LA TRASPARENZA NELLE CASSE DI PREVIDENZA C.D. PRIVATE

19 Maggio, 2017 | Autore : |

Relazione di Marcello Adriano Mazzola, Avvocato del foro di Milano e Delegato alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, inviata a NAD per il convegno tenutosi a Livorno, in data 18 maggio 2017, dal titolo “La trasparenza nelle istituzioni: una questione italiana”. 

 

 

Nel ringraziarVi dell’invito, mi scuso per l’assenza fisica oggi per sopravvenuti e ripetuti impegni a Roma.

 

La trasparenza nelle istituzioni è un tema tanto antico quanto purtroppo sempre tristemente attuale. Secondo Treccani trasparènte è “agg. e s. m. [dal lat. mediev. transparens -entis (comp. del lat. trans- «trans-» e parere «apparire»)]. – 1. agg. a. Detto di corpo che lascia passare la luce (in contrapp. a corpo opaco), e che quindi lascia vedere, più o meno chiaramente, gli oggetti che rispetto all’osservatore sono al di là del corpo stesso (…). 2. agg. In senso fig.: a. Chiaro, di facile comprensione o interpretazione, intuibile o deducibile con facilità, anche se non espresso esplicitamente (…) b. Schietto, sincero, incapace di finzioni o ipocrisie, che lascia trasparire quello che pensa”. Già oltre un secolo fa Turati indicò la necessità di una Pubblica Amministrazione come “casa di vetro” (FILIPPO TURATI, in Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sess. 1904-1908, 17 giugno 1908, p. 22962).

 

 

 

Ancora oggi si può considerare l’archetipo perfetto per offrire una definizione di trasparenza amministrativa. Ossia un elemento determinante affinché all’interno di quella “casa”, che è composta dalla Pubblica Amministrazione (ma potrebbe pur essere un Ente non necessariamente pubblico ma che svolge funzioni pubbliche o di rilievo pubblico), tutto sia “sempre e costantemente visibile” (M. CLARICH, Trasparenza e diritti della personalità nell’attività amministrativa, in www.giustiziaamministrativa.it, se zione “studi e contributi”, 2004). Invero, la trasparenza amministrativa è dunque a presidio del principio di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione, nonché come garanzia per i diritti degli amministrati, individualmente o collettivamente considerati. La trasparenza amministrativa consente di vedere ciò che non si vorrebbe far vedere, di contrastare gli interessi particolari sugli interessi collettivi. Pertanto la visibilità dell’agire amministrativo, garantita dalla trasparenza, anche se non finalizzata direttamente ad assicurare una mera osservazione dell’attività delle amministrazioni pubbliche e ai dati della P.A., diviene un fondamentale strumento di democrazia partecipativa, per il quale il cittadino acquisisce consapevolezza e partecipa alla elaborazione delle politiche pubbliche.

 

I primi semi della trasparenza nella P.A., ancor lontani dall’attecchire, hanno origini negli anni ’90. Già nella versione originaria dell’art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il diritto di accesso agli atti amministrativi era configurato come mezzo finalizzato ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa. La cui trasparenza poteva essere considerata, unitamente ai criteri di economicità, efficacia, imparzialità, parametro regolatore dell’attività amministrativa. E’ però con il D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (attuativo della delega contenuta nella legge 4 marzo 2009, n. 15) che la trasparenza viene indicata come parametro per valutare e misurare le performances ed i risultati delle pubbliche amministrazioni. La finalità è individuata nel garantire l’efficienza dell’azione amministrativa, con un sistema di accessibilità totale delle informazioni della P.A., da pubblicarsi sui siti istituzionali relativi. Il legislatore intende far emergere le informazioni relative all’organizzazione, alla gestione e all’utilizzo delle risorse strumentali, umane e finanziarie. Il “Decreto Brunetta” costituisce comunque una prima forma generale di esercizio di un controllo diffuso dell’operato dell’amministrazione pubblica. Successivamente interviene il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, che ha come obiettivo principale quello di prevenire e reprimere i fenomeni di illegalità e di corruttela nella P.A., realizzando forme diffuse di controllo dell’operato amministrativo, con riferimento al perseguimento delle funzioni istituzionali e dell’utilizzo delle risorse pubbliche. Ai sensi dell’art. 3, co. 1, del d.lgs. 33/2013 “tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici” e, ex art. 7, comma 1, del medesimo decreto, “chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente e di utilizzarli e riutilizzarli”. Gli obblighi di trasparenza sono dunque assolti attraverso la pubblicazione dei dati e delle informazioni relative nel sito istituzionale di ogni singola amministrazione, all’interno dell’apposita nuova sezione denominata “Amministrazione trasparente”.

