ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE?

10 Aprile, 2017 | Autore : |

Riceviamo e volentieri pubblichiamo dalla collega Anna Cuomo, che ha chiesto a Nuova Avvocatura Democratica di ospitare le sue riflessioni. Grazie alla collega per il suo contributo. 

 

 

Profitto dello spazio offertomi da NAD per riferire di  un caso concreto  – del quale mi occupo, ovviamente per motivi professionali – che si presta alle considerazioni di carattere generale che esporrò dopo.

Innanzi tutto, la vicenda “sostanziale” del mio assistito; quella di un avvocato, fino all’anno scorso iscritto al COA di Napoli, al quale il suo principale cliente (la seconda società italiana per fatturato), a partire dal 2008, cominciò sistematicamente e maliziosamente a ritardare il pagamento dei compensi pacificamente dovutigli, approfittando poi in vari modi  dell’alterato equilibrio di forza contrattuale delle parti, che essa stessa aveva pesantemente contribuito a causare. Un caso, quello del mio assistito, non isolato, in quanto tutti gli elementi in mio possesso confermano che esso costituisca solo un episodio di una generalizzata pratica della società segnalata, la quale dal 2008 ha oggettivamente “trasferito” sui soggetti più deboli il peso della crisi di liquidità, alterando in tal modo anche gli originari equilibri di forza contrattuale all’interno dei rapporti tra avvocato e committente e conseguendo così un indebito vantaggio non solo di natura finanziaria. Non si può dimenticare, infatti, che i fatti in questione riguardino un periodo in cui – a seguito delle  liberalizzazioni che nel  luglio 2006  avevano abolito i minimi tariffari  – la determinazione dei compensi ai professionisti passò all’autonomia privata.

Altrettanto prevedibile e ordinario è stato finora lo sviluppo della iniziativa giudiziaria intrapresa a tutela del mio assistito, per ottenere il pagamento dei compensi ancora dovuti  e del risarcimento dei danni. Il giudizio, da me instaurato, presso il Tribunale di Napoli con citazione notificata nel settembre 2015, segue tranquillamente il suo corso. Né potrebbe essere altrimenti, tenuto conto anche del fatto che l’avvocato creditore  – per fornire la necessaria prova del puntuale svolgimento del mandato e, quindi, del proprio credito – è costretto a depositare una quantità enorme di documenti, e quindi alla formazione di un fascicolo “monstre”, che contribuisce a ritardare l’iter del giudizio. È superfluo, infine, rilevare che controparte è ben consapevole che tale situazione “processuale” accresce la propria posizione di rilevante forza sul piano “sostanziale”.

È invece alquanto inusuale l’ulteriore “iniziativa” da me adottata, che è consistita nella segnalazione di abuso di posizione dominante da parte della società debitrice, da me depositata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il 6 marzo scorso.

Mi sono determinata a tanto anche perché avevo appreso della rinnovata attenzione del CNF  ad assicurare le condizioni materiali necessarie per un’effettiva indipendenza dell’Avvocatura; mi riferisco,  fra le tante, alle notizie pubblicate qui (http://www.consiglionazionaleforense.it/equo-compenso), qui (http://ildubbio.news/ildubbio/2017/01/18/antitrust-cnf-la-svolta-professioni-mercato/) e qui (http://ildubbio.news/ildubbio/2017/01/18/antitrust-cnf-la-svolta-professioni-mercato/).

Conseguentemente, ho inviato copia della predetta segnalazione (con una nota breve nota esplicativa) al CNF e, per conoscenza, sia al COA che alle più rappresentative associazioni forensi aventi sede presso il Tribunale di Napoli.

Fino ad oggi, tale mia iniziativa non ha ottenuto una sola parola, di critica o di solidarietà, dai predetti soggetti.

Una volta esposti i fatti passo alle annunciate considerazioni.

Innanzi tutto, ribadisco la necessità che l’avvocatura riparta da un’intransigente difesa della legalità, perché questa è, già da sola, rivoluzionaria. Il fatto, poi,  che essa possa tutelarla direttamente sul piano giurisdizionale, ne fa uno strumento di grande efficacia nelle sue mani. Infatti, tutte le volte che la lesione dei diritti di un singolo avvocato coincide con un pregiudizio degli interessi collettivi, l’azione in giudizio individuale costituisce indirettamente anche una forma di tutela dell’intera categoria. In dette ipotesi, l’attiva solidarietà di quest’ultima è essenziale, affinché il singolo non desista dal difendere le proprie ragioni e lo faccia efficacemente; serve quindi pensare a forme e modalità con cui le associazioni forensi – se non i COA – possano fornire adeguato sostegno nei casi considerati.

Provo ora a collegare quanto appena detto con l’iniziativa politica di NAD e, in particolare, con le tesi espresse dall’avvocato Lucignano  nel suo articolo pubblicato qui https://www.nuovaavvocaturademocratica.org/politica-e-attualita/nellavvocatura-italiana-corso-guerra-civile/

A quanto esposto in tale articolo, che naturalmente trovo pienamente condivisibile, aggiungo solo che le alleanze possono costruirsi e crescere solo su battaglie concrete e quello della legalità mi pare il tema ideale da cui partire. Non solo perché è quello su cui più facilmente si può trovare un’intesa con  l’“avvocatura libera”, ma anche perché esso consente di individuare chi possa definirsi veramente tale e chi invece debbano essere considerati gli “istituzionalizzati italiani”.

Il che, non è poco. Infatti,  – sosteneva Orwell – nel tempo dell’inganno universale la verità è un atto rivoluzionario.

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