La pensione d’invalidità in Cassa Forense

30 Marzo, 2019 | Autore : |

A cura degli avvocati Luca Tortora e Giuseppe Fera – L’art.10, commi 1 e 2 del Regolamento previdenziale della Cassa Forense così recita: “La pensione di invalidità spetta all’ iscritto la cui capacità all’esercizio della professione sia ridotta, in modo continuativo, a meno di un terzo, per infermità o difetto fisico o mentale, sopravvenuti dopo l’iscrizione. Debbono altresì concorrere le condizioni di cui all’ art. 9, primo comma, lettera b:” l’iscritto deve aver maturato almeno cinque anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa e l’iscrizione sia in atto, continuativamente da data anteriore al compimento del quarantesimo anno di età dell’iscritto medesimo. Sussiste il diritto a pensione anche quando l’infermità o i difetti fisici o mentali invalidanti preesistono al rapporto assicurativo, purché vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità che abbiano provocato la riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa”.
Il requisito medico – legale, richiesto per il riconoscimento della prestazione di cui all’art. 10 reg. forense, è identico a quello previsto dall’art. 1 della legge 222/94 che riguarda, invece, i lavoratori subordinati o autonomi, la cui misura è gestita dall’Inps e che così recita :” Assegno ordinario di invalidità – Si considera invalido, ai fini del conseguimento del diritto ad assegno nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, l’assicurato, la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo”; come si può notare facilmente diverso è il nome iuris nelle norme esaminate. Alcuni principi espressi dalla Suprema Corte in materia di assegno ordinario di invalidità possono essere sicuramente applicati anche alla pensione di invalidità perché costituiscono dei parametri di riferimento ed interpretativi sia per gli operatori di diritto che per i medici legali che debbono riconoscere la prestazione dal punto di vista medico legale; si legge in Cassazione Civile, sezione lavoro, 10 marzo 2017 n. 6362: “Questa Corte ha però ripetutamente affermato che ai fini del riconoscimento dell’ assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dalla L. 12 giugno 1984, n. 222, art.1, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata operando la valutazione complessiva del quadro morboso dell’assicurato con specifico riferimento alla sua incidenza sull’attività svolta in precedenza e su ogni altra che sia confacente, ossia che possa essere svolta dall’assicurato, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre ad ulteriore danno la propria salute; sicché, pur essendo la invalidità ancorata non più alla capacità di guadagno, ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell’assicurato, cui rimane conferita una tutela rispettosa del precetti costituzionali di cui agli artt. 38, 32, 2, 3 e 10 (v., fra le tante, da ultimo, Cass. 06/07/2007 n. 15265, Cass. 14/03/2011 n. 5964). Con riferimento al secondo profilo di doglianza, è stato poi precisato che, in materia di invalidità pensionabile, la L. n. 222 del 1984, ha adottato, come criterio di riferimento, non la riduzione della generica capacità lavorativa, secondo quanto previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, per i mutilati ed invalidi civili, bensì la riduzione della capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato; ne consegue l’inidoneità del parametro relativo all’invalidità civile per valutare l’invalidità pensionabile anche se come mera guida di massima, a meno che nell’ambito di questa diversa valutazione non si dia espressa ragione dell’adeguamento del parametro all’oggetto specifico della diversa invalidità da valutare (ex plurimi Cass. 04/10/2013 n. 22737)”.
Il Regolamento disciplina pure le regole per l’accertamento del requisito medico – legale, che è demandato ad una Commissione medica nominata dalla Cassa; in particolare il professionista viene sottoposto a visita da parte di una commissione medica distrettuale costituita da tre medici particolarmente qualificati o specializzati nelle malattie invalidanti denunciate. Il Presidente della Commissione Medica nominata deve essere un medico specialista in medicina legale o medicina del lavoro e da un docente universitario o da un primario ospedaliero, o dal medico provinciale; gli altri due sanitari devono essere particolarmente qualificati o specializzati nelle malattie invalidanti denunciate dal Professionista. A tal fine rileva particolarmente la certificazione medica allegata alla domanda dovendo in esso l’avvocato attraverso il suo medico di fiducia denunciare le patologie di cui è affetto (cfr. artt. 2 e 3 del NUOVO REGOLAMENTO PER L’ACCERTAMENTO DELLA INABILITA’ E DELLA INVALIDITA’ , testo modificato con Decreto Ministeriale del 20 maggio 2010 – G.U. n. 128 del 4 giugno 2010). I componenti della commissione medica distrettuale sono nominati, su delega del Presidente della Cassa, da un componente il Comitato dei Delegati, eletto nel Collegio in cui è compreso l’Ordine Forense al quale è iscritto il richiedente, previa acquisizione del consenso dell’interessato alla trasmissione al Delegato dei dati sensibili, di cui all’art. 13 del decreto legislativo del 30 giugno 2003 n. 196. In caso di malattia, palese ed irreversibile, che risulti in maniera inequivoca dalla documentazione allegata alla domanda e come tale riconosciuta dal Medico Fiduciario della Cassa, la Giunta Esecutiva può provvedere senza la visita da parte della Commissione Medica Distrettuale. Il professionista può farsi assistere in sede di visita da un proprio medico di fiducia, a sue spese. Il consulente di parte può presentare osservazioni scritte nel termine assegnato dalla stessa commissione. La procedura si conclude con