IL GIORNALE DI MASCHERIN FA PURE LE MARKETTE

4 Gennaio, 2017 | Autore : |

La notizia è troppo sapida per non meritare una mia analisi, forgiata con il mio stile ormai inconfondibile, di maestro della penna e dalle grandi gonadi. I colleghi ben conoscono la battaglia che NAD – Nuova Avvocatura Democratica, sta conducendo contro “Il dubbio”, ovvero il giornale di Mascherin, Sansonetti e Orlando, pagato con i vostri soldi (di voi, avvocati italiani, miserabili inferiori, n.d.a.)

Ebbene, nel mare magnum di niente che riguarda la professione forense, mentre il mio fidato Asso è steso su di me, e dormicchia, rendendomi felice, tra un’analisi e uno studio, mi imbatto nella notizia che mi fa sussultare il cuore di gioia. Si tratta di una marketta, che il giornale di Mascherin dedica ad un giovane virgulto, tale Toninelli Valerio, classe 1938. La premessa è d’obbligo: non conosco il collega, che attualmente va per per gli 80 anni di età. Augurissimi  di una fervida attività intellettuale, che possa accompagnarlo per altri 100 anni. Ciò che è davvero divertente, mi scusi il collega Valerio, è il contenuto dell’articolo, il resoconto del saggio per cui il giornale di Mascherin fa la marketta. Tutto in questa vicenda è infatti ridanciano: si va dalla catalogazione dell’articolo, nella sezione “giustizia”, al puerile tentativo di far coincidere analisi e soluzioni del vegliardo con quelle balbettate dal friulano professionista, il padrino a 90 mila euro all’anno di soldi nostri, tale Mascherin Andrea, di professione politico forense.

Ma le sorprese ludiche non finiscono qui, perché a cingere la preziosa recensione del saggio, vi sono, sul sito del giornale pagato dagli inferiori, due bellissimi annunci, che recitano “Avvocato in Spagna”. Si tratta di quel simpatico mezzuccio, ideato da chi proprio non era in grado di superare l’esame di abilitazione in Italia, per munirsi dell’agognato ed equivalente titolo di “abogado”, sfruttando un’interpretazione criminale e ridicola del diritto europeo, chiamata “diritto di stabilimento”. Al di là di come l’uomo della strada o l’avvocato, che dir si voglia, la pensi sulla faccenda, vi è però un dettaglio che lascia perplessi: l’editore del giornale, ovvero quel Mascherin Andrea che comanda come Cosa Nostra il Consiglio Nazionale Forense, che comanda la Fondazione Avvocatura Italiana, che comanda la Diritto e Ragione S.r.l., che comanda “Il dubbio”, che al mercato mio padre non comprò, perché se avesse osato glielo avrei tirato in faccia, si è aspramente (si fa per dire), battuto contro questi viaggi della speranza abilitante.

 

Dunque noi abbiamo il giornale di quelli che combatterebbero contro le abilitazioni farlocche in paesi che le mettono in vendita a condizioni di favore, che fa pubblicità a tali abilitazioni, nella pagina web in cui si fa pubblicità ad un saggio che parla della crisi della professione forense. Un classico, un must. Come se Rocco Siffredi fosse ingaggiato da una Chiesa parrocchiale per iniziare una campagna di stampa che spinga alla totale astinenza dal sesso.

E’ tutto così in questo regime di ladri di polli che sono le istituzioni forensi italiane: il drammatico e il grottesco si fondono, non si comprende mai dove cominci l’uno e termini l’altro, è un continuo ed incessante moto ondoso, una spuma di forze primordiali ed ancestrali, che rimanda alla natura, nei suoi primi vagiti. E’ l’origine della specie, rivisitata in salsa forense, con il Consiglio Nazionale Forense, al gran completo, a recitare nel ruolo di 35 (mi pare siano 35, fatico davvero a memorizzarne il numero, tale è l’irrilevanza della vicenda), protozoi.

 

Un tripudio. Potrei fermarmi qui, ma preferisco andare avanti. Salto quasi al completo la relazione di un altro collega che in questa crisi non c’entra per nulla, il mio grande e caro amico Remo Danovi.

 

“ERAVAMO NEL VEEEEEECHIO WEST…”

 

Nel mio articolo “Eravamo nel veeeeeecchio west”, mi ero già soffermato sulla figura di Remolo. Classe 1939, anch’egli è stato totalmente estraneo alle sorti e alle responsabilità della crisi che l’avvocatura ha vissuto negli ultimi 250 anni. Difatti, egli si è limitato a rivestire le principali cariche apicali all’interno della professione forense. Il mio Remolo è stato infatti già presidente del Consiglio Nazionale Forense e capo della delegazione italiana presso il Consiglio degli Ordini forensi europei. Attualmente è “solo” il capo dell’avvocatura milanese, essendo il Presidente dell’Ordine degli avvocati della città meneghina. Insomma… chiedetegli tutto, ma non di parlare del ruolo che abbia avuto “lui” in questa faccenda, perché lui non c’era.

 

Romolo e Remolo. Cit. Ma io a Remo voglio bene. E’ una brava persona. Cit. Ciro Sasso

 

Ciance al bando. Torniamo alla marketta del giornale del Ministro della Giustizia e chiediamoci cosa abbia di tanto importante questo saggio, da meritare che i bravi avvocati italiani spendano 13 euro per acquistarlo.

La marketta parla di una “sintesi delle riflessioni che gli avvocati si pongono… sul futuro della professione”. Confesso, qui sono rimasto di stucco. Come avrebbe detto il mitico mago di Segrate, mi sono lanciato in una serie di “Oh pbacco… oh pbacco”, reiterati e sgomenti. Cioè… autore… classe 1938 e autore della prefazione… classe 1939… ovvero 160 anni in due… che parlano di cosa? Del futuro della professione. Che dire… largo ai giovani e che lo sforzo sia con noi.

 

P. S. Almeno aridatece Piero Chiambretti. Se proprio dobbiamo pagare due milioni di euro all’anno per questa roba, che perlomeno ci si diverta. Sudario.

 

 

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