I VIDEOGIOCHI VIOLENTI. IL PILOTA AUTOMATICO

23 Marzo, 2018 | Autore : |

Pubblichiamo da parte del nostro socio Alfredo Granata, un interessante articolo su una tematica di stretta attualità. 

 

Prima di parlare di questo argomento è opportuno fare una digressione sull’addestramento militare e sulla risposta automatica dell’operatore ad una minaccia. La regola base dell’addestramento moderno è molto semplice: ciò che si assimila in addestramento riemerge in combattimento. L’evoluzione dell’addestramento militare nasce da una semplice considerazione, se un operatore è addestrato a sparare a sagome anonime, viene di fatto condizionato a sparare a chiunque si trovi davanti all’improvviso e, di contro, potrebbe esitare dinanzi ad un avversario pericoloso, semplicemente perché i bersagli su cui erano addestrati non avevano caratteristiche reali. L’introduzione dei bersagli fotorealistici ha migliorato esponenzialmente l’addestramento, per cui se dinanzi all’allievo compare un bersaglio con cellulare e portafogli questo non spara, viceversa l’allievo reagisce ad una figura realistica che impugna una pistola ed automaticamente spara: pistola-spara, cellulare-non sparare. Il principio è, dunque, semplice insegnare all’allievo ad eseguire una certa azione mirata alla sopravvivenza in maniera automatica, senza pensare; si tratta, cioè, di allenare la cosiddetta memoria muscolare. L’evoluzione dei metodi di insegnamento, passati attraverso grossolani errori, che creavano quelle che gli istruttori chiamano cicatrici addestrative o anche cattiva memoria muscolare, che hanno creato non pochi morti e feriti tra gli operatori della sicurezza, ha portato ad utilizzare metodi di addestramento sempre più realistici necessari, soprattutto, per superare la atavica riluttanza ad uccidere, innata o appresa che sia. I primi studi in questo campo furono effettuati dal Generale Marshall che mise in evidenza come durante la II Guerra Mondiale solo 15/20 per cento dei soldati sparava volontariamente ad un nemico esposto individuandone la causa nei bersagli poco realistici, queste deduzioni portarono ad una continua evoluzione delle sagome e successivamente dagli anni 90 in poi all’utilizzo di simulatori. Il principio fondamentale è, pertanto, la fedeltà del simulatore ed il suo grado di realismo, maggiore è la fedeltà ed il realismo maggiori saranno le abilità apprese. E’ lo stesso principio applicato per l’addestramento dei piloti grazie all’uso di simulatori sempre più perfezionati e con un altissimo grado di realismo. In altri termini, militari, corpi speciali e piloti vengono addestrati, per creare l’automatismo azione-reazione con nient’altro che dei VIDEOGIOCHI.

 

 

