AVVOCATI MEDIEVALI: IL RAPPORTO SERVO – SIGNORE

5 Giugno, 2017 | Autore : |
Lo studio del presente articolo darà diritto a due crediti formativi in materia obbligatoria
In un paese con una produzione normativa bulimica come l’Italia, l’obbligo di aggiornamento “continuo” e obbligatorio, per mezzo del sistema dei crediti formativi, dovrebbe offendere gli avvocati e non metterli al riparo dall’accusa di inadeguatezza.
 
L’esclusione degli avvocati più anziani dall’obbligo di formazione obbligatoria risponde unicamente a logiche di vessazione dei giovani professionisti. Non esiste alcuna ragione per cui un professionista con venticinque anni di esercizio professionale alle spalle non debba sottoporsi allo stesso aggiornamento, nella conoscenza delle leggi, di quello necessario ad un giovane avvocato. Le esigenze di conoscenza delle leggi, delle procedure, delle procedure telematiche, sono identiche in ogni caso e comportano la necessità di saper operare.
A cosa è dovuta dunque l’esenzione per gli anziani? Semplice: serve a consentirgli di fare concorrenza sleale agli avvocati giovani. In Italia tutti sanno che gli studi legali dei professionisti più anziani, in molti casi, prosperano grazie ad un rapporto privilegiato dei titolari dello studio con i propri clienti “storici”. La clientela costituisce il vero capitale di molti avvocati affermati. La clientela, non certo il merito, la capacità, la qualità eccelsa delle prestazioni degli avvocati affermati. Ciò per ragioni di pubblico dominio, che il decoro vorrebbe invano tenere segrete: la qualità eccelsa, molto spesso, non serve.
E’ uno dei grandi temi non affrontati, che sta uccidendo la professione forense massificata e squalificata, ma la verità, per quanto si tenti di occultarla, spunta spesso fuori: in Italia la qualità eccelsa delle prestazioni del legale è un elemento non sempre necessario per il successo professionale e non di rado è irrilevante ai fini di quel successo.
Il sistema giudiziario italiano, inefficiente e lentissimo, spalmato sulle compensazioni delle spese, nonostante la soccombenza in giudizio della parte che ha torto, non spinge all’eccellenza. Non c’è premio se si ha ragione, non c’è stimolo ad aver ragione a tutti i costi. Negli ultimi vent’anni gli avvocati più ricchi sono stati quelli che hanno impiantato grossi studi d’affari, ma quelli immediatamente meno ricchi dei ricchissimi, lungi dall’essere stati i più bravi, sono stati in molti casi gli avvocati con entrature politiche, in grado di assicurarsi una grande mole di lavoro in ragione di rapporti con realtà dell’economia italiana che non li sottoponevano affatto ad uno studio incessante e continuo.
In questo ambito si sono dunque creati i potentati, spesso figli degli incarichi di favore concessi da magistrati compiacenti, spesso legati a liste di fiduciari frutto di tradizioni, di familismo, di rapporto stratificati. In questo mare di inefficienza, i vecchi prosperavano, con i loro clienti, pronti a continuare a fornirgli una gran mole di lavoro, mentre i giovani, vessati, impoveriti, privi di prospettive di crescita autonoma del reddito, si accontentavano di fare da manovali, sfruttati e malpagati, per i loro “signori”.
In questo ambito i vecchi signori sono stati affrancati da ogni obbligo verso “o’ sistema”, mentre i giovani servi della gleba vengono sempre più tenuti alla catena, da obblighi, oneri e doveri che li allontanano dalla piena affermazione della propria personalià e professionalità.
Questo rapporto di signoria dell’avvocato vecchio, legato alla politica, pasciuto da rapporti consolidati, che sfrutta i giovani e li tiene legati alla gleba del lavoro per il signore, ha retto fino a quando la prospettiva dell’avvocato servo è stata fatta di possibilità di crescita e di subentro al signore. Con la massificazione della professione, con il boom dei numeri, i signori hanno tolto ai loro servi anche questo miraggio, rompendo ogni forma di ascensore sociale, relegando la manovalanza priva di clientela nell’oscurità della schiavitù e dell’inedia perenne, facendo esplodere la questione dell’Ordine medievale forense, come elemento di supporto alla signoria dei vecchi avvocati.
Lo sfruttamento della manovalanza, l’abbassamento della qualità necessaria allo svolgimento della professione, l’irrilevanza del merito in molti contesti operativi, hanno fatto il resto, falcidiando le speranze di libertà dei giovani servi e consolidando, cristallizzandole e rendendole immutabili, le gerarchie interne alla classe forense italiana.
I signori, vecchi e mantenuti dalla politica e dalle istituzioni forensi, devono restare signori, mentre i servi, i giovani avvocati, la carne da cannone, devono restare servi, raccattare crediti formativi, versare contributi previdenziali esosi per anni ed anni e sopravvivere alla meno peggio, o al massimo… morire professionalmente, senza strepitare troppo.
Questo è oggi l’Ordine Forense: un Ordine che crea disordine e vessazioni di stampo medievale, allo scopo di proteggere i vecchi e i politicanti, a discapito dei giovani, delle donne e degli avvocati liberi.
Avv. Salvatore Lucignano

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