L’INCUBO DELL’ETERNA GIOVINEZZA

19 Giugno, 2017 | Autore : |
I dati parlano chiaro: il lavoro è diventato ormai un privilegio, se per lavoro si intende un’attività che offra la possibilità di aumentare il proprio benessere personale e familiare, trovandosi inserito in una rete di protezione sociale. Oggi il lavoro è diventato molto spesso una mera attività di speculazione, data da rendite che fruttano denaro, ovvero una serie di attività che occupano, ma non offrono reddito. Tutto questo è frutto di precise scelte e logiche politiche. Si è scelto di spostare ricchezza dal lavoro e dai lavoratori alle rendite, siano esse rendite speculative o mascherate da posizioni lavorative privilegiate. Il risultato dell’impoverimento del lavoro e dei lavoratori è una società in cui alla stabilità dell’esistenza e della crescita si è sostituita l’instabilità dell’accaparramento e della sopravvivenza. Per sua natura, la sopravvivenza non è compatibile con la serenità e l’inclusione sociale.
Il welfare privato, l’erosione del risparmio familiare, ha generato milioni di mantenuti, solo parzialmente autonomi, legati ai genitori e ai nonni da esigenze di sopravvivenza. La ricchezza familiare, così intesa, diminuisce drasticamente.
 
E’ un fenomeno fotografato anche dal secondo rapporto annuale CENSIS sull’avvocatura, laddove emerge che circa il 70% dei legali italiani, per affrontare spese critiche, ricorra ai propri risparmi. Singolare il dato che riguarda il confronto tra gli avvocati più giovani e quelli più anziani: il 48% dei legali con meno di 10 anni di anzianità si rivolge infatti ad amici o parenti, per spese critiche, mentre il dato, tra chi ha oltre 30 anni di esercizio alle spalle, è del 13%.
I giovani sono più poveri e vengono sostenuti dalle famiglie, ma è assurdo considerare individui che arrivano alla soglia dei 40 anni come “giovani”.
 
L’Italia è uno dei paesi in cui il prolungamento della giovinezza è apparso più legato alla mancanza di indipendenza economica, che a propensione culturale. L’impoverimento delle generazioni più giovani, la perdita di tutele lavorative, i sistemi di calcolo delle pensioni, enormemente sfavorevoli rispetto agli anziani, il crollo dei redditi, per i liberi professionisti, hanno creato una evidente spaccatura economica: da una parte i vecchi, tutelati da percorsi lavorativi continui, pensioni maturate con il sistema retributivo e redditi accumulati in periodo di benessere, dall’altra parte i giovani, sempre più poveri, sempre più precari, impossibilitati a guardare al proprio futuro con ottimismo e spesso costretti a rinunciare ad investire nella famiglia e nella crescita personale.
 
E’ forse il più drammatico problema del nostro tempo e necessita di un’attenzione strutturale, ma anche di un totale capovolgimento del paradigma operativo e politico delle classi dirigenti. 
I giovani andrebbero pagati meglio, i meccanismi tesi a sostenere la contribuzione previdenziale per coloro che non riescono a farlo, visti i redditi bassi, dovrebbero divenire la priorità per i governi. Le misure volte a dare reddito di vita ai giovani, in modo da poterli affrancare dalla dipendenza verso i propri ascendenti, si palesano oggi come una fondamentale esigenza sociale. Impedire ai giovani di guardare con fiducia al futuro significa negare un futuro alle nostre società.
Lo studio del presente articolo darà diritto ad un credito formativo in materia non obbligatoria.
Avv. Salvatore Lucignano

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