il provvedimento della Giunta Esecutiva. La Giunta Esecutiva, esaminata la domanda, corredata dalla relazione della Commissione Medica Distrettuale può altresì, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento per l’accertamento dell’inabilità e dell’invalidità, trasmettere, ove occorra, la documentazione sanitaria al Medico Fiduciario per un ulteriore parere. Acquisito il suddetto parere, l’istanza di pensione viene sottoposta alla Giunta per la relativa delibera. Avverso il provvedimento di rigetto della domanda di pensione, da parte della Giunta Esecutiva, l’interessato può proporre ricorso al Consiglio di Amministrazione della Cassa, entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Con il ricorso l’interessato può chiedere di essere sottoposto a visita da parte della commissione medica di appello. Tale commissione, nominata direttamente dal Presidente, si riunisce e visita in loco. In alcuni casi, la suddetta visita può essere disposta anche da parte del Consiglio di Amministrazione, a seguito di ricorso del professionista. Nel caso di decesso dell’avvocato, intervenuto prima che abbiano avuto luogo i prescritti accertamenti clinici e, sempre che lo stato di invalidità o di inabilità possa essere accertato inequivocabilmente sugli atti medici in possesso degli eredi del professionista sentito il Medico fiduciario della Cassa, il provvedimento di ammissione a pensione potrà comunque essere adottato, anche ai fini della reversibilità della pensione in favore del coniuge superstite e dei figli minori e/o equiparati. I superstiti, aventi diritto alla reversibilità della pensione, possono proporre ricorso, in base al regolamento per l’accertamento della inabilità e della invalidità. Il Regolamento non prevede la ulteriore possibilità, sicuramente concessa al Professionista per inderogabile ed incomprimibile diritto costituzionale (art. 24), di ricorrere in Tribunale contro il provvedimento di rigetto adottato dal Consiglio di Amministrazione della Cassa.
Non è sufficiente, però, il solo requisito medico – legale per ottenere la prestazione richiesta; il professionista deve essere iscritto e in regola con la contribuzione da almeno 5 anni anteriormente al compimento del 40° anno di età, sia che l’infermità derivi da malattia sia che dipenda da infortunio. La malattia può insorgere sia dopo il 40° anno di età o anche essere preesistente ma deve essersi aggravata dopo il 40° anno di età per essere valutata ai fini della concessione della prestazione. Ovviamente non essendo stata accertata una totale inabilità all’attività lavorativa la concessione della misura non comporta l’obbligo di cancellazione dell’avvocato dall’albo degli avvocati.
La prestazione riconosciuta consente all’avvocato di ricevere una misura di natura economica pari al 70% di quella spettante per la pensione di inabilità, che a sua volta rinvia espressamente alle modalità di calcolo per la pensione di vecchiaia (cfr. art. 9 del Regolamento) ed è determinato con le stesse modalità di calcolo della pensione di vecchiaia.
Da sottolineare che non concorrono alla costituzione del requisito anagrafico e di anzianità contributiva per l’invalidità gli anni oggetto di riscatto, a differenza di quanto avviene per quelli acquisiti attraverso l’iscrizione retroattiva.
La prestazione riconosciuta non è in sede di primo accoglimento sempre definitiva. Cassa accerta ogni tre anni, limitatamente alle pensioni che all’atto della concessione siano state dichiarate revisionabili, la persistenza dell’invalidità e, tenuto conto anche dell’esercizio professionale eventualmente svolto dal pensionato, conferma o revoca la concessione della pensione (lo stesso principio vale anche per l’assegno ordinario di invalidità). La concessione è definitiva quando l’invalidità, dopo la concessione, è stata confermata altre due volte. L’erogazione della pensione è sospesa nei confronti del pensionato che non si presti alla revisione. Ovviamente in sede di revisione la Commissione Medica nominata dalla Cassa può revocare la prestazione accertando che non sussistono le condizioni mediche che avevano giustificato la concessione della prestazione atteso che le patologie possono essere guarite o migliorate.
E’ previsto, infine, il diritto di opzione per il pensionato di invalidità che abbia proseguito l’esercizio della professione ed abbia maturato il diritto ad una delle pensioni di vecchiaia o di anzianità che può chiedere, con decorrenza dal mese successivo alla presentazione della relativa istanza, la corresponsione del trattamento in sostituzione della pensione di invalidità.
La pensione di invalidità viene concessa solo su domanda dell’interessato e decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda. La domanda deve essere inoltrata alla cassa a mezzo racc. a.r. o a mezzo pec corredandola con tutti gli allegati richiesti dal modello di domanda presente sul sito istituzionale della Cassa Forense.
La pensione di invalidità decorre dal primo giorno del mese successivo della presentazione della domanda. Invero riteniamo che avendo il Regolamento previsto anche la rilevanza degli aggravamenti delle patologie per la concessione, sia ben possibile che la misura sia concessa con decorrenza successiva alla domanda, allorquando siano subentrate altre patologie invalidanti o qualora le stesse siano peggiorate nel corso del procedimento, giustificando così un riconoscimento della prestazione con data successiva alla domanda. Tale possibilità tra l’altro trova adeguato supporto normativo anche nell’art. 149 disp. Att. C.p.c. (Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l’aggravamento della malattia, nonché tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario).

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