LA TRASPARENZA, DISCIPLINA E LETTURA CRITICA

19 Maggio, 2017 | Autore : |

LA TRASPARENZA, DISCIPLINA E LETTURA CRITICA

 

Relazione illustrata dall’Avv. Celeste Vichi, componente del direttivo nazionale di Nuova Avvocatura Democratica, in occasione del convegno tenuto in Livorno, in data 18 maggio 2017, dal titolo: “La trasparenza nelle istituzioni: una questione italiana”. 

 

 

 

Con il D.Lgs. 14/3/2013 n. 33 sul “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte della pubbliche amministrazioni” si comincia a realizzare finalmente, dopo più di  un secolo, il sogno di Filippo Turati: la pubblica amministrazione diventa una “casa di vetro”.

Il D.Lgs. n. 33 del 2013 è stato oggetto recentemente di una significativa revisione con l’entrata in vigore del D.Lgs. 25/5/2015 n. 97[1] (così detto Decreto Madia), mediante il quale si è inteso adeguare la normativa italiana al FOIA (Freedom of information act[2]) adottato già da tempo sia a livello internazionale che europeo.

Il nostro Paese si è trovato per anni in fondo alla classifica del Right to Information Rating (RTI) l’indice globale che misura in 111 Paesi l’accessibilità di documenti, dati e informazioni detenute da pubbliche amministrazioni.

Con l’adozione di questa legislazione l’Italia è passata dal 97 esimo al 54 esimo posto a livello mondiale. Il nostro Paese è stato per anni relegato nelle retrovie dell’indice RTI a causa dei grandi limiti della Legge 242/1990 che garantisce l’accesso soltanto a chi può dimostrare un interesse diretto, concreto ed attuale ed interdice ogni richiesta che possa costituire un controllo generalizzato dell’attività della pubblica amministrazione.

L’art. 1 del D.Lgs. 33/2013 così come modificato definisce il principio generale e le finalità della trasparenza:“intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e le attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.

La trasparenza è intesa, dunque, dal legislatore quale strumento di democrazia e profilassi contro la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione e metro di valutazione e verifica dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa concorrendo così ad attuare: “i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

Data l’importanza attribuita alla trasparenza dal legislatore quale strumento volto a garantire la tutela dei diritti civili allo Stato viene rilasciata la competenza esclusiva in materia. La trasparenza infatti, come visto, rientra tra le materie di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione e costituisce il livello delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche.

Lo strumento per la realizzazione del predetto obiettivo, sia pure nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, segreto di ufficio e di protezione dei dati personali, si realizza attraverso la pubblicazione delle informazioni sui siti istituzionali e sul web senza filtri di accesso.

La disciplina del decreto sulla trasparenza e le relative norme di attuazione di cui  all’art. 48 sono testualmente definite come attinenti “all’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni ai fini della trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione” a norma dell’art. 117 comma 2 lettera m) e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione”.

Attraverso la potestà legislativa esclusiva statale si intende garantire, dunque, su tutto il territorio nazionale una “specifica prestazione”, volta a garantire una applicazione uniforme della normative consistente nell’assicurare che tutte le pubbliche amministrazioni ed i soggetti ad esse equiparate  diano massima diffusione delle informazioni in ordine allo svolgimento dell’azione pubblica ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto alla corruzione e della cattiva amministrazione, ritenuti condizioni di garanzia dei diritti civili, politici e sociali[3].

La normativa in commento fa, dunque, della la trasparenza amministrativa il principale strumento di anticorruzione, in linea con gli intenti ispiratori della legge delega 6/11/2012 n. 190 del 2012 (Disposizioni per la prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) che aveva già introdotto obblighi di pubblicità in materia di costi unitari delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini.

Esiste, dunque, un forte collegamento tra obblighi di pubblicità e lotta alla corruzione quale è indirizzata la legge 190/2012. I primi, infatti, sono uno dei principali strumenti per combattere la seconda proprio perché è più difficile cadere in tentazione quando si è sotto gli occhi di tutti[4]!

La ratio che sottende la normativa sulla trasparenza è la lotta alla corruzione attraverso un controllo diffuso sulle decisioni ed un controllo sui risultati dell’azione amministrativa e sulla sua efficacia, efficienza ed economicità.

L’obiettivo trasparenza è quello, da un lato, di riaffermare i principi di legalità e imparzialità che devono orientare l’azione pubblica, e dall’altro di contrastare la mala gestio mediante il recupero dei criteri di valutazione delle performance della P.A.