 

Certamente un passo importante verso l’open government (A. PAJNO, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, in Giust. Civ., n. 2, 2015, 228 ss.). Nel D.lgs 33/2013 non v’è solo una forma di pubblicità obbligatoria. Infatti ai sensi dell’art. 4 le amministrazioni possono disporre la pubblicazione di atti, documenti o informazioni per i quali non vige un obbligo di pubblicazione. Il percorso della trasparenza amministrativa ha infine acquistato nuovo slancio e prospettive innovative, con l’approvazione della legge 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. Legge Madia). Con l’art. 7 di essa si è delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, sulla base di una serie di principi e criteri direttivi espressamente elencati, quali quello di cui alla lettera h) dell’art. 7, comma 1: “fermi restando gli obblighi di pubblicazione, riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. Il nuovo “Decreto Trasparenza” contiene elementi di profonda innovazione, con riguardo alla trasparenza amministrativa, agli obblighi di pubblicazione e al diritto di accesso civico. Rilevante l’art. 2, che modifica l’art. 1, comma 1, del D.lgs. n. 33/2013, che fa sì che lo scopo della trasparenza non si riduca al solo “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, ma anche a garantire una forma di accessibilità totale, in funzione di tutela dei diritti fondamentali che, come si intuisce dalla lettura del comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. 33/2013, sono da farsi riferire a “libertà individuali e collettive”, nonché ai “diritti civili, politici e sociali”, al diritto ad una buona amministrazione e alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino. Il legislatore ha dunque operato un cambio di prospettiva, passando da forme di pubblicazione di documenti da parte della P.A., a garantire una libertà di accesso a dati e documenti in possesso delle amministrazioni. Invero l’accesso civico diventa lo strumento principe per conoscere la documentazione in possesso della P.A.

 

Dunque “Si tratta di un modello già collaudato negli ordinamenti anglosassoni, che prende il nome di FOIA (Freedom Of Information Act), il cui fine è rappresentato precipuamente dalla libertà di accedere alle informazioni possedute dagli apparati pubblici.” (S. MILAZZO, Trasparenza nella Pubblica Amministrazione e accesso civico: analisi degli elementi di innovazione e di criticità della disciplina del FOIA italiano, di cui al D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, www.ildirittoamministrativo.it, 2016). E dunque i meccanismi imperniati sul “sistema del FOIA, rappresentano un paradigma che persegue tre scopi: accountability, partecipation e legitimancy. Il diritto di conoscere è dunque preposto a consentire un controllo diffuso dell’operato amministrativo, al fine di prevenire fenomeni di corruttela, a garantire una consapevole partecipazione dei cittadini alle scelte di politica pubblica, a rinsaldare la legittimazione della PA” (S. MILAZZO, Trasparenza nella Pubblica Amministrazione, cit.).

 

Ma quali sono le Pubbliche Amministrazioni?

