IL DITO E LA LUNA

29 Novembre, 2018 | Autore : |

La penosa vicenda relativa alle marche contraffatte induce a considerazioni, anche ad usum delphini, nella consapevolezza che molti che ci leggono non sono Avvocati e non conoscano alcune dinamiche.

L’iscrizione di un procedimento al ruolo del tribunale competente ha dei costi che vengono assolti tramite il versamento del c.d. contributo unificato. L’acquisto dello stesso, di solito, è effettuato presso rivenditori autorizzati che, all’atto del pagamento, stampano la marca che va materialmente apposta sull’atto.

Questi i costi vivi per il solo “privilegio” di adire una macchina della giustizia, che definire scandalosamente inefficiente è un eufemismo, relativi ai contenziosi più comuni.

I costi sopra riportati, dall’introduzione del c.d. contributo unificato, introdotto con la Legge 488/99, hanno avuto una costante ed esponenziale crescita, inversamente proporzionale al tenore di vita degli utenti.

Paradossalmente all’aumento dei costi vivi della macchina della giustizia è corrisposto un costante peggioramento della somministrazione della stessa con i Tribunali civili al collasso ed una geografia giudiziaria figlia più della convenienza politica che del bisogno di una riorganizzazione organica.

Legittimo il sospetto di una intima volontà dei governi di porre un argine economico odioso ed incostituzionale a scoraggiare il ricorso alla Giustizia.

Il processo civile telematico sullo sfondo come grande occasione sprecata, massacrata da un bizantinismo nella scrittura delle norme che lo regolano e di procedimenti informatici allo stesso connessi pensati da chi non è riuscito a distaccarsi dal modello cartaceo consegnatoci dal secolo breve.

In tal senso sono da evidenziarsi la reazione corporativa ostracizzante della magistratura, l’incapacità di parte del personale amministrativo di emanciparsi dall’analfabetismo informatico, il disarticolato pensiero debole dell’avvocatura incapace di farsi interlocutore credibile ed autorevole.

Un legislatore accorto avrebbe compreso che il codice di procedura vigente andava integralmente riscritto e non, in maniera raffazzonata, adattato allo strumento telematico.

Riassumendo, la giustizia è cara, inefficiente, vittima di legislatori incapaci, di una magistratura autoriferita, di personale amministrativo lento nell’adattarsi al cambiamento e di un’avvocatura debole.

Cosa c’entra tutto questo con le marche contraffatte? Tanto, tantissimo.

Gran parte delle marche, grazie anche ad un sistema di pagamento on line farraginoso delle spese di giustizia, è acquistata presso rivenditori di solito nelle aree circostanti gli uffici giudiziari. Molto spesso tali rivenditori, onde rendere più celere il disbrigo dell’acquisto da parte degli utenti, hanno un numero prestampato di marche per quelle di valore più comunemente utilizzate.

In taluni uffici giudiziari, poi, è comune la prassi di addetti al ruolo che, davanti all’avvocato sfornito di marca, ne tirino qualcuna dal cassetto per evitargli di rifare la fila.

In altri casi ancora, il contributo è ceduto dal Collega previdente che gira, come accadeva in un passato lontano, con la bustina contenente marche e contributi.

Molto più spesso, poi, è il cliente a portare il contributo allo studio. Questo comportamento, oramai diffusissimo, è figlio dell’aumento dei costi di cui sopra in combinato con il discredito della classe forense e la conseguente sua poca autorevolezza finanche col cliente. L’avvocato, quasi a voler giustificare la più che legittima pretesa economica tra anticipo e spese vive, si fa consegnare queste ultime in forma di marca assolta dal cliente.

Tali comportamenti sbagliati tutti, nei quali l’avvocato è vittima per una leggerezza che non dovrebbe caratterizzare il suo agire, non garantiscono l’autenticità della marca e favoriscono spazi di agibilità per la contraffazione.

Vittima, quindi, e non “accattone”. Dito al quale il pubblico belante è indotto a guardare da un sistema mediatico fatto di narrazioni tossiche e demolizione del senso critico, mentre la Luna è là nella sua evidenza fatta di un sistema giustizia nel quale gli unici veri difensori dell’interesse dei cittadini, dei diritti fondamentali, sono indicati come causa di ogni criticità. Non, quindi, i magistrati sempre più casta, non il personale amministrativo lento nell’aggiornarsi, non i costi ingiustificati rispetto alla qualità del servizio, non i governanti capaci, negli ultimi 20 anni, di produrre riforme fallimentari perchè scritte senza alcuna conoscenza della realtà vissuta nelle aule dei tribunali.

Le soluzioni sono sotto gli occhi di tutti:

1) L’ammontare delle spese di Giustizia anticipate dalla parte nel processo civile deve essere ricondotto a soglie che garantiscano la possibilità di adirla a tutti.

2) La parte convenuta deve partecipare alle stesse all’atto della costituzione in giudizio.

3) Il deterrente deflattivo dei carichi giudiziari deve essere nella entità economica delle condanne anche attraverso il superamento il sistema di mero risarcimento ed il riconoscimento del danno punitivo.

4) Il procedimento civile va severamente riscritto per la sua celebrazione telematica (gran parte delle udienze oggi celebrate potrebbero essere risolte con una pec tra i protagonisti della dialettica processuale).

5) Le spese di giustizia vanno pagate telematicamente attraverso sistemi, però, agevoli per l’Avvocato come conti prepagati a scalare, non tassati, senza costo alcuno, sui quali far confluire le anticipazioni del cliente relative alle stesse.

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