IN CLARIS NON FIT INTERPRETATIO, della Sezione di Torre Annunziata di Nuova Avvocatura Democratica

19 Febbraio, 2019 | Autore : |

In riscontro alla nota del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata del 14.02.2019, l’associazione NAD reputa opportuno osservare quanto segue.

La legge n. 113/2017 limita a due i mandati consecutivi da potersi espletare quale Consigliere del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati: su ciò pare esserci unanimità di vedute.

Afferma tuttavia il Consiglio dell’Ordine che la norma è stata sempre ritenuta pacificamente rivolta a disporre solo per il futuro.

In merito si osserva che per quanto sia ovvio che disciplini le competizioni elettorali a svolgersi dall’entrata in vigore in poi, non consta l’esistenza di norme intertemporali per l’applicazione dei requisiti di candidabilità/eleggibilità. Dunque, in assenza di normativa ad hoc, ricorrendo ai principi costituzionali ed ai principi generali dell’ordinamento, nell’ambito del diritto civile ed amministrativo, non sussiste alcun principio di irretroattività, (arg. a contrario ex artt. 25 co. 2 Cost. e 7 CEDU), ammesso che di irretroattività si tratti.

In tale contesto, inoltre, l’intervento delle Sezioni Unite, con riferimento alle elezioni del COA di Caltagirone, non può stigmatizzarsi quale inaspettato ovvero temporalmente inappropriato, come ad avviso del COA di Torre Annunziata, bensì necessitato semplicemente dalla mancata applicazione della prefata normativa. Ed anzi proprio non potendo intervenire quale amicus curiae ovvero nell’interesse della legge, immanenti il principio della domanda e la necessaria sussistenza dell’interesse ad agire per poter promuovere l’azione, pare giuridicamente ovvio, rectius necessario e conforme ai requisiti e condizioni che governano l’azione processualistica, che la Corte intervenga nel mentre delle elezioni ed ad istanza di parte. E che la Suprema Corte intervenga a Sezioni Unite per competenza funzionale e non per l’esistenza di un contrasto interpretativo, non sminuisce il valore della pronuncia, laddove la competenza funzionale si fonda su ragioni di maggiore tutela della materia trattata e maggiore idoneità dell’organo cui è attribuita ed all’uopo ne è sancita l’inderogabilità.

Che poi parte della dottrina, o più correttamente una singola ed isolata voce di essa, non concordi sull’interpretazione fornita, fa parte della democrazia di appartenenza. In ogni caso, proprio perché singola voce, non pare che possa integrare “univocità” di dottrina.

Ed anzi è dato constatare che la questione di diritto intertemporale di norme recanti limiti all’elettorato passivo è stato più volte affrontato nel nostro ordinamento con esiti conformi all’attuale pronuncia della Suprema Corte. Così di recente con la legge n. 190/2012, cd. Legge Severino, ove la possibilità di immediata ed incondizionata applicazione della disciplina, relativa alla perdita dei requisiti di candidabilità e/o mantenimento della carica, ha avuto anche l’avallo della Corte Costituzionale, in un contesto in cui, occorre precisare, la qualificazione giuridica della misura, i.e. la natura di pena e/o sanzione, (da cui gli asseriti limiti costituzionali ad un’applicazione retroattiva di essa), era comunque dubbia perché connessa a condanne in sede penale, a differenza del caso di specie in cui tali dubbi non sussistono affatto, (cfr. C. Cost. 276/2016).

E pertanto, diversamente da quanto auspicato nella prefata nota del COA di Torre Annunziata, ossia l’invocato intervento repentino della Corte Costituzionale in tema, chi scrive non attende, da un’eventuale pronuncia, chissà quale novità, salvo che la stessa Corte non disattenda ciò che pacificamente viene affermato da decenni, anche sull’onta dell’influenza convenzionale e dalla pronuncia Grande Stevens della Corte EDU. Non sussistendo nel caso di specie i requisiti per la

configurazione dei limiti all’elettorato passivo quale pena, non vi è alcun principio di irretroattività applicabile.

D’altronde anche la lettura costituzionalmente orientata da parte della Corte Costituzionale, auspicata sempre dal COA Torre Annunziata, neanche pare realizzabile. Una lettura costituzionalmente orientata delle norme viene fornita dalla giurisdizione ordinaria o speciale e proprio dalla possibilità di un’interpretazione conforme a Costituzione, deriva l’impossibilità di un intervento demolitorio della Corte Costituzionale. In breve, la possibilità di una lettura costituzionalmente orientata inibisce al giudice ad quem di sollevare la questione di legittimità costituzionale per carenza del requisito della non manifesta infondatezza.

