Nella notte è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con decorrenza immediata, il D.L. 18/20 che consegna alla Storia la reazione del Governo italiano all’emergenza COVID19.
Senza dubbio il frangente è tale da dover ritenere comprensibile la rozzezza del provvedimento, ma non ne scusa le macroscopiche lacune.
Per quanto riguarda l’attività del comparto Giustizia, la norma prevede una serie di prescrizioni atte a governare il breve-medio periodo che, stando ai dati epidemiologici correnti, sembrano già bisognevoli di modifica.
Ciò che appare evidente è che alla gestione dell’emergenza si è arrivati con colpevole ritardo e che i soloni del partito della banale influenza dovranno rendere conto del proprio operato. Tra questi il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello del Tribunale di Napoli dal quale, ancora, i “dischi rotti” dell’Avvocatura attendono le scuse formali.
Analizziamo gli effetti del decreto sul comparto civile.
L’emergenza, come accennato, è governata con una doppia scansione temporale a copertura di un breve e di un medio periodo. Il breve periodo ricopre lo spazio temporale che va dal 9 marzo al 15 aprile (37 giorni, notazione utile allorquando si dovranno considerare le sospensioni dei termini previste), il medio periodo decorre dal 16 aprile al 30 giugno.
Nel periodo che va sino al 15 aprile 2020 sono sospese le udienze, che vanno rinviate a data successiva alla fine del detto periodo, così come è sospeso il decorso di ogni termine per il compimento di qualsiasi atto.
Se il termine già decorre, quindi, lo stesso è sospeso a far data dal 9 marzo mentre, laddove il termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, lo stesso comincerà il suo naturale decorso allo spirare dello stesso. I termini cd “a ritroso” che ricadano in tutto ovvero in parte nel periodo di sospensione l’udienza dovrà essere differita in maniera tale da consentire il rispetto dei termini previsti ex lege.
Per lo stesso periodo sono sospesi i termini per lo svolgimento di qualsiasi attività concernente i procedimenti ADR promossi entro il 9 marzo 2020.
Sospesa, inoltre, la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza nei casi in cui l’esercizio del diritto connesso possa essere esercitato solo attraverso la presentazione della domanda giudiziale.
In materia di diritto del lavoro il provvedimento governativo mostra evidenti lacune tecniche. Mentre è previsto il blocco delle procedure di licenziamento, nulla si dice in relazione ai termini di impugnazione del licenziamento stesso (atto prodromico alla procedura). Allo stato, quindi, si ritiene che il lavoratore ingiustamente licenziato soggiaccia all’obbligo di impugnare il licenziamento nei termini previsti ex lege.
Per le cause che subiscano rinvii nel periodo indicato, ai fini della Legge Pinto, non si terrà conto del periodo decorrente dalla data di rinvio e sino al 30 giugno.
Le disposizioni in tema di sospensione e differimento non si applicano in casi specifici riferiti alla sfera dei diritti c.d. “personalissimi”.
Negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, i depositi saranno possibili tassativamente attraverso la modalità telematica sino al 30 giugno 2020. Anche il pagamento del contributo unificato andranno assolti telematicamente.
La norma, condivisibile nell’intento, dovrebbe far riflettere gli interessati tutti alla necessità di implementazione del processo telematico in ogni ordine e grado di giurisdizione e giudizio. La paralisi della giustizia civile, che si ripete si prevede lunga, può essere superata solo attraverso un massiccio investimento nell’informatizzazione, riducendo al minimo le udienze innanzi il Giudicante, il tutto superando la ritrosia conservativa degli apparati che hanno osteggiato la transizione resa possibile dalla tecnologia verso un processo “detribunalizzato” (in primis magistrati e Ministero).
Il provvedimento in analisi mostra il fianco a critiche nella gestione del periodo che va dal 16 aprile al 30 giugno che dispone le misure organizzative atte ad evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e conseguenti contatti tra le persone.
Evidentemente il legislatore d’urgenza ha contezza degli studi scientifici che impongono di prolungare nel tempo le limitazioni della normale circolazione delle persone.
La gestione di detta fase è demandata ai capi degli uffici giudiziari sentita l’autorità sanitaria regionale ed il Consiglio dell’ordine degli Avvocati.
Tale soluzione si è già rivelata fallimentare e l’affair Riello lo ha dimostrato ampiamente. Affidarsi alla stessa metodologia sembra porre i destini della Giustizia nei Tribunali italiani alla Divina Provvidenza.
Sono dettate linee guida che il tavolo di concertazione dovrà seguire. Le stesse si sostanziano nella limitazione dell’accesso agli Uffici Giudiziari, la regolamentazione dell’accesso ai servizi su prenotazione, telefonica o telematica, l’adozione di misure antiassembramento, la celebrazione a porte chiuse delle udienze, la celebrazione da remoto delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, il rinvio a data successiva al 30 giugno 2020, lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti attraverso il deposito di note scritte telematiche.
È evidente come il ritorno all’attività corrente sia affidato a variabili ad oggi di improbabile applicazione e risolutive solo di una minima parte delle questioni demandate alla giurisdizione civile.
Si pensi, ad esempio, allo stato degli Uffici del Giudice di Pace che assorbono buona parte del contenzioso civile ordinario e che sono assolutamente sforniti dei presidi informatici necessari.
Si pensi alla difficoltà, finanche nei Tribunali, di garantire la celebrazione delle udienze attraverso collegamenti in videoconferenza attraverso i sistemi Team MSN e Skype Business ovvero a quei professionisti che ad oggi non sono attrezzati in tal senso. I tempi sono chiaramente ristretti.
Si rischia, alla fine, che dovrà optarsi per soluzioni antiassembramento che, a carichi di udienza invariati, non sono pensabili.
Ancora una volta l’Avvocatura è chiamata a tutelare da un canto il diritto al processo dei cittadini e dall’altro il diritto alla salute della comunità e proprio in un contesto, quello dei Tribunali, che, con buona pace di tutti i Riello, si sono dimostrati particolarmente sensibili al contagio da COVID 19.