AI: LA SCOMPARSA DELL’UOMO, LA SINGOLARITA’ E LA NASCITA DEGLI AVATAR.

4 Agosto, 2018 | Autore : |
Uscire dagli asfittici confini del dibattito italiano sulle figure che nei prossimi anni offriranno prestazioni legali ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Il vantaggio è che si comprende come l’avvocato umano sia ormai destinato alla scomparsa, a vivere una drammatica singolarità finale, che lo porterà in breve tempo ad essere sostituito dagli avatars. Lo svantaggio è che una certa sensazione di estraneità ad una classe che continua a non vedere, a non capire, a non voler far nulla per intervenire, mi lascia credere che persino lo studio e l’informazione sui processi in atto possa incidere pochissimo nelle nostre residue aspettative di vita professionale.
 
In Italia nel 2014 è entrata in vigore una legge che impone agli avvocati di conteggiare i “crediti formativi” per potersi dire “abili” all’esercizio della professione forense. In tutto il mondo civilizzato esistono già gli avatar che svolgono funzioni proprie dell’avvocato, operando senza che vi sia nemmeno una doverosa interfaccia umana. Pensare che un giurista italico debba trascorrere parte del proprio tempo nella penosa attività di “raccolta punti” imposta da un regolamento illegittimo, mentre il mondo, quello vero, supera l’avvocato umano alla velocità della luce, provoca in me una sorta di riso amaro.
Dare uno sguardo al sito www.smartsettle.com può essere uno degli esempi di questo scoramento, che coglie chiunque voglia aprirsi al futuro, o meglio, al presente della nostra professione.
Gli studi che analizzano le interazioni dei robot umanoidi con gli individui umani sono sempre più numerosi, sempre più dettagliati e mostrano il superamento dell’uomo, come approdo quasi inevitabile in una sterminata casistica di impieghi. I robot soldati, infermieri, avvocati, traduttori, non sono più una prospettiva ipotetica. Si tratta di realtà già attive, che imporrebbero una riflessione in chi ha immaginato che caricare l’avvocato umano di una serie enorme di vincoli potesse essere un modo di selezionare il merito. Si tratta di un’idea risibile, preistorica, che viene portata avanti da chi ci comanda, senza che nessuno, ma proprio nessuno di coloro che operano nelle dimensioni emergenti dei servizi legali ci creda più.
Per trovare saggi che analizzano la scomparsa dell’avvocato umano, tema che in Italia, all’interno della politica forense, ho praticamente sollevato solo io, basta andare oltre oceano, utilizzando il web, collegarsi al sito della School of law di Harvard, inserire la query “Artificial Intelligence” ed imbattersi in decine di lavori che trattano dell’evoluzione già compiutasi all’interno della nostra professione. Ne cito uno a caso, mostrando l’incipit del lavoro ed indicandone le caratteristiche:

Artificial Intelligence: Robots, Avatars and the Demise of the Human Mediator

Ohio State Journal on Dispute Resolution, Vol. 25, No. 1, 2010

60 Pages Posted: 26 Aug 2009 Last revised: 22 Jun 2014

David Allen Larson

Mitchell | Hamline School of Law

Date Written: February 26, 2010

 

Siamo nel 2010 e il saggio analizza la scomparsa del mediatore umano. Ripeto, non stiamo parlando di ridimensionamento, ma di scomparsa. Quando ho cominciato a parlare di civiltà degli avatar, riferendomi alla nascita di entità umanoidi, capaci di entrare in concorrenza sociale, economica, giuridica ed empatica con l’uomo, i colleghi in Italia mi guardavano come una sorta di bizzarro alieno, che si divertisse a scrivere di cose futuribili, ma di fatto estranee agli interessi della nostra categoria. Nel giro di un anno l’evoluzione della robotica applicata all’esercizio delle prestazioni legali ha assunto dimensioni mastodontiche. Gli investimenti in intelligenza artificiale applicata agli studi legali sono aumentati a dismisura, mentre sono sempre più numerosi gli studenti e i giuristi che si occupano di provare ad anticipare e definire i confini normativi dell’ormai ineliminabile interazione tra umani e umanoidi, che nei prossimi cinque o dieci anni dovranno convivere, in una società in cui i robot saranno entità autonome.

Visto lo scenario, sarebbe importante che la politica forense valorizzasse gli studi e i giuristi che operano nei settori più innovativi. Navigando all’interno del web mi sono imbattuto nel lavoro della  European Association for Neuroscience and Law (EANL)  e dell’ European Center for Law, Science and New Technologies. Si tratta di centri di ricerca che, a dispetto dei nomi inglesi, sono retti da studiosi italiani e fanno riferimento ad università italiane (Università di Pavia, per quel che riguarda l’European Center). Si tratta di avanguardie che sviluppano importanti attività di ricerca nel campo della robotica e del diritto. Non mi risulta che un solo avvocato italiano che faccia politica forense abbia mai citato un lavoro di questi centri, o si sia premurato di mostrare ai nostri colleghi l’importanza, ormai imprescindibile, degli studi che si rivolgono alle interazioni tra robotica e diritto. Ovviamente ho fatto solo qualche esempio, potrei far riferimento a molte altre figure italiane impegnate con profitto nello studio di queste tematiche e tutte risulterebbero più o meno estranee al dibattito politico forense che si svolge nelle nostre istituzioni. Questo ci dà la misura dell’arretratezza culturale della nostra politica forense. Se il dibattito è arretrato, lo saranno inevitabilmente anche le soluzioni ai problemi che viviamo.

 

Insomma, nonostante a qualcuno io sia apparso una sorta di freak, le cose di cui ho scritto e di cui continuo  a scrivere, lungi dall’essere bizzarre, bislacche, distanti, sono il cuore di ciò che sta accadendo e di ciò che ci accadrà. La regolamentazione della convivenza tra umani e robot, la ridefinizione di istituti pensati in un mondo superato dall’evoluzione tecnologica, l’ambizione al primato delle scienze e dei valori umani sulla tecnica, dovrebbero rappresentare il campo privilegiato di impegno e di attività delle nostre menti migliori.

I fenomeni che a partire dagli anni ’80 hanno portato alla massificazione e proletarizzazione dell’avvocatura sono stati ignorati dalle istituzioni forensi, esattamente come oggi vengono ignorati i processi di automazione e disumanizzazione che stanno per estromettere decine di migliaia di avvocati italiani da ogni operatività possibile.

Scrivere di questi temi, parlarne, provare a portarli all’attenzione dei colleghi, viene spesso considerata una forma di trastullo, un passatempo per sfaccendati. Fino a quando questa sarà la mentalità dominante, non illudiamoci di affrontare la scomparsa dell’avvocato umano in modo efficiente. Se negli ambienti più avanzati che osservano le evoluzioni giuridiche si comincia apertamente a parlare di scomparsa, se si utilizzano termini e concetti dal preciso significato, quali “estinzione”, “singolarità”, che rimandano ad eventi catastrofici per gli attuali livelli occupazionali, non possiamo credere che i tanti studiosi che lo fanno siano solo dei simpatici burloni.

 

Avv. Salvatore Lucignano

 

 

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