 

 

Il punto di partenza infatti è la formula di Robert Klitgaard, professore di economia esperto di corruzione, creatore della nota formula C=M+D+A. Questa formula ricorda che il rischio di corruzione in un sistema (C) cresce all’aumentare dei monopoli (M), quando cioè la P.A. gestisce beni e servizi in assenza di concorrenza, e della discrezionalità (D), cioè dei margini decisionali della P.A, e diminuisce in presenza di una maggiore accountability (A), quando cioè l’amministrazione deve rendere conto del proprio operato. Maggiore è l’accountability maggiore è dunque la trasparenza, quindi il diritto di accesso a dati, informazione e documenti, minore il rischio di corruzione [5].

L’obiettivo finale della normativa sulla trasparenza, attraverso l’intelligibilità ed il controllo diffuso delle informazioni è, dunque, volta a colpire la corruzione.

E così il percorso iniziato nel 1990 con la Legge n. 241 ha condotto all’adozione dell’attuale assetto normativo che postula nelle sue linee essenziali la creazione di sia di un vero e proprio modello organizzativo ad hoc che di una peculiare normativa sul diritto di accesso.

Vediamo quindi quali sono a grandi linee guida della normativa in commento.

La trasparenza si avvale di tre strumenti principali: il diritto di accesso e di un responsabile della trasparenza e dell’anticorruzione; l’elaborazione di un Piano Triennale per la prevenzione della corruzione per la trasparenza e l’integrità da parte delle P.A. e dei soggetti di cui all’art. 2 bis (di cui parleremo più avanti), con possibilità per l’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) di irrogare direttamente le sanzioni pecuniarie in caso di mancata adozione dei programmi triennali; l’individuazione di obblighi di pubblicazione a carico delle pubbliche amministrazioni.

 

 

Per quanto concerne gli obblighi di pubblicazione[6] questi possono essere idealmente suddivisi in quattro grandi gruppi[7]:

  1. Obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle P.A[8].
  2. Obblighi di pubblicazione concernenti l’utilizzo delle risorse pubbliche di cui all’art. 29 della legge in commento; questi obblighi riguardano soprattutto i bilanci, il patrimonio e i controlli. Si noti bene che la pubblicazione del bilancio di previsione e consuntivo di ciascun anno deve essere redatto in forma sintetica, aggregata e semplificata anche con rappresentazioni grafiche, per consentire la piena accessibilità e comprensibilità dei dati pubblicati ed un piano di indicatori specificati dal D. Lgs. 126 del 10 agosto 2014 per permettere la comparabilità dei bilanci.  Preme sottolineare che il concetto di comprensibilità ed intelligibilità e semplificazione sono funzionali a consentire non solo un più agile controllo democratico dell’azione amministrativa e conseguentemente anche per un esercizio più consapevole del diritto di voto.
  3. Obblighi di pubblicazione concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati, con adozione di una Carta di servizi quale documento concernente la qualità dei servizi erogati
  4. Obblighi di pubblicazione in settori speciali (contratti pubblici, opere pubbliche, pianificazione del governo del territorio, informazioni ambientali, Servizio Sanitario Nazionale, procedimenti emergenziali e straordinari).

Per quanto concerne il diritto di accesso abbiamo ad oggi un doppio diritto di accesso. Il primo costituito dalla Legge 241/90, il secondo introdotto dalla Legge Madia che ha un carattere duplice di: “accesso civico o accesso semplice” ed “accesso generalizzato”.

La prima tipologia ci viene dell’art. 22 della Legge 241 del 1990 che sancisce il diritto del cittadino ad accedere a dati e documenti purché abbia un interesse concreto, diretto ed attuale al loro contenuto, il che presuppone la verifica di una situazione legittimante, interesse legittimo, della parte istante.

La seconda tipologia è quella introdotta dalla Legge Madia che ha visto l’introduzione di una nuova figura di accesso civico c.d. “accesso generalizzato” che, come detto, si aggiunge al diritto di accesso già previsto nel precedente Decreto trasparenza (ex art. 5), ora denominato “accesso civico” o “accesso semplice”.

La prima forma di “accesso civico” è disciplinata dal comma 1 dell’art. 5, istituito antecedentemente alla riforma del 2016 che consiste nel diritto di richiedere documenti, dati o informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni tenute all’adempimento, ed inteso quale rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dal legislatore (agli artt. 12-42).

