POKER E FISCO: “TORNEI ALL’ESTERO, TASSARE IL REDDITO E NON LE VINCITE”

20 Ottobre, 2016 | Autore : |

Intervista all’Avv. Salvatore Lucignano realizzata da Cesare Antonini.

 

“A nostro parere la tassazione delle vincite ottenute dai giocatori italiani in tornei di poker live giocati all’estero è palesemente illegittima ed è operata sulla base di normative interpretate in modo ingiusto, al solo scopo di vessare i cittadini. Soprattutto per l’aspetto fondamentale che riguarda l’equiparazione illegittima della vincita all’estero al reddito”. E’ il parere di Salvatore Lucignano dello studio legale Palma-Lucignano che sembra aggiungere un punto di vista nuovo e innovativo ad una vicenda che ha colpito duramente una categoria di cittadini italiani penalizzati oltremodo dal Fisco. Tuttavia, Lucignano fa una premessa importante: “In materia non esistono punti fermi ed io mi sentirei a disagio nel commentare pronunce prive di valore nomofilattico o pareri e raccomandazioni dell’Agenzia delle Entrate che, per il ruolo di parte assunto nel contenzioso che vorremmo analizzare, è sicuramente un soggetto inidoneo a fornire valutazioni giuridiche attendibili ed eque”.

EQUIPARAZIONE ILLEGITTIMA – Ma c’è un aspetto fondamentale del problema che merita di essere analizzato e sottoposto all’attenzione del settore: “Ho rintracciato un vero nodo giuridico della vicenda: l’equiparazione illegittima della vincita all’estero al reddito. Orbene, senza tediare con inutili tecnicismi, il reddito è considerato dal nostro ordinamento un flusso, cioè una variazione di ricchezza del soggetto nel periodo di imposta di riferimento. Ciò significa che la vincita maturata in un torneo di poker non è un reddito, ma è parte di un reddito, ovvero concorre a stabilire se il giocatore, alla fine dell’anno di imposta, abbia aumentato o diminuito la sua ricchezza. Con la tassazione della mera vincita e con la sua equiparazione al reddito, senza considerare il saldo tra somme vinte e perse e tra somme vinte e spese sostenute per ottenere tali vittorie, la vincita cessa di essere intesa quale parte di un flusso e le variazioni reali di ricchezza del soggetto non vengono in alcun modo considerate, creando un artificio che si commenta da solo”.

GIOCATORE HA GIA’ PAGATO – Ma pare ci sia di più: “In materia di lotterie la legge italiana prevede la tassazione all’origine delle somme vinte partecipando a tali eventi (a cui un torneo di poker va per forza assimilato, ai sensi dell’art. 6 del Testo Unico delle imposte sui redditi) – spiega Lucignano – e questo aggrava l’atteggiamento dello Stato, che tassa il premio derivante dal singolo torneo, incurante dell’obbligo di tassare unicamente l’importo versato all’atto dell’iscrizione al torneo stesso. Con questa pratica infatti, lo Stato italiano sottopone il giocatore una doppia imposta: da un lato quella già pagata all’iscrizione del torneo, che andrà a coprire le pretese fiscali del soggetto straniero ospitante l’evento, dall’altro, incurante che il giocatore abbia già pagato la sua ‘tassa’, usando l’escamotage per cui tale tassa non viene girata all’erario italiano, gli impone un nuovo prelievo, trattando la vincita come reddito tout court e contraddicendo la sua stessa legge che parla di un obbligo di tassazione da operare alla fonte per tali forme di vincita, quando maturate in Italia”.

INGIUSTIZIA EVIDENTE – Secondo Lucignano sarebbe evidente l’ingiustizia, l’illegittimità, l’assurdità di questa pratica fiscale: “Si pensi solo alle disparità enormi e del tutto incostituzionali, oltre che in contrasto con i più elementari principi di libera circolazione vigenti nell’Unione Europea, a cui vengono sottoposti i partecipanti ad eventi svolti fuori dai confini italiani. Si pensi a quanto sia credibile uno Stato che non tassa di un euro la vincita del giocatore che incassa un premio per un torneo di poker giocato in Italia, e tassa invece l’intera vincita del giocatore che vinca la medesima somma, nel medesimo evento, ma al di fuori dei confini nazionali, con l’aggravante di considerare tale vincita interamente reddito e non parte di esso, in violazione delle proprie stesse leggi che definiscono il reddito imponibile. Una vera follia, un’ingiustizia odiosa ed offensiva per il comune buon senso”.

 

 

 

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