VERSO CATANIA 2018. TROPPI AVVOCATI… NELLE ISTITUZIONI.

27 Giugno, 2018 | Autore : |

 

Facciamo fatica ad accettare che il governo delle masse si regga sul loro controllo. Nel vivere quotidiano dimentichiamo che le funzioni che richiamano all’ordine, proprie ad esempio del nostro Ordine, non sono positivamente orientate per natura, ma si indirizzano verso il bene o il male a seconda di come noi usiamo gli strumenti costruiti per garantire la stabilità di quella massa chiamata “avvocatura italiana”.
Nei mesi scorsi abbiamo spesso parlato di “istituzionalizzazione forense”. Ebbene, la supina ed acritica accettazione di uno stato di governo e controllo, in vigore all’interno dell’avvocatura italiana, è uno dei successi dell’istituzionalizzazione. Alcuni di voi ricorderanno le sequenze finali di “Arancia Meccanica”, capolavoro di Stanley Kubrick. I compari di Alex si arruolano in polizia, la violenza si è istituzionalizzata. Gli avvocati italiani hanno il terrore di mettere in discussione che ciò che richiama all’Ordine sia buono e bello. L’identificazione tra potere e verità, tra istituzione e giustizia, è uno dei capisaldi della deformazione culturale che si accompagna all’inesistenza di una coscienza politica di classe.

La gran parte di voi è intimamente, naturalmente ed acriticamente convinta che l’Ordine sia buono, bello, decoroso. Nemmeno vi domandate “perché”. Questa è una domanda che vi imporrebbe di costruirvi un armamentario di strumenti critici e dunque rinunciate a farlo. Già, siete troppo impegnati nelle udienze, nelle scadenze, nelle note, nelle rincorse a clienti che non pagano, o non pagano puntualmente. In una definizione sola: siete avvocati “diminuiti”, impiegati dell’avvocatura, sopravviventi, abitudinari, distanti anni luce dalla comprensione dei meccanismi che vi controllano, intenti a raccontarvi che no, non vi stanno affatto”controllando”, ma governando.

E’ falso. Siete “controllati”, molto più di quanto siate governati. Intendiamoci, il 90 % di voi non può definirsi tecnicamente “complice” di questo regime. Non siete stati programmati per andare oltre, non ne avvertite il bisogno, svolgete il mestiere dell’avvocato e siete convinti che per farlo, e magari farlo bene, “benissime” ed “ottime”, non serva affatto occuparsi dei meccanismi di controllo che l’istituzionalizzazione ha costruito per voi. Meccanismi nei quali vi ha imprigionato, imbrigliato, rubato l’anima e il futuro.

Ci hanno convinto che il pensiero politico autonomo sia un vezzo da sfaccendati. Vi hanno drogato il cervello con una serie di dogmi che non avete mai messo in discussione. Vi hanno ricattato, urlandovi che se aveste messo in discussione tali dogmi vi sarebbero capitate cose orribili. Crediti formativi, continuità professionale, contributi minimi slegati dal reddito e tanto altro. Vi hanno fatto accettare di tutto, sventolandovi sul muso gli spauracchi della deontologia di regime, minacciando di rubarvi il lavoro, addirittura di privarvi del titolo.

E voi? A Rimini, due anni fa, fui sprezzante verso buona parte di voi. Vi dissi che vi limitavate a fare i paperi: “qua, qua, qua”. La cosa non vi piacque. Si sa, l’avvocato non vota per il politico che lo difende e gli apre gli occhi, pur dicendogli cose urticanti, pur risultando brutale, nella sua onestà. L’avvocato ama chi gli sorride, chi gli dice quanto lo commuovano i suoi sacrifici, quanto sia intimamente toccato dalla sua profonda nobiltà d’animo.

Vi hanno fatto anche questo. Vi hanno reso immuni alla ragione critica ed ultrasensibili alla lusinga. E voi? Ve lo siete fatti fare. “Qua, qua, qua”.

La moltitudine di “cosi” che sono “qualcosa” nelle istituzioni forensi serve a rendere tutti i “cosi” indistinguibili gli uni dagli altri. Ne vogliono molti, ne hanno voluti tantissimi, perché persi in una tale moltitudine, vi passasse la voglia di giudicare, di scegliere, di individuare la bestia fuori dal gregge. Guardate le due foto che ho utilizzato per illustrarvi il concetto. Sono identiche, salvo che per un dettaglio. Nella seconda si coglie un’identità, mentre nella prima c’è solo un gregge.

Cercate identità nel gregge. Cercate di essere voi l’identità che sfugge al gregge. Non accettate supinamente di essere controllati e non governati dal gregge.

 

Avv. Salvatore Lucignano

Segretario Nazionale NAD

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