di democraticità e legalità che separa l’avvocatura italiana, ed in particolare il suo sistema istituzionale, da quegli standard che sarebbero considerati il minimo livello accettabile, in un paese dalla storia giuridica importante, quale è l’Italia.

Mi permetto dunque di segnalarle le questioni più gravi, che a mio parere il disegno in oggetto non affronta, o perlomeno non risolve in modo soddisfacente, augurandomi un prosieguo di questo confronto, che spero si possa tenere, nelle forme e modi compatibili con la sua attività parlamentare, e rispetto al quale mi rimetto alla sua disponibilità.

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Vengo dunque ai problemi in campo, in particolare alla presentazione di candidature individuali, prevista dall’art. 8 del disegno. Questa previsione appare volta alla realizzazione di  un divieto espresso di presentazione di liste contrapposte, in sede di voto. Tale norma però appare in contrasto con quanto previsto dal precedente art. 7, laddove si prevede la possibilità che sia svolta propaganda anche attraverso l’aggregazione di più candidati, eventualmente distinguendo l’aggregazione con un simbolo o un motto.

Ebbene, non si comprende come sia possibile la presentazione di mere candidature individuali, se poi tali candidature possano essere propagandate all’interno di aggregazioni di candidati, senza far ritenere che tali aggregazioni, presumibilmente volte all’espressione di preferenze per tutti o molto degli appartenenti alla compagine, non possano essere assimilate a liste di candidati, accomunate da sostegno reciproco tra gli avvocati facenti riferimento all’aggregazione.

Ciò peraltro non rileva al solo fine di rendere omogenea la disciplina della propaganda elettorale con quella della presentazione delle candidature, ma si lega ad un aspetto assai più importante, ovvero la possibilità per gli elettori di esprimere preferenze multiple, anche per candidati aggregati, seppure non identificati espressamente come “liste”, senza che tale espressione di voto tenga conto proprio del quoziente di lista, necessario a bilanciare gli effetti distorsivi, in senso fortemente maggioritario, derivanti dall’assenza di tale quoziente.

Invero, Egregio Senatore, in allegato alla presente mi sono permesso di sottoporre alla sua attenzione una mia immodesta relazione sui sistemi elettorali e sul “casus”, invero più unico che raro, che costituisce l’espressione di preferenze multiple, priva di quoziente di lista, come sistema attualmente in auge all’interno dell’avvocatura italiana. Spero che le osservazioni contenute nella relazione, qualora lei volesse avere la pazienza di tenerne conto, le mostreranno quanto sia antidemocratico, improponibile ed inaccettabile, un sistema elettorale che preveda tali caratteristiche, consentendole di esplicare la sua attività di relatore, per quanto attiene al disegno in oggetto, per rimediare a questa vistosa inadeguatezza del testo di legge all’esame del Parlamento.

La sua esperienza politica del resto, non potrà non confermarle quanto le segnalo. Lei saprà infatti, e certamente meglio di me, come laddove, nel panorama politico, a livello locale, nazionale o sovranazionale, si misurino aggregazioni rispetto alle quali sia possibile esprimere una preferenza plurima, per evitare che la somma delle preferenze consenta all’aggregazione indicata di sopravanzare quelle contrapposte, facendo valere l’effetto maggioritario anche di un singolo voto di margine, si bilancia tale effetto con la previsione che i seggi da assegnare alle diverse aggregazioni derivino dal “numero di lista”, ovvero dalla percentuale raccolta dall’aggregazione, assegnando poi i singoli seggi ai candidati dell’aggregazione, fino a concorrenza con quelli spettanti alla stessa.

Tale meccanismo è di fondamentale importanza perché i sistemi elettorali vigenti all’interno dell’avvocatura italiana diventino finalmente presentabili senza disdoro per la nostra classe forense, danneggiata in questo dal colpevole silenzio delle rappresentanze, istituzionali ed associative sul punto. Un silenzio che testimonia purtroppo l’inadeguatezza della categoria alla quale appartengo, nel rivendicare per l’avvocatura italiana norme elettorali adeguate ai bisogni ed alle aspirazioni al pluralismo dei suoi appartenenti.

Mi soffermo lungamente su questo aspetto, e di questo la prego di perdonarmi, perché si tratta del punto nevralgico della normativa a cui lei sta lavorando. Senza quoziente di lista infatti, le aggregazioni “de facto” di avvocati che intendano prevalere sui propri contendenti, esprimeranno preferenze legate da vincoli di solidarietà politica ed elettorale, vanificando la disposizione normativa che imporrebbe, a questo punto del tutto invano, solo candidature individuali.

Diversamente, laddove le aggregazioni omogenee, miranti ad ottenere la maggioranza dei seggi consiliari da assegnare, potessero raccogliere tali seggi in proporzione ai voti percentuali raccolti dalla propria aggregazione, anche aggregazioni radicali, decise a mantenere la propria identità, potrebbero concorrere all’assegnazione dei seggi, senza per forza dover convergere all’interno di compagini in cui i dominus possano essere i soggetti dominanti della vita politica dei singoli Fori.