All’ “accesso civico” il decreto Madia ha aggiunto il c.d. “accesso generalizzato” di cui all’art. 5 comma 3 del D. Lgs. 33 che riconosce a “chiunque” il diritto di accedere ad ulteriori dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, rispetto a quelli già oggetto di pubblicazione obbligatoria.

L’istante in questo caso non è un istante qualificato come nella Legge 242/90 non essendo sottoposto ad alcuna limitazione soggettiva del richiedente. Il soggetto che può presentare istanza non è soltanto colui che vuole conoscere dell’organizzazione e delle attività della PA e controllare il perseguimento dei fini istituzionali ma colui che intende partecipare all’attività amministrativa e tutelare i propri diritti potendo accedere ad ogni documento o dato detenuto dall’amministrazione[9]. Si prevede, dunque, una nuova forma di accesso civico da parte di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, in relazione a tutti i dati e documenti detenuti dalle P.A., ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione.

Ma quali sono le conseguenze di questa disciplina?

Come ha fatto notare Andrea Ferrarini esperto di ANCI Lombardia ha rilevato che: “Il procedimento amministrativo correlato al diritto di accesso si complica. Nel caso, per esempio, della precedente disciplina del decreto n. 33, il cittadino rivolgeva la sua istanza al responsabile della trasparenza o anticorruzione, che il nuovo decreto ha unificato, che provvedeva alle verifiche del caso, cioè se il dato era o meno soggetto all’obbligo di pubblicazione e se soggetto e non pubblicato provvedeva a pubblicarlo o in caso contrario, cioè non soggetto a obbligo, rigettava l’istanza. Nel caso invece del nuovo diritto di accesso, il cittadino può rivolgersi all’Urp, all’ufficio che detiene il dato o all’ufficio protocollo. Sarà poi l’ufficio che detiene il dato a procedere. In questo caso, tuttavia, l’ufficio dovrà contattare i contro interessati, cioè i soggetti che possano essere interessati a che il dato non venga divulgato. L’ufficio ha 30 giorni per evadere la richiesta e i contro interessati 10 giorni per far avere le loro indicazioni. Alla fine di questa fase, l’ufficio può decidere se accogliere o meno la richiesta. Nel caso la rigetti, il cittadino può fare ricorso al responsabile della trasparenza e in caso di rigetto anche di questi può proseguire chiamando in causa il difensore civico e successivamente il giudice di pace e il Tar. Si comprende quindi che nel caso di diritto di accesso attivo il procedimento si fa più complesso e può generare contenzioso”[10].

Pur nei positivi intenti della legge Madia, pertanto, la normativa in esame, ha ancora numerose criticità che non garantiscono ancora in pieno libera applicazione del diritto di accesso agli atti determinando, anzi, contenzioso amministrativo.

Tuttavia, accanto a questi elementi di problematicità è dato rilevare che il decreto in esame ha il merito, invece, di aver apportato una significativa e fondamentale modifica intervenendo ad ampliare all’art. 2 bis l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina sulla Trasparenza, non più limitata alla sola individuazione degli obblighi di pubblicità in capo alle P.A. ma a ritenerne applicabile “in quanto compatibile” la disciplina anche agli enti pubblici economici, agli ordini professionali, le società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato con bilancio superiore ai cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni.

La riforma ha previsto così accanto all’estensione dei precisi e puntuali obblighi di pubblicazione su web  delle informazioni di cui agli artt. 12 e ss. della Legge Trasparenza e delle norme sull’anticorruzione anche ai predetti soggetti.

Per quanto concerne, infatti, l’applicazione ad Ordini e Collegi professionali della normativa in tema di prevenzione della corruzione recata dalla Legge. 190/2012, il comma 2 bis dell’art. 1 di quest’ultima  – anch’esso aggiunto dal D. Lgs. 97/96- dispone che: “Il Piano Nazionale anticorruzione (…) costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni (…) ai fini dell’adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione, e per gli altri soggetti di cui all’art. 2 bis, comma 2, del D. Lgs. 14/3/2013 n. 33, ai fini dell’adozione di misure di prevenzione della corruzione”. In pratica l’estensione dell’applicazione ai soggetti in argomento delle norme in materia di prevenzione della corruzione è disposta tramite un rinvio all’art. 2- bis, comma 2, del D. Lags. 33/2013[11].

