Una battaglia giusta: deducibilità dell’onere di riscatto anche per i forfettari

6 Luglio, 2025 | Autore : |

A firma del Direttivo Nazionale di Nuova Avvocatura Democratica
Il sistema fiscale italiano presenta oggi una delle sue contraddizioni più evidenti e ingiuste nella disciplina del regime forfettario per i professionisti. La normativa vigente, che impedisce ai soggetti in regime forfettario di dedurre l’onere del riscatto previdenziale dal reddito, configura una discriminazione che viola i principi fondamentali della nostra Costituzione e contrasta con i valori europei di equità e non discriminazione.
Una Discriminazione Inaccettabile
La disciplina del regime forfettario, introdotta con l’intento di semplificare gli adempimenti fiscali per i professionisti con redditi più contenuti, si è trasformata, per alcuni aspetti, in una trappola che penalizza proprio coloro che dovrebbe agevolare. Mentre i professionisti in regime ordinario possono dedurre integralmente i contributi previdenziali versati per il riscatto ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e) del TUIR, chi opta per il regime forfettario si vede negata questa possibilità.
Questa disparità di trattamento colpisce in modo particolare i giovani professionisti, spesso costretti ad aderire al regime forfettario per i primi anni di attività a causa dei redditi contenuti, proprio nel momento in cui più frequentemente si ricorre al riscatto per costruire una posizione previdenziale adeguata. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che i contributi per il riscatto sono deducibili quando versati in ottemperanza a disposizioni di legge, ma questa tutela viene negata ai professionisti in regime forfettario.
L’Irragionevole Contraddizione del Sistema
Il paradosso più evidente della normativa attuale risiede nella sua intrinseca contraddittorietà: i professionisti in regime forfettario possono dedurre i contributi previdenziali soggettivi ordinari, ma non possono dedurre i contributi per il riscatto previdenziale, che hanno identica natura giuridica di contribuzione soggettiva. Questa distinzione non trova alcuna giustificazione razionale né costituzionale.
Il riscatto previdenziale, infatti, non è altro che una forma di contribuzione soggettiva volontaria che consente di valorizzare ai fini pensionistici periodi altrimenti non coperti da contribuzione obbligatoria. Come chiarito dalla Corte Costituzionale, il riscatto “ha come unico effetto quello di incrementare l’anzianità contributiva utile a fini pensionistici”, configurandosi come una contribuzione previdenziale a tutti gli effetti.
Se il legislatore ha ritenuto opportuno consentire la deducibilità dei contributi previdenziali soggettivi ordinari anche nel regime forfettario, riconoscendo implicitamente che tali oneri riducono la capacità contributiva del soggetto, non si comprende per quale ragione la stessa logica non debba applicarsi ai contributi per il riscatto previdenziale, che perseguono identiche finalità e hanno medesima natura giuridica.
Violazione dell’Articolo 3 della Costituzione
L’articolo 3 della Costituzione sancisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Il secondo comma impone alla Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
La normativa sul regime forfettario, sotto l’aspetto descritto, viola palesemente questo principio fondamentale, creando una discriminazione basata sulla scelta del regime fiscale che si traduce in una disparità di trattamento previdenziale. Due professionisti con identico reddito e identiche esigenze previdenziali si trovano in condizioni radicalmente diverse: uno può dedurre integralmente i contributi per il riscatto, l’altro no, solo in base al regime fiscale prescelto.
Come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, “la violazione del principio di eguaglianza sussiste qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso”. Nel caso in esame, la situazione è perfettamente omogenea: si tratta di professionisti che versano contributi previdenziali soggettivi, ma il trattamento fiscale è ingiustificatamente diverso.
Questa discriminazione è ancora più grave se si considera che spesso la scelta del regime forfettario non è realmente libera, ma imposta dalle circostanze economiche, particolarmente per i giovani professionisti che si affacciano al mercato del lavoro. La normativa finisce così per penalizzare proprio coloro che si trovano in condizioni economiche più fragili, contraddicendo il mandato costituzionale di rimozione degli ostacoli economici e sociali.
Contrasto con l’Articolo 53 della Costituzione
L’articolo 53 della Costituzione stabilisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. La disciplina del regime forfettario, impedendo la deduzione dei contributi previdenziali per il riscatto, viola il principio della capacità contributiva poiché non tiene conto dell’effettiva disponibilità economica del contribuente.
Il riscatto previdenziale rappresenta un onere che riduce la capacità contributiva del soggetto, in quanto destinato a garantire una tutela previdenziale futura. Non consentirne la deduzione significa tassare una ricchezza che in realtà non esiste, violando il principio costituzionale che vuole l’imposizione commisurata alla reale capacità di contribuire alle spese pubbliche.
La contraddittorietà del sistema emerge con particolare evidenza se si considera che i contributi previdenziali soggettivi ordinari sono deducibili anche nel regime forfettario: se il legislatore ha riconosciuto che tali oneri riducono la capacità contributiva, la stessa logica deve necessariamente applicarsi ai contributi per il riscatto, che hanno identica natura e finalità.
Violazione dell’Articolo 38 della Costituzione
L’articolo 38 della Costituzione stabilisce che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” e che “ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”.
La normativa che impedisce la deducibilità del riscatto previdenziale per i professionisti in regime forfettario contrasta con questo principio fondamentale, creando un ostacolo all’accesso alla tutela previdenziale. Come evidenziato dalla Corte Costituzionale, le agevolazioni tributarie in materia previdenziale trovano “specifica giustificazione costituzionale in virtù della loro connessione con l’attuazione del sistema dell’art. 38, secondo comma, Cost.”.
Il riscatto previdenziale rappresenta uno strumento essenziale per garantire una tutela previdenziale adeguata, particolarmente importante per i professionisti che spesso iniziano la carriera in età più avanzata dopo il completamento degli studi universitari. Penalizzare fiscalmente questo strumento significa ostacolare l’attuazione del diritto costituzionale alla previdenza sociale.
Le Indicazioni della Normativa Europea
Il diritto europeo offre ulteriori elementi di riflessione critica sulla disciplina italiana. L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vieta qualsiasi discriminazione fondata su qualsiasi motivo, mentre l’articolo 15 garantisce la libertà professionale e il diritto di lavorare. La normativa italiana, creando disparità di trattamento tra professionisti in base al regime fiscale scelto, rischia di violare questi principi fondamentali.
Inoltre, la giurisprudenza europea ha più volte sottolineato l’importanza di garantire condizioni eque di accesso alle professioni e di evitare ostacoli discriminatori che possano limitare la libera prestazione di servizi. La disciplina del regime forfettario in relazione alla sue conseguenze sulla non deducibilità del riscatto, penalizzando i professionisti che vi aderiscono, può configurarsi come un ostacolo indiretto all’esercizio delle professioni intellettuali, in contrasto con i principi del mercato unico europeo.
Il principio di non discriminazione, sancito dall’articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, impone agli Stati membri di evitare qualsiasi forma di discriminazione basata sulla nazionalità, ma la giurisprudenza europea ha esteso questo principio anche alle discriminazioni indirette che possano ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali.
L’Impatto sui Giovani Professionisti
La discriminazione operata dalla normativa sul regime forfettario colpisce in modo particolare i giovani professionisti, categoria già penalizzata da un mercato del lavoro difficile e da redditi spesso inadeguati. Il sistema previdenziale delle professioni intellettuali presenta già criticità significative, con l’imposizione di contributi minimi anche per soggetti con redditi bassi o nulli.
In questo contesto, negare la deducibilità del riscatto previdenziale ai professionisti in regime forfettario significa aggiungere un ulteriore ostacolo alla costruzione di una posizione previdenziale adeguata, proprio per coloro che più ne avrebbero bisogno. Si tratta di una scelta politica che contraddice gli obiettivi di sostegno ai giovani professionisti e di promozione dell’accesso alle professioni intellettuali.
La giurisprudenza di merito ha riconosciuto che “il sistema previdenziale forense, informato ai principi della solidarietà e della sicurezza sociale”, deve garantire “un minimo adeguato alle esigenze di vita del lavoratore”. Questa garanzia viene compromessa quando si creano ostacoli fiscali all’accesso agli strumenti di tutela previdenziale.