In pratica, solo coniugando la preferenza multipla con il quoziente di lista, si otterrebbe una vera tutela del pluralismo all’interno della classe forense, non impedendo alle compagini minori di vedersi rappresentate nei Consigli dell’Ordine e garantendo la loro possibile autonomia di pensiero.

Chiudo le mie considerazioni sul tema facendole notare che la “governabilità” del Consiglio, ovvero la possibilità che la maggioranza dei consiglieri eletti risponda comunque ad orientamenti omogenei, si potrebbe facilmente ottenere, pur in presenza di un maggiore pluralismo dato dal quoziente di lista, consentendo all’aggregazione di maggioranza relativa, valutata secondo il numero di voti di lista conseguiti, di ottenere i 2/3 dei seggi da rinnovare.

In definitiva il sistema che le sto suggerendo si atteggerebbe come un sistema elettorale proporzionale, con premio di maggioranza tale da assegnare alla lista prevalente alle elezioni il 66% dei seggi. Un sistema fortemente maggioritario dunque, ma non totalitario, visto che il restante 33% dei seggi potrebbe comunque andare ad espressioni politiche che vogliano restare autonome ed arricchire l’avvocatura italiana di un dibattito plurale, troppo spesso ancora oggi osteggiato, in modo assai discutibile, da quelle istituzioni forensi che invece dovrebbero favorirlo e garantirlo.

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Vi è un secondo aspetto del disegno di legge in oggetto su cui mi permetto di esprimerle forti perplessità ed è quello che riguarda la norma transitoria prevista dall’art. 17 n. 5 del disegno. Detta norma prevede infatti che non possano essere eletti quegli avvocati che, anteriormente all’approvazione della legge, abbiano già ricoperto l’incarico di consigliere dell’ordine per almeno dieci anni. Si tratta di un limite che appare francamente incomprensibile e frena, in modo assai dannoso per l’avvocatura, il processo di rinnovamento delle proprie cariche istituzionali, che sarebbe invece assolutamente necessario ed urgente.

Come lei sicuramente saprà, l’attuale normativa fissava il limite all’immediata reiterazione di candidature al Consiglio dell’Ordine nel numero di due mandati svolti (cfr. art. 28 n. 5 L. n. 247/2012). Detto limite renderebbe non immediatamente ricandidabili gli avvocati che abbiano già svolto l’incarico di consigliere dell’ordine anche per periodi di quattro anni, corrispondenti a due mandati, calcolati secondo la durata prevista dalla normativa che ha preceduto l’entrata in vigore della nuova legge professionale, la famigerata L. n. 247/2012.

Ebbene, se un tale, stringente limite, può apparire forse preclusivo verso esperienze non ancora divenute sclerotiche, è anche vero che includere in tale previsione un periodo di “esperienza” pari a dieci anni di carica, consentirebbe anche ad avvocati assai “radicati” all’interno dei loro circondari di perpetuare la propria influenza sui colleghi, impedendo quel rinnovamento costante nei ruoli di servizio così fondamentale perché essi non diventino ruoli di potere.

Il limite in oggetto pertanto andrebbe necessariamente ridotto e se proprio lo si voglia rendere coerente con le disposizioni normative attualmente in vigore, si potrebbe prevedere che esso sia fissato in otto anni, piuttosto che dieci, corrispondenti alla durata attuale di due mandati, stante la durata quadriennale del singolo mandato consiliare.

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Egregio Senatore, l’avvocatura italiana vive una profondissima crisi, non solo economica, ma soprattutto identitaria e morale. Le nostre istituzioni forensi non sono adeguate ai bisogni dei miei colleghi. Il pluralismo, la tutela del genere femminile, la possibilità per i giovani di affermarsi e determinare le proprie sorti sono troppo spesso calpestate da figure anziane, legate a sistemi di potere poco limpidi e poco onorevoli, oltre che dannosi per l’avvocatura e dunque, di riflesso, per la giustizia e la cittadinanza tutta.

Avere sistemi elettorali dignitosi ed adeguati agli standard di pluralismo che una moderna avvocatura dovrebbe garantire, costituisce esigenza primaria perché la professione forense italiana possa voltare pagina, diventando così finalmente capace di favorire un processo di miglioramento delle condizioni del nostro sistema giudiziario.

Il suo lavoro come relatore del DDL n. 2473 riveste pertanto una enorme importanza per il futuro politico dell’avvocatura italiana. Mi auguro che lei possa tener conto delle osservazioni che le ho sottoposto, per il bene della mia professione, che tanto amo e a cui devo tutto, e per quello del paese.

Certo di un suo riscontro, la saluto cordialmente.

Si allega:

  1. LA SCELTA DEL SISTEMA ELETTORALE: ELEMENTO ESSENZIALE PER UN’AVVOCATURA DEMOCRATICA.

 

Napoli, 20 dicembre 2016

Avv. Salvatore Lucignano

 

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