Questo in estrema sintesi la premessa necessaria per capire il problema. I videogiochi violenti esistono oramai da anni e chiunque può facilmente verificare, semplicemente prendendo la Play Station o Xbox dei propri figli, l’estremo realismo e perfezione di questi giochi. In un videogioco violento un ragazzino non spara a bersagli di tiro a segno o a sagome abbozzate, spara a bersagli ultrarealistici, uomini, donne, bambini rappresentati con il massimo grado di realismo. E’ proprio la spasmodica ricerca del realismo, sostanzialmente, che fa vendere i videogiochi, siano essi relativi al calcio o, appunto, a giochi violenti. I videogiochi moderni, quindi, sono sostanzialmente diversi da quelli della nostra infanzia, che erano la preistoria. In quelli moderni i personaggi sono incredibilmente reali nella loro rappresentazione, nel modo di sanguinare, di soffrire, di contorcersi, di piangere, di supplicare e di morire, e tutto questo avviene davanti agli occhi di bambini ed adolescenti dalla mente impressionabile ed alla ricerca di emozioni forti. Ma cosa accade a differenza del gioco reale, dove se per caso ci si fa male il gioco si interrompe, è che qui, nei videogiochi il giocatore può sparare, spaccare la testa, accoltellare ma non finisce nei guai, anzi fa punti e vince, un sistema di gioco patologico e disfunzionale.
Nel 2000 fu depositata presso il Congresso Americano una relazione delle principali associazioni americane di medici, psicologi, pediatri, psichiatri infantili cui si faceva riferimento a più di 1000 studi che evidenziavano in modo oggettivo e schiacciante la relazione causale tra la violenza dei media e i comportamenti aggressivi di molti bambini e che l’impatto dei media elettronici interattivi era notevolmente maggiore di quello della televisione, del cinema e della musica. Per capire il problema basta ricordare che i videogiochi violenti sono simulatori di omicidio e che gli stessi videogiochi vengono utilizzati dalle forze dell’ordine e dai militari per l’addestramento. Esempio calzante era un gioco della Nintendo molto comune negli USA, Duck Hunt, ebbene tale gioco era talmente valido e realistico che fu acquistato dall’Esercito Usa che sostituì le pistole di plastica con M16 e le anatre con figure umane e lo utilizzò per addestrare le truppe, anche il gioco fu rinominato in MACS, ma per i militari rimase il gioco Nintendo. Ma vi è di più. I videogiochi violenti non sono solo simulatori di omicidio, sono simulatori di omicidio di massa. Ogni persona uccisa un punto e così via e, nel momento in cui l’adolescente decide di varcare la soglia labile, evanescente ed invisibile tra la simulazione ed il reale, ogni volta che spara è un punto: una donna un punto, un compagno di scuola un punto, e così via, vittima dopo vittima. Alcuni esempi. Nel cecchino della tangenziale, in Usa, fu accertato che i due assassini, si erano addestrati su simulatori sniper per desensibilizzarsi e prepararsi mentalmente. Ogni tiratore conosce l’allenamento a secco o quello più avanzato con il sistema laser con feedback per cui, senza proiettili, ogni volta che si preme il grilletto viene emesso un raggio laser che colpisce il bersaglio. Altro esempio. Nella strage di Paducach, in Kentuky, un adolescente sparò su un gruppo nell’atrio di una scuola, otto centri su otto, le vittime furono tutte colpite in testa o alla parte alta del tronco. Una straordinaria precisione di fuoco per un ragazzino che non aveva mai sparato e si era addestrato ai videogiochi. Per capire meglio basta pensare che secondo le statistiche della Polizia in Usa, nei conflitti a fuoco la media di precisione e dei colpi a segno non supera il 50 per cento.
Non occorre ricordare tutte le stragi commesse da adolescenti nelle quali le costanti comuni sono one shot one kill, tipica dei videogiochi, e l’incredibile tasso di colpi andati a segno, assolutamente straordinario e riscontrabile solo nei corpi scelti più addestrati. Una ulteriore testimonianza viene anche da chi ha contestato queste tesi, un psicologo canadese autore di una ricerca pagata dalle major Hollywood che, nonostante tutto, non si è azzardato a sostenere l’assoluta ininfluenza dei media elettronici interattivi. E’ lo stesso Freedman ad affermare : se entrate in una sala giochi, c’è poco da dire, impugnate una pistola e vi esercitate a tirare. L’allenamento in un poligono di tiro migliora la vostra abilità. Perché non dovrebbe essere lo stesso?.

 

 

Ora uno studio condotto da Yang Wang, dell’Indiana University School of Medicine di Indianapolis, ha trovato che già dopo una settimana di gioco con videogames violenti si possono osservare cambiamenti in regioni del cervello associate con la funzione cognitiva e di controllo del comportamento.
“Per la prima volta abbiamo trovato che un campione casuale di persone mostrava una minore attivazione in alcune regioni frontali del cervello dopo aver giocato a casa per una settimana con videogiochi violenti”, ha detto Yang Wang, che ha presentato lo studio al convegno annuale della Radiological Society of North America (RSNA). “Queste regioni cerebrali sono importanti per il controllo delle emozioni e del comportamento aggressivo”.
Alla Michigan State University un altro studio ha dimostrato che i videogiochi violenti possono condurre a schemi di attività cerebrale che possono essere caratteristici del pensiero aggressivo. In uno studio con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) soggetti maschi sono stati osservati mentre giocavano con un videogame violento dell’ultima generazione (uno sparatutto soggettivo in prima persona). La partita di ciascun partecipante è stata registrata e il suo contenuto è stato analizzato frame per frame. “C’è un legame causale – spiega il ricercatore René Weber – fra il tipo di gioco e lo schema di attività cerebrale osservato, caratteristico della cognizione aggressiva. Abbiamo determinato un legame neurologico e una relazione di causa ed effetto a breve termine”.
In sostanza tutti gli studi confermano che il cervello dei giocatori di videogiochi violenti divenza meno sensibile alla violenza e più propenso all’aggressività, se a ciò aggiungiamo che il videogioco o la realtà virtuale viene utilizzata come simulatore per addestrare i corpi scelti, militari o forze dell’ordine, la miscela potrebbe essere esplosiva.
Oggi questo fenomeno non è più limitato agli Usa, l’addestramento tramite videogioco è stato accertato, ad esempio, anche nella strage di Erfurt, in Germania, dove un adolescente uccise 17 persone.
Questo non significa demonizzare o essere contro i vieogiochi violenti, lo scrivente non lo è, nel mondo milioni di adolescenti si addestrano ogni giorno con videogiochi violenti e, fortunatamente, solo pochi di loro applicano le abilità apprese per commettere crimini orrendi. Questo significa semplicemente che dobbiamo tenere in conto queste possibili alterazioni neurologiche che unite ad un addestramento tipico dei corpi speciali potrebbe degenerare e creare dei killer perfetti. Questo significa che dobbiamo sorvegliare i nostri adolescenti, cogliere tutti i segnali di ogni piccolo disagio, perchè la miscela potrebbe essere esplosiva.

 

Avv. Alfredo Granata

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