COSI’ E’ SE AL CNF PARE. STORIE DI BILANCI E DI UN FARAONE

11 Maggio, 2017 | Autore : |

La cosa bella dell’avvocatura italiana è che ognuno può dire quello che vuole, che persino il diritto può essere invocato, perché tanto, alla fine, conta solo quello che vuole il padrone. Il meccanismo del “mi faccia causa”, è ormai diventato la cifra operavita delle istituzioni forensi, le quali fanno esattamente ciò che vogliono, invitando poi i poveri avvocati che vogliano giustizia ad impegnarsi in sfibranti battaglie contro quelle istituzioni che dovrebbero rappresentarli. Abbiamo dunque un’avvocatura vittima di tali cortocircuiti: le istituzioni imbrogliano, barano, vessano i rappresentati e fanno i propri comodi. I rappresentati sono stretti tra Scilla e Cariddi: o abbandonano la professione forense, per dedicarsi alla lotta contro le proprie istituzioni rappresentative, oppure si dedicano alla professione forense, lasciando il campo ad ogni genere di abuso delle proprie istituzioni rappresentative.

 

 

Se i colleghi scelgono la lotta, ricevono insulti di ogni tipo, perché li si accusa di non svolgere la professione forense, ma di dedicarsi esclusivamente alla lotta per istituzioni forensi democratiche e giuste. Se i colleghi non hanno la forza di dedicarsi a tali battaglie, vengono trattati da pavidi, derisi, umiliati e sono alla mercé dei propri padroni, annidati nelle istituzioni forensi. Questo è il quadro, raccapricciante, ma purtroppo fedelmente dipinto.

 

 

Nell’ottica di tale scempio, la triste vicenda del bilancio dell’Organismo Congressuale Forense e del diniego di fondi all’Organismo operato dal Consiglio Nazionale Forense, rappresenta l’ultima frontiera del disdoro e dell’assenza di pudore di un sistema ormai totalmente marcio. Un Organismo nato e lasciato senza fondi per operare, senza nemmeno i soldi per comprare la carta igienica, che si muove all’interno di istituzioni che sbandierano ai quattro venti la propria “unità” è la miglior propaganda possibile per quei soggetti (in realtà pochissimi) che all’interno dell’avvocatura italiana denunciano la vicenda padronale ed utilitaristica delle istituzioni forensi.

 

 

CHI PAGA I PAGATORI? 

 

Le elucubrazioni sull’obbligo di pagamento dei denari necessari per far funzionare il neonato Organismo Congressuale Forense (OCF), sarebbero da inserire di diritto tra i capolavori della commedia dell’arte. E’ la storia dell’uovo e della gallina, è il paradosso della tartaruga e del veloce Achille, è la sciarada della Sibilla Cumana.

Andrai pagherai riscuoterai i contributi da dare all’OCF…” 

 

Il tutto, dimenticando che i punti di diritto sono chiari (per chi non possegga una laurea in giurisprudenza comprata a Paperopoli). Eccoli:

 

  1. E’ il Consiglio Nazionale Forense (CNF) a dover sostenere i costi di OCF; 
  2. E’ sempre il CNF a dover decidere di eventuali aggravi in capo agli avvocati, derivanti da questi costi. 

 

Chi paga i pagatori? Ovvio, sempre loro, gli avvocati, quelli che possono combattere le ingiustizie commesse dalle proprie istituzioni o dedicarsi alla professione forense. Chi decide se i pagatori ultimi debbano pagare di più? Ovvio, sempre il vertice della piramide, quel Faraone friulano che tutto può, poiché Egli è “unto”. E che sia “unto” non c’è alcun dubbio, perché il Presidente del CNF, Andrea Mascherin, dispone a proprio piacimento della vita, della morte, delle cariche e del denaro di 240 mila avvocati. Tutto come Lui desidera e più non dimandare.

 

 

IL DATO STATUTARIO. IN CLARIS NON FIT… LASCIAMO STARE. 

 

Gli avvocati, si sa, sono dei gran burloni. Adorano il cavillo, la mistificazione, il “DUBBIO” iperbolico. Due più due non fa sempre quattro ed il sole domattina potrebbe sorgere ad ovest. Stiamo dunque attenti a dire che il nero è nero, che l’ovvio è chiaro, che il vero è reale. Tutto è possibile, quando in ballo ci sono gli interessi politici del Faraone.

Analizziamo… anzi… fotografiamo dunque l’opinabile e chiarissima norma. Eccola:

 

 

I costi per il funzionamento di OCF sono sostenuti dal Consiglio Nazionale Forense“.

Si tratta di una norma terribilmente complessa, che richiderà anni, ricorsi al TAR, sangue, lacrime, processioni, sedute spiritiche, prima di trovare la sua interpretazione autentica. Un pò come “puoi votare al massimo i 2/3 del Consiglio da eleggere“. Anche allora il Faraone, che all’epoca faceva da poggiapiedi al precedente Faraone, Guido Ramesse I Alpankamon, aveva avuto “IL DUBBIO” (aridagliè… deve essere una fissa), che quello che era scritto non significasse proprio ciò che era scritto. Uno scritto “fluttuante” (cit. Avvocato D’Amore – I mostri – n.d.a.).

 

Dunque, chi deve sostenere i costi per il funzionamento di OCF? Ma è ovvio, il Faraone, che però non vuole. E perché non vuole? Perché OCF non è ciò che il Faraone voleva, non è divenuto il luogo in cui un Papero/Paparo, anche lui asservito ai suoi voleri, svolga servile ed ossequiosa attività di vassallaggio. Il Faraone è Ra, il Dio Sola, e come Sola, pretende di essere il Signore assoluto dell’universo, il padrone incontrastato dell’avvocatura. Ergo… se prima si affamava l’Organismo Unitario dell’Avvocatura (O.U.A.), ora è doveroso affamare OCF, in modo che nessuno osi opporsi al Faraone.

 

 

E I PAPERI? COSA FANNO? COSA POSSONO FARE? 

 

Già. Cosa fanno i paperi, mentre l’avvocatura continua a sprofondare nel guano, dilaniata da lotte di potere? Semplice, ciò che hanno sempre fatto, l’unica cosa che possono fare: “QUA, QUA, QUA”.

 

Maschera funebre del Faraone Andrea Mascherinos III, fusa nell’oro dei gettoni di presenza donati spontaneamente dagli avvocati italiani. Fonte “IL DUBBIO” 

 

 

 

Avv. Salvatore Lucignano

Segretario Nazionale Nuova Avvocatura Democratica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CERCA