AVVOCATI MINACCIATI DAI PROCEDIMENTI POLITICI

13 Giugno, 2017 | Autore : |
Lo studio del presente articolo darà diritto a due crediti formativi in materia obbligatoria.
Il Consiglio Nazionale Forense “dovrebbe” costituire una giurisdizione. Il condizionale è ovviamente doveroso, perché in realtà tale qualifica potrebbe legittimamente acquisirsi, in base ai criteri dettati dalla normativa europea di riferimento (art. 267 TFUE par. 30), solo laddove ricorrano i requisiti di indipendenza, di imparzialità e di terzietà che caratterizzano una giurisdizione.
 
Orbene, sono anni che denunciamo come la natura politica dell’Ordine Forense sia incompatibile con il suo ruolo di giudice della deontologia degli iscritti. 
La legge professionale forense non solo non ha risolto le commistioni tra azione politico/sindacale dell’Ordine e funzioni censorie/giurisdizionali, ma ha enormemente acuito i problemi, con la “fictio” di una deontologia di primo grado affidata ai Consigli Distrettuali di Disciplina.
Ovviamente la soluzione è incompatibile con la funzione politica rivendicata dall’Ordine, perché la nomina dei Giudici degli avvocati avviene dall’Ordine, sia per quanto riguarda il primo grado, che l’impugnazione delle sanzioni disciplinari. Infatti i membri dei Consigli Distrettuali di Disciplina sono nominati dai Consigli Circondariali, nonostante le norme parlino di “elezione”, sulla base di accordi e valutazioni di tipo politico/spartitorio.
Esattamente allo stesso modo vengono nominati i membri del Consiglio Nazionale Forense, sulla base di logiche politiche, essendo ormai prevalente la funzione politica del Consiglio rispetto a quella giurisdizionale, anche per le continue rivendicazioni di potestà e rappresentatività politica invocate ad ogni piè sospinto dall’Ordine e dalle sue articolazioni circondariali.
L’effetto combinato di questa situazione è ovviamente devastante per la credibilità dell’avvocatura italiana. Le commistioni, i conflitti di interesse, le possibilità di utilizzare la deontologia in modo arbitrario e di sviarne i fini, per intimidire gli avvocati portatori di una diversa visione politica rispetto alle istituzioni, sono la prassi vissuta da tutti coloro che tentano di riportare legalità e giustizia all’interno del sistema delle istituzioni forensi.
I Consigli dell’Ordine circondariali segnalano ai Consigli di disciplina le violazioni delle norme sulla continenza verbale o comportamentale dell’iscritto, sulla base non della astratta violazione delle norme deontologiche riscontrata, ma in base all’oggetto dei comportamenti dell’avvocato segnalato. Nulla accade, tanto per fare un esempio, se si insulta un Ministro della Repubblica, ma accade sempre più spesso che l’insulto rivolto al Consiglio o all’Ordine Forense venga attenzionato.
In realtà gli esposti disciplinari mossi dall’Ordine Forense, per condotte che abbiano ad oggetto le proprie articolazioni, siano esse di base o apicali, suonano come un sinistro e grottesco monito per chi ancora tenta di rappresentare l’avvocatura italiana come una categoria decorosa. Con gli esposti inviati dalle istituzioni forensi infatti, l’Ordine, che si ritiene offeso, giudica l’offensore. In aggiunta… è lo stesso Ordine che ricorda e rivendica la sua natura di soggetto politico di parte, inficiando ancora di più l’imparzialità del Giudice della deontologia.
Dalla natura politica e sindacale dell’Ordine Forense, che allo stesso tempo regola, giudica, censura, investe denaro in imprese editoriali, assume iniziative di piazza, manifesta, organizza liste per la partecipazione alle competizioni elettorali, nasce la profonda crisi morale e politica dell’avvocatura italiana.
L’attuale sistema, che vede nei Consigli Circondariali dei centri di potere politico autonomi l’uno dall’altro, ha portato ad una enorme mole di distorsioni e fenomeni corruttivi, che hanno minato ogni credibilità dell’Ordine stesso.
Le funzioni censorie e giurisdizionali sugli appartenenti all’Ordine possono essere svolte solo da soggetti del tutto estranei ad ogni attività politica di parte. I Consigli Distrettuali di Disciplina, nominati spesso da Organismi in prorogatio sine die, che svolgono e rivendicano attività politiche e sindacali, non sono giudici imparziali, né terzi.
La legge professionale forense, anche sotto questo aspetto, ha completamente fallito gli obiettivi che doveva perseguire. Si doveva rendere l’Ordine Forense scevro da ogni connotazione partigiana e sindacale, creando un sistema di incompatibilità e preclusioni rigido ed insormontabile ed invece, per consentire all’Ordine di comandare ogni aspetto della vita dell’avvocato, lo si è reso Signore e padrone dell’iscritto, comprimendo in modo illegale ogni libertà dell’avvocato ed assoggettandolo al potere illimitato delle istituzioni ordinistiche.
Avv. Salvatore Lucignano

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