 

 

 

I principali obblighi a carico di ordini e collegi professionali in estrema sintesi sono i seguenti:

  • Predisposizione del Piano Triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) ai sensi dell’art. 1, comma 8 della Legge 190/2012;
  • Nomina del responsabile della prevenzione e corruzione;
  • Predisposizione del Codice di Comportamento dei dipendenti, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del D. Lgas. 165/2001;
  • Creazione in applicazione del D. Lgs. 33/2013 nei siti istituzionali di una sezione nella home page denominata “Amministrazione trasparente”;
  • Garantire la tutela dell’”accesso civico” nell’accezione vista di cui all’art. 5 del D. Lags. 33/2013;
  • Osservanza dei divieti di cui al D.Lags. 39/2013 in tema di incoferibilità e incompatibilità degli incarichi.

 

 

 

Come noto dal 23 dicembre 2016, termine di sei mesi previsto per l’adeguamento, anche gli Ordini Professionali debbono, dunque, predisporre il Piano Triennale Anticorruzione e nominare il relativo responsabile; applicare le norme sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi; pubblicare tutte le informazioni su curricula ed incarichi.

Sappiamo bene, tuttavia, quanto questa “valutazione di compatibilità” per quanto concerne segnatamente gli ordini professionali possa divenire un grimaldello per escludere l’applicazione di obblighi stringenti come purtroppo è emerso dai contenziosi del CNF e di alcuni COA di fronte alla magistratura amministrativa, che invece ha confermato e riaffermato come le misure anticorruzione e trasparenza di cui alle L. 192/2012 si applichino a Ordini e Collegi Professionali (Sentenza del Tar Lazio n. 11391/2015).

Spiace infatti dover rilevare l’ostilità che alcuni COA hanno mostrato per l’applicazione di questi strumenti e che anzi abbiano tenuto a chiarire nella premessa introduttiva dei loro Piani triennali integrati per la prevenzione e corruzione come il CNF abbia proposto appello alla citata sentenza del Tar Lazio, sottolineando ulteriormente che i COA non costituiscono organi di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello di locale non essendo organi di governo e di indirizzo politico, dato che, a loro avviso, i compiti istituzionali affidatigli dalla legge professionale sono specifici e privi di scelte discrezionali, non mancando, per giunta, di ribadire come l’adozione dei piani anticorruzione predisposti non costituiscano in alcun modo acquiescenza o rinunzia alcuna agli effetti discendenti dal predetto contenzioso!

Come ha rilevato invece lo stesso TAR Lazio l’autofinanziamento di Ordini e Collegi (ma vorremmo estensivamente aggiungere anche di Cassa Forense e CNF), per il tramite dei contributi degli iscritti non preclude la sua qualificazione pubblicistica, che ben si accorda con la natura tributaria delle prestazioni patrimoniali in questione. Il contributo annuale previsto dall’art. 14 D. Lgs. Lgt. 23/11/1944 n. 382 va per l’appunto considerato un tributo, sia perché riferendosi ad esso il comma 2 dell’art.7 del medesimo D. Lgs. Lgt. parla di “tassa annuale”, sia per il suo carattere di doverosità, sia infine, perché la prestazione in questione è collegata alla necessità di fornire la provvista dei mezzi finanziari necessari all’ente delegato dall’ordinamento per il controllo professionale. Il Tar ha poi aggiunto che le considerazioni svolte in tema di autofinanziamento debbono riferirsi sia ai Consigli Nazionali che agli Ordini e Collegi Territoriali, contestando, dunque, che l’attribuzione patrimoniale degli iscritti sia uno strumento meramente associativo.

Ma vi è più, il Tar ha infatti confermato come il fatto che determinati enti siano finanziati esclusivamente da prestazioni patrimoniali imposte agli iscritti, non comporta necessariamente che tali risorse non abbiano finalità pubbliche; anzi da questo deriva l’interesse generale alla conoscenza del modo in cui dette risorse vengono impiegate e dei dati relativi ai soggetti che siano chiamati ad impegnarli.

La natura degli enti esponenziali delle categorie professionali deriva proprio dalla “imprescindibile e fondamentale” funzione sociale dei professionisti e dall’attività di coordinamento e controllo che Ordini e Collegi svolgono; attività quali la formazione e tenuta dell’Albo, regolamentazione e esercizio della professione, repressione dell’uso di titoli abusivamente, opinamento parcelle, mantenimento della disciplina e della competenza tra gli iscritti che sono attività preposte alla tutela della collettività  e della clientela che rendono Ordini e Collegi enti pubblici a pieno titolo[12].