Dunque l’auspicio di una lettura costituzionalmente orientata da parte della Corte Costituzionale è giuridicamente infondato, anche alla luce della conformità a Costituzione della norma per i principi di retroattività/irretroattività summenzionati.

Allo stesso modo non si ravvisano profili di antidemocraticità nella sopravvenuta decretazione d’urgenza per le competizioni elettorali di nostro interesse, (d.l. 2/2019).

E noto che la decretazione d’urgenza sia da tempo oggetto di serrate critiche, principalmente rispetto alla iterazione e reiterazione dei decreti leggi, cui si ricorre in assenza dei requisiti di necessità ed urgenza. E tuttavia laddove vi sia afferenza alle competizioni elettorali, i requisiti devono ritenersi sussistenti, con le successive precisazioni, proprio per la peculiarità della materia che vede, anche nell’ambito della tutela giurisdizionale, procedimenti peculiari e speciali. Avrebbe dunque dovuto destare stupore un intervento volto a sovvertire le regole, non laddove si fornisca un’interpretazione autentica, necessitata dalle resistenze e dall’inottemperanza delle norme, da parte di coloro che, nel tentativo di postergare l’applicazione della nuova disciplina, ne stravolgono la ratio di ampliamento di democraticità.

Circa la revoca dell’assemblea elettiva con conseguente rinvio, per consentire, a dire del COA di Torre Annunziata, un ordinato svolgimento dell’elezioni, egualmente NAD non concorda: la chiarezza delle norme, l’interpretazione ulteriore fornita dalla Corte di Cassazione e infine l’intervento del Legislatore consentivano l’immediato ed ordinato svolgimento delle stesse e pertanto il relativo rinvio implica semplicemente una prorogatio dell’attuale consesso, in un sistema democratico in cui la proroga degli organi elettivi è da sempre guardata con sfavor e ritenuto possibile solo nei casi strettamente necessari. E dunque il rinvio potrebbe trovare in ulteriori, opinabili motivazioni una ratio, ad oggi ignota, ma non nell’ordinato svolgimento della competizione elettorale.

Appare inoltre un ossimoro in fatto la chiosa, del medesimo COA, circa la natura di Ente pubblico non economico del Consiglio dell’Ordine e di natura istituzionale che non utilizza social network, laddove poi utilizza la mailing list dell’Ordine per la diffusione di opinioni elettorali, inoltre accreditando a terzi comportamenti che cagionano disdoro al prestigio e decoro dell’Ordine.

L’utilizzo dei social network da parte di terzi è pienamente legittimo ed effettuato in attuazione degli artt. 21 Cost., 10 e 11 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, artt. 9 e 10 Convenzione EDU. Poter manifestare opinioni contrarie rappresenta regola basilare della nostra democrazia ed, ex adverso, lo sdegno provocato dall’esercizio di un simile diritto può porre seri dubbi sul concetto di democrazia da altri tenuto.

Appare viceversa contestabile sotto il profilo dell’opportunità che l’Ordine, quale Ente pubblico, ancorché elettivo, utilizzi la mailing list del Consiglio per diffondere l’opinione dei membri o di taluni di essi in tema di elezioni ed in prossimità delle stesse. Ancorché organo elettivo, il Consiglio in carica deve mantenere una posizione di imparzialità e neutralità, perché rappresentativo di tutti i membri e dunque, volendo seguire il fil rouge di un uso inadeguato degli strumenti informatici, ciò a fortiori dovrebbe porsi con riferimento a coloro che nello svolgimento di compiti istituzionali potrebbero

deviare ad un uso privato strumenti pubblici, accreditando poi carnascialescamente comportamenti di scorretta dialettica a chi di esercitare un proprio personale diritto.

E sempre in virtù della natura pubblica dell’Ordine non avrebbe dovuto destare clamore l’istanza di accesso agli atti formulata da alcuni Colleghi, perché l’unica problematica che l’Ordine doveva porsi circa la pubblicazione dei bilanci era perché non avesse ottemperato spontaneamente al d.lgs. 33/2013, in tema di trasparenza, disciplina applicabile al Consiglio proprio in virtù della summenzionata natura. Ed anzi, a fronte di una pubblicazione dati tardiva, la corretta dialettica tra uno o più avvocati ed il rispettivo Consiglio dell’Ordine a fronte di un’istanza di accesso, avrebbe richiesto una replica del Consiglio con le dovute scuse per il tardivo adempimento, che ha costretto gli istanti ad azionare il diