AL CONGRESSO DI MAGO’ IL PADRINO HA ANCORA PAURA DELL’ANTICRISTO

6 Ottobre, 2018 | Autore : |

Il Congresso di Catania è stata un’ecatombe per gli avvocati di cultura democratica. Doveva essere questo: il trionfo, sguaiato e volgare, di uomini intrisi di decoro, i rappresentanti del “sistema ordinistico”, ed è effettivamente stato questo. Siamo antropologicamente diversi, non c’è nulla da dire. Io non mi sento affatto “collega” di Mascherin, Vaccaro e di tutti gli avvocati (la stragrande maggioranza, per onestà intellettuale va detto), che approvano questo regime di inetti. Il sistema ordinistico ha nuovamente mostrato i muscoli, mandando in scena il Congresso di Maga Magò: un’assise in cui il padrino e la sua corte di nani e ballerine hanno fissato le regole al solo scopo di violarle, traendone gusto e diletto. Non è stato il congresso degli avvocati, bensì degli Ordini, ed ha avuto come vittime non solo gli avvocati liberi, ma le associazioni forensi, letteralmente irrise, cancellate, trattate come ciò che effettivamente sono, nel quadro di forze dell’attuale avvocatura italiana, ovvero niente.

Il padrino della mafia ordinistica non ha mancato di rivolgermi un pensiero finale, dal palco, e ciò mi conforta. Mi è stato raccontato del sollievo che ha manifestato, quando ha saputo della mia mancata elezione quale delegato congressuale. Posso capirlo. Se fossi salito sul palco di Catania avrei tenuto un intervento ancora più sprezzante di quello tenuto a Rimini, due anni fa. Intendiamoci, l’intervento di Rosa Sposito, per NAD, è stato eccellente, da vera signora, duro e senza sconti, ma il richiamo all’assenza di “cadute di stile lessicali, che pure in passato ci sono state…”, i complimenti agli oppositori, educati e compiti, effettuato da Mascherin, è stata una mia duplice vittoria.

Da un lato, ha tappato la bocca a tutti quei minuscoli figuri che, dopo Rimini 2016, mi hanno “incolpato” di essere stato “causa” della vittoria della Cosa Nostra Forense. A costoro non posso che dire: siete solo dei pagliacci. I padrini degli ordini stravincono perché dominano, esercitano un potere capillare, corrompono, brigano, possono contare su un’avvocatura conformata esattamente come loro: ignorante, vigliacca, incapace ed imbevuta di decoro ordinistico. Non sono stato certo io a Rimini a consegnare a Cosa Nostra il dominio totale della politica forense italiana. Piuttosto, sono state le associazioni “maggiormente rappresentative”, governate da pavidi leaders, a mancare totalmente al proprio dovere di opporsi. In questo senso, solo se saremo in grado di far nascere OUA, un Organismo Unitario delle Associazioni italiane, potremo costituire un soggetto politico capace di opporsi efficacemente alla Cosa Nostra Forense.

L’altro aspetto che mi conforta, nel richiamo del boss della cupola, è che comunque, seppure momentaneamente in difficoltà, continuo a fare paura. Mascherin è un uomo intelligente. Sa bene che da un’opposizione compita, edulcorata, moderata, non ha e non avrà mai nulla da temere. Essere ricordato alla fine del congresso, come la sua unica preoccupazione, mi rafforza nel mio proponimento di distruggerlo.

Io voglio abbattere questa cupola di mafiosi. Non voglio farlo con le armi spuntate dell’educazione, ma con una carica di radicalità, di scontro, di ferocia, nella tutela dei valori del pluralismo e della democrazia, sconosciuta a qualsiasi altro avvocato italiano.

 

Le parole finali del capo dei capi, pronunciate con a fianco alcuni totem del suo trionfo, primo tra tutti Antonio Rosa, ex coordinatore del primo Organismo Congressuale Forense, hanno anche svelato un’altra verità, sfuggita ovviamente ai delegati che hanno acclamato il padrino in Costituzione. Mascherin alla fine ha calato la “maschera”: ha candidamente ammesso che la mozione acclamata a Catania, che è il testo prodotto dal Consiglio Nazionale Forense e che è stato tenuto fuori dal novero delle mozioni presentate, per poter godere di una corsia preferenziale, clandestina e sotterranea, ha lo scopo di rafforzare il Consiglio, come architrave del potere ordinistico. Alla fine, dopo i titoli di coda, quando i paperi erano già intenti a fare i bagagli, il sultano ha deriso gli astanti e si è permesso persino di svelargli il trucco. Tanto… visto il livello mentale degli interlocutori… chi avrebbe avuto qualcosa da obiettare?

Fai bene ad avere paura di me. Io non mollo. E’ una promessa, caro il mio piccolo imperatore.

Avv. Salvatore Lucignano

 

 

 

 

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