Corre, dunque, l’obbligo rilevare come l’avvocatura sia oggi più che mai lo specchio della società e come la natura di tutte le istituzioni forensi (COA, CNF e CASSA) non possa invece prescindere dal proprio status pubblico e come un controllo sui dati, atti prodotti dalle pubbliche amministrazioni svolga uno strumento fondamentale ai fini dell’anticorruzione, sul risultato dei risultati dell’azione amministrativa e delle sue performance, ma anche in funzione di tutela della collettività, proprio per l’alto valore sociale che l’avvocatura ricopre.

 

 

 

 

Alla luce di tutte le suddette considerazioni Nuova Avvocatura Democratica, ritenendo la normativa sulla trasparenza elemento di partecipazione attiva non solo nell’interesse degli iscritti ma anche della collettività, intravedendo nella normativa sulla trasparenza e l’anticorruzione un’occasione da cogliere anziché da demonizzare, propone:

  • l’estensione della normativa sulla Trasparenza alla pubblicazione non solo dei bilanci approvati ma anche approvandi sul sito istituzionale dei COA, Cassa Forense e CNF;
  • richiesta di applicazione della normativa sulla trasparenza e anticorruzione a fondazioni, associazioni che godano di elargizioni e sovvenzioni da parte di tutte le istituzioni forensi;
  • comunicazione dei criteri per l’affidamento di consulenze esterne affidate dalle istituzioni forensi;
  • comunicazione dei criteri di elargizione dei contributi per convegni;
  • pubblicazione di verbali e delibere di tutti i comitati di COA, Cassa Forense, CNF.
  • estensione degli obblighi di comunicazione degli obblighi di cui all’art. 14 concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo.

 

 

 

Infine, non sembra pleonastico parafrasare in questa sede una celebre frase di Margaret Thatcher secondo cui “I soldi pubblici non esistono, esistono solo i soldi dei contribuenti” rilevando, dunque, che: “I soldi delle istituzioni forensi non esistono, esistono solo i soldi degli avvocati”.

Livorno, lì 18 maggio 2017.

Avv. Celeste Vichi

 

 

 

[1] D.Lgs. 25/5/2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della Legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’art.7 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

[2] Si tratta di una legge americana del 1967 che ha istituito il diritto di accesso alle informazioni di qualsiasi agenzia federale. Le agenzie sono obbligate a comunicare le informazioni a loro richieste dai cittadini a meno che non rientrino in una delle nove esenzioni che proteggono interessi come la sicurezza nazionale e la privacy.  Il FOIA obbliga le agenzie di pubblicare on-line determinate informazioni  ed i cittadini possono chiedere informazioni su documenti di cui solo presumono l’esistenza. Chiunque, cittadino statunitense o no, può inviare le richieste ad un ufficio FOIA. Le domande vengono presentate senza alcuna formalità particolare e vengono evase in ordine di arrivo, prevedendo, se del caso, dei costi a carico del richiedente, con tempi di risposta possono variare a seconda della complessità della domanda.

[3] Giunta Donatella, “Applicazione delle regole sul modello inglese”, in Guida al Diritto 27.4.13 n. 18.

[4] Clarich Marcello, I nuovi obblighi sulla diffusione delle informazioni trasformano gli uffici pubblici in “case di vetro, in Guida al Diritto 27.4.2013 n. 18.

[5] Andrea Ferrarini, “Freeedom of information act dall’origine alla sua applicazione”. Sito visitato  www.strategieamministrative.it

[6]Obblighi di pubblicazione concernenti gli atti di carattere normativo e amministrativo generale” (art. 12) amplia il novero di dei dati di carattere normativo e ammnistrativo generale oggetto di pubblicazione obbligatoria delle misure integrative della prevenzione, ai documenti di programmazione strategico-gestionale e agli atti OIV (Organismo Indipendente di Valutazione).

Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali (art. 13)

Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di cariche di governo e di incarichi di collaborazione o consulenza (art. 14).

Obblighi di pubblicazione concernenti incarichi conferiti nelle società controllate (art. 15 bis) – Si prevede l’obbligo, per le società a controllo pubblico ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e loro controllate, di pubblicare, entro 30 giorni dal conferimento, i dati relativi agli incarichi di collaborazione, di consulenza o di incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali. La pubblicazione di tali informazioni è condizione di efficacia per il pagamento, ed in caso di omessa o parziale pubblicazione sono soggetti al pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta sia il soggetto responsabile della mancata pubblicazione che il soggetto che ha effettuato il pagamento.

Obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavore a tempo indeterminato e non a tempo indeterminato (art. 16-17), nonché della indicazione della durata e del compenso spettante per ogni incarico (art. 18).

Obblighi di pubblicità legale su bandi di concorso per il reclutamento (art. 19).

Obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla valutazione della performance e alla distribuzione dei premi al personale (art. 20) – Si prevede l’obbligo per le P.A. di pubblicare i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata.

Obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato (art. 22) – Si estende l’obbligo di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico e alle società di diritto privato partecipate ai provvedimenti in materia di costituzione di una società a partecipazione pubblica.

Obblighi di pubblicazione concernenti i provvedimenti amministrativi (art. 23) – Si semplifica la disciplina di cui all’art. 23 del D. Leg.vo. 33/2013, mediante la soppressione degli obblighi di pubblicazione relativi ai provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione e concessione e dei concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera. Relativamente ai provvedimenti finali relativi ai procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di contratti pubblici ex D. Leg.vo. 50/2016 o ad accordi stipulati tra P.A., è inoltre abrogato l’obbligo di pubblicazione – mediante scheda sintetica – dei dati relativi al contenuto, all’oggetto, all’eventuale spesa prevista e agli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento.

Obblighi di pubblicazione concernenti i servizi erogati (art. 28) – Si estende ai gestori di pubblici servizi l’obbligo di pubblicazione della carta dei servizi o del documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici.

Obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (art. 31) – Mediante la sostituzione dell’art. 37 D. Leg.vo. 33/2013, è sancito l’obbligo per le P.A. e le stazioni appaltanti di pubblicare:
a) i dati di cui all’art. 1, comma 32 della L. 190/2012. Tale obbligo può intendersi assolto mediante l’invio di tali dati alla banca dati delle P.A. ex art. 2 del D. Leg.vo. n. 229/2011, relativamente alla parte “lavori”;
b) gli atti e le informazioni oggetto di pubblicazione ai sensi del D. Leg.vo. n. 50/2016.
La norma non contiene un’indicazione puntuale di atti ma rinvia genericamente agli “atti” del nuovo Codice, imponendo alle stazioni appaltanti un’attività complessa di enucleazione delle diverse tipologie di atti da pubblicare, con possibili difformità di comportamento.

Pubblicità dei processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche (art. 32) – Le P.A. debbono pubblicare tempestivamente, oltre alle informazioni relative ai tempi, ai costi unitari e agli indicatori di realizzazione delle opere pubbliche (non solo completate, ma anche di quelle in corso), gli atti di programmazione delle opere pubbliche sulla base di uno schema tipo redatto dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con l’ANAC.

Maria Francesca Mattei, “I principali contenuti del D. Lgs. 97/2016 in tema di anticorruzione e trasparenza”, in Legislazione Tecnica, sito visitato www.legislazionetecnica.it.

[7] Mariangela Di Giandomenico, “Linee guida in materia di trasparenza e obblighi di pubblicità”.

[8] Componenti degli organi di indirizzo politico concernenti i titolari di incarichi dirigenziali, di collaborazione e consulenza; dotazione organica, costo del personale a tempo determinato e indeterminato; incarichi conferiti ai dipendenti pubblici, valutazione della loro performance e contrattazione collettiva applicata; dati relativi agli enti pubblici vigilanti ed agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato, pubblicazione dei provvedimenti amministrativi, bandi di concorso, atti di concessione di sovvenzioni, contributi sussidi e attribuzioni di vantaggi economici, pubblicità dei rendiconti dei gruppi consiliari, regionali e provinciali; pubblicazione sull’uso delle risorse pubbliche, le prestazioni offerte e i servizi erogati

[9] Chiara Bonora, La rifora della trasparenza amministrativa. Il nuovo istituto dell’accesso civico dopo il Decreto Legislativo n. 97/2016, in Filodiritto del 20/02/2017, sito visitato www.filodiritto.it.

[10] Vd. Nota 2.

[11] Dino de Paolis. “Le norme sulla trasparenza e anticorruzione per Ordini e Collegi professionali (sintesi, decorrenza, sanzioni), in Legislazione Tecnica, sito visitato www.legislazionetecnica.it.

[12] Rosalisa Lancia, “Il TAR conferma l’applicazione della normativa anticorruzione a Ordini e Collegi Professionali”, in Legislazione Tecnica, sito visitato www.legislazionetecnica.it.

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