VERSO IL CONGRESSO NAZIONALE FORENSE DI CATANIA: CON QUALI PREMESSE E PROSPETTIVE?

7 Agosto, 2018 | Autore : |

Il Congresso Nazionale Forense di Catania si avvicina e si impongono alcune considerazioni e domande attorno a quella che con tanta enfasi viene definita la massima assise dell’avvocatura.

1. Si sono appena concluse le elezioni dei delegati in tutta Italia e l’affluenza al voto, quando e dove é andata bene, è stata del 33%. Un dato cosi sconfortante da cosa dipende? Dal periodo infelice, che tiene lontani dai tribunali tanti colleghi? Dal senso di scoramento e rassegnazione di tanti avvocati? Dall’ignoranza degli stessi in materia di politica forense? Dalla lontananza dei temi congressuali dalle reali problematiche della classe forense italiana? Dallo scarso appeal dei candidati? O infine dal farraginoso e forse eccessivo format del Congresso? Probabilmente da un misto di tutto questo.
In ogni caso il Congresso, così com’è (anche in versione light, con meno delegati rispetto al passato), non sembra avere molto senso, almeno per la stragrande maggioranza degli avvocati italiani. La sua architettura andrebbe completamente ricostruita, facendo finalmente corrispondere ad una centralità politica, proclamata solo sulla carta, l’effettività del ruolo e consegnando a questa assise la funzione di un vero Parlamento, che possa esprimere la voce unica e sintetica dell’avvocatura italiana.

2. Guardando al risultato complessivo delle principali sigle associative forensi (ANF, MF, ecc.) nella tornata elettorale ormai conclusa, possiamo ritenere che l’associazionismo forense si dimostri, anche in occasione di questo XXXIV Congresso Nazionale, assolutamente marginale, per quanto attiene alla rappresentatività dell’avvocatura italiana. Esprimere complessivamente circa il 10/15 % dei delegati, a fronte degli oltre 130 presidenti dei COA, delegati di diritto, ed alle centinaia di delegati, o Consiglieri dei vari COA, o comunque legati ad essi da solidi rapporti di sudditanza politica, non lascia molte speranze sul fatto che l’associazionismo di matrice dialetticamente opposta al regime ordinistico possa tornare dal congresso catanese con molto altro che non sia qualche pacca sulla spalla e forse qualche mozione di importanza relativa, approvata con il benevolo assenso di chi comanda.
Verrebbe dunque da chiedersi come mai le nostre associazioni forensi generaliste, pur marginali e marginalizzate negli esiti elettorali dal sistema ordinistico, non provino ad unire le forze, per costituire un soggetto più grande, capace a sua volta di risultare attrattivo per gli avvocati in cerca di un’alternativa. Si potrebbe infatti ragionare di una forma di coordinamento unico delle associazioni forensi democratiche, che almeno sul tema della rappresentanza facciano fronte comune, invece che accettare passivamente di essere sistematicamente sottomesse dai numeri preponderanti degli Ordini.

3. Nonostante le elezioni si siano concluse in tutta Italia, né il Consiglio Nazionale Forense (CNF), né l’ Organismo Congressuale Forense (OCF) hanno ancora reso pubblico il numero ed i nominativi dei delegati eletti. Sulla loro appartenenza politica ovviamente, e sulla riconoscibilità in tal senso, non c’è da farsi alcuna aspettativa. Si tratta però di una colpevole omissione, che limita nei fatti il diritto dei delegati a presentare mozioni ed integrazioni all’ordine del giorno congressuale, e che rende ancora più disunite quelle forze, già frammentate, che in Italia non riescono a dialogare da posizioni paritarie con i coordinamenti ordinistici. Cui Prodest?

4. Di cosa si parlerà dunque al prossimo Congresso Nazionale Forense? Si parlerà di accesso alla professione, di specializzazioni, di crisi economica dell’avvocatura, di previdenza forense insostenibile, del possibile ritorno dei minimi tariffari? Il Congresso riuscirà a tenere fede al suo presunto ruolo, o assisteremo solo a tanti click di approvazione dei documenti delle commissioni congressuali create dal CNF?

Qualche considerazione finale può chiudere questo breve excursus sulla vicenda che ci apprestiamo a vivere. Il Congresso Nazionale dell’Avvocatura avrebbe senso solo se ed in quanto riesca a creare un proficuo confronto ed un profondo dibattito su tutti i temi rilevanti per la professione forense italiana. Attualmente, pur volendo concedere a Catania 2018 il beneficio del “Dubbio”, appare difficile essere ottimisti. La situazione non lascia in effetti molte speranze e il tutto rischia di apparire una nuova sceneggiatura, già ampiamente rappresentata nel nostro recente passato, che vorrebbe richiamare i soliti applausi, favoriti anche da una selezione della platea congressuale favorevolissima alla rappresentanza ordinistica. Appare infatti non più tollerabile, né comprensibile, che un Congresso di avvocati possa vedere al proprio interno circa il 20% dei delegati come Presidenti di COA, presenti “di diritto” e capaci di condizionare, sia per numero che per funzioni, l’intero esito dell’assise. Se dunque queste sono le premesse, se il sistema è in grado di determinare i temi, le elezioni, le modalità di confronto, la composizione della platea, in modo che tutto vada nella direzione in cui deve andare, c’è da scommettere che i soliti applausi non riusciranno ad intercettare le esigenze degli avvocati liberi e democratici e che certo l’esito del XXXIV Congresso Nazionale Forense non porterà alla nostra professione i risultati di cui tutti sentono un urgente bisogno.
Taranto, Napoli
30 luglio 2018

Avv. #GiandiegoMonteleone – UIF

Avv. #SalvatoreLucignano – NAD

CERCA