La situazione descritta richiede un intervento legislativo urgente per eliminare questa ingiustificata discriminazione. È necessario modificare la normativa sul regime forfettario per consentire la deduzione dei contributi previdenziali, inclusi quelli per il riscatto degli anni di laurea, in coerenza con i principi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva.
La riforma dovrebbe prevedere che i contributi previdenziali versati dai professionisti in regime forfettario siano integralmente deducibili dal reddito, al pari di quanto avviene per i professionisti in regime ordinario. Solo così si potrà garantire un trattamento equo e costituzionalmente conforme, eliminando una discriminazione che oggi penalizza ingiustamente migliaia di professionisti.
L’intervento normativo dovrebbe inoltre chiarire definitivamente che tutti i contributi previdenziali soggettivi, compresi quelli per il riscatto, hanno identica natura giuridica e devono ricevere il medesimo trattamento fiscale, indipendentemente dal regime fiscale adottato dal contribuente.
Conclusioni
La disciplina del regime forfettario che impedisce la deduzione del riscatto previdenziale rappresenta una delle pagine più buie del nostro sistema fiscale, una discriminazione che viola i principi fondamentali della Costituzione e contrasta con i valori europei di equità e non discriminazione. Come Nuova Avvocatura Democratica, denunciamo con forza questa ingiustizia e chiediamo al legislatore un intervento immediato per ripristinare condizioni di parità tra tutti i professionisti.
L’irragionevolezza del sistema emerge con particolare evidenza dalla contraddizione intrinseca della normativa: se i contributi previdenziali soggettivi ordinari sono deducibili anche nel regime forfettario, non si comprende per quale ragione i contributi per il riscatto previdenziale, che hanno identica natura di contribuzione soggettiva, debbano ricevere un trattamento fiscale diverso e penalizzante.
Non possiamo accettare che la scelta di un regime fiscale agevolato si trasformi in una penalizzazione previdenziale, soprattutto quando questa colpisce i giovani professionisti che rappresentano il futuro delle nostre professioni. È tempo di restituire dignità e equità al sistema, eliminando discriminazioni che non hanno alcuna giustificazione costituzionale o sociale.
La giustizia fiscale e previdenziale non può essere un privilegio riservato a pochi, ma deve essere un diritto garantito a tutti i cittadini, in coerenza con i principi fondamentali della nostra Costituzione e con i valori dell’Unione europea. Solo così potremo costruire un sistema veramente equo e rispettoso della dignità di ogni professionista, che riconosca il valore della contribuzione previdenziale indipendentemente dalle modalità di determinazione del reddito imponibile.

CERCA