 

Ai sensi del comma 1 dell’art. 2-bis si sancisce che si intendono per pubbliche amministrazioni tutte le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, comprese le Autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione. Al comma 2 dell’art. 2-bis si stabilisce che la disciplina di cui al comma 1 deve essere applicata, in quanto compatibile, anche ad enti pubblici economici, autorità portuali e ordini professionali; alle società in controllo pubblico; alle associazioni, fondazioni, enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario da pubbliche amministrazioni o in cui la totalità o la maggioranza dei titolari Livorno 18 maggio 2017 3 dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni. E che la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, alle società in partecipazione pubblica e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.

 

E dunque le Casse di previdenza c.d. privatizzate?

 

Dalla lettura della norma appena ricordata appare evidente come vi rientrino pure le c.d. Casse privatizzate, ossia fondazioni private che seppur organizzate privatamente, svolgono funzioni pubbliche (previdenza, nonché assistenza in molti casi) secondo la giurisprudenza oramai consolidata ed indiscussa dei giudici di Palazzo Spada. Enti che gestiscono e coinvolgono il destino previdenziale di oltre 1,5 milioni di liberi professionisti, che hanno allo stato oltre 72 miliardi di euro di patrimonio netto (ultimo dato Adepp di aprile 2017). Enti che sono inseguiti e appetiti da tutti, che investono miliardi di euro, che intrecciano rapporti economici e politici delicatissimi. Enti che vengono indirizzati da organi eletti con vari sistemi elettorali e che hanno Consigli di Amministrazione quasi sempre formatisi al proprio interno e con criteri spesso opachi. Consiglieri di amministrazioni non scelti sempre secondo meriti e capacità, secondo l’esperienza e per l’assenza di conflitti di interessi, ma secondo criteri “politici” (capacità di acquisire il giusto consenso o di mostrarsi utile alla causa). Organi che operano (quelli di indirizzo, quelli consiliari e altri) senza che rendano conto delle proprie scelte in modo trasparente e comprensibile. Delibere (salvo rarissime eccezioni, di un paio di Casse su 22) mai pubblicate, verbali mai pubblicati. Componenti degli organi che una volta eletti non sono verificabili nel proprio operato dagli elettori, in assenza della pubblicazione e dunque lettura dei verbali. Componenti degli organi che una volta eletti si preoccupano quasi esclusivamente di curare le proprie ambizioni e assai poco gli interessi degli “elettori”. Ruoli piramidali invertiti, tali per cui la centralità della governance della Cassa viene assunta dal CdA invece che dal Comitato come dovrebbe essere da Statuto. Ecco, appunto, Statuti e regolamenti (fonti fondamentali) spesso ignorati o applicati con disinvoltura, nel silenzio generale di chi non vuole disturbare il manovratore. Collegi sindacali che spesso sono garbati, troppo garbati. Dunque alla fine anche poco indipendenti, mentre questo è il loro ruolo precipuo. Casse private che pur “vigilate” (e si badi bene, non controllate) ad almeno 5 livelli, tuttavia desiderano non essere assoggettate a controlli che consentano di vedere all’interno della “casa” di vetro cosa accada. Vetri dunque oscurati. Tutto questo può accadere, in spregio ai diritti di tutti i contribuenti, ove la Cas(s)a non sia affatto di vetro. Cassa Forense nella specie ha oltre 10 miliardi di patrimonio netto. Il Comitato dei Delegati ha mesi or sono respinto (non approvandolo) un mio emendamento al Regolamento Generale, finalizzato ad ottenere la pubblicazione in tempo reale di tutti i verbali, delle delibere del Comitato dei Delegati (e per sunto di quelle del CdA). Nonché di consentire la diretta streaming del Comitato dei Delegati, soprattutto per le sedute più rilevanti. Sarebbe poi opportuno sapere chi siano i Consiglieri di Amministrazione, se hanno conflitti di interesse, se e quali siano le loro dichiarazioni dei redditi (loro e dei familiari più stretti), immediatamente prima e durante il mandato. Questo è il percorso verso la trasparenza. Occorre dunque impegnarsi, all’interno e soprattutto all’esterno, perché tutto ciò avvenga.

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