I PARADOSSI DELLA PARTECIPAZIONE – CHAPTER 71

8 Gennaio, 2017 | Autore : |

“La situazione? La situazione qui fa schifo… e fa TALMENTE schifo, a causa del fatto che nessuno partecipa… che io non ci penso proprio a partecipare”!!!

E ancora: “cacchio… stiamo pieni di macchine!”

“E’ vero, dovresti cominciare a non usare la macchina…”

“Eh?!?!? Ed io dovrei NON usare la macchina?!?!?!?”

Prendi due uomini dotati di parola, mettili in una gelida landa nordica, comincia a farli discutere dell’essenza logica del gesto. La forma, si sa, è unita alla sostanza, ma vallo a capire. E allora abbiamo Sraffa, uno che la sapeva lunga, che chiede a Ludwig: “quale è la forma logica di questo?” e si tocca il mento, alla maniera napoletana di chi dice “no”.

Torniamo al paradosso della partecipazione. Ieri, in un articolo in cui mi diffondevo sulla differenza tra conoscenza e pseudo conoscenza, rispondevo a quei viandanti che, di fronte alla battaglia, nel pieno della battaglia, mentre infuria la battaglia, salgono a piedi sulla collina del Pratzen, si guardano attorno, e domandano: “né scusate… ma che è succies?” Immaginatevi Napoleone. “Ehi amico, qui si combatte una guerra, non lo vedi?”

No, perché sono cieco, risponderebbe il mio ipotetico lettore. Sono cieco e non conosco il prima. Parto dall’ora, perché il piè veloce Achille, quella dannata tartaruga, dovendo percorrere uno spazio divisibile all’infinito, prima di agguantarla, non la raggiungerà mai.

 

LA DIFFERENZA TRA SOCRATE E I SOFISTI

 

 

Ecco così spiegati alcuni dei paradossi della partecipazione. I corollari sono i più disparati. C’è quello, un evergreen che non passa mai di moda, del paperotto coscienzioso (per vedere come si scrive ho dovuto consultare il dizionario). Il corollario del paperotto coscienzioso è quello che dice che: “le cose si cambiano da dentro”. Cioè, si adopera una strana forma di ragionamento, che parte dalla premessa che quelli fanno DAVVERO schifo e DUNQUE, il miglior modo per combatterli… è servirli. Attraverso la servitù del signore il papero vassallo ottiene la cooptazione nel sistema, ma – consapevole di essere un cameriere – si affanna  a cercare credito presso il popolo degli uomini: “non far caso a ciò che vedi, è solo tattica, ci serve per penetrare la fortezza, quando poi saremo entrati…” e quando sono entrati… continuano a fare i loro affari, insieme ai signori. THE END.

 

OLTRE LA DEMOCRAZIA: NEXT STOP, PREPARARSI A SCENDERE

 

Ci sono poi i viandanti che si interrogano sull’utilità di un proclamato sdegno. A differenza del paperotto coscienzioso, in genere questo viandante non collabora con i suoi signori per il raggiungimento dei loro scopi, che coincidono con i suoi, ma resta ai margini del sistema e si sdegna. Pone spesso a se stesso e all’universo la domanda “Che fare?” ma quando la risposta che ottiene è “agisci”, si paralizza. “Ma come, non basta lo sdegno?” No, evidentemente non basta. Lo sdegno è atto personale, se non viene portato nella sfera collettiva, della politica, non serve a generare mutamenti nel quadro politico. Ecco la ragione delle riflessioni che Nuova Avvocatura Democratica sta facendo sulla democrazia (vedi link pubblicato sopra), ma anche sul populismo

 

IL POPULISMO E’ DEMOCRAZIA?

 

 

ovvero sulla qualità che deve permeare le forme di espressione democratica, se si vuole che la forma non sia resa vana dalla sostanza. I meccanismi della partecipazione oramai impongono di superare “il voto”, come momento supremo di determinazione delle sorti dei gruppi. Eminenti studiosi di sociologia hanno chiarito che il voto non è l’elemento che muta le cose, che questo schema non funziona più. Il voto può essere elemento necessario, ma sicuramente è ormai elemento non sufficiente a generare i cambiamenti. Questo perché la democrazia della distanza, ovvero la creazione di innumerevoli barriere che separano l’azione dei gruppi dominanti da quella delle classi dominate, rende completamente vano un mandato che si estrinsechi in un solo momento, quello del voto.

 

Le considerazioni che Nuova Avvocatura Democratica svolge sui paradossi della partecipazione combattente derivano proprio dall’osservazione di questi fenomeni deteriori. Il lavoratore forense, che si duole di come mai gli piovano sul capo provvedimenti che non lo aiutano, non può sfuggire a questo paradosso: o partecipa, in modo attivo e combattivo, alla determinazione dei suoi destini, oppure fatalmente sarà schiavo dei voleri del regime dell’istituzionalizzazione forense.

 

 

 

Le risposte ci sono, come mostra il video postato qui sopra. Il problema è l’azione, collegata alle analisi. Senza azione, nessuna risposta è seria, ma rischia di divenire una sterile riproposizione del para doxa.

 

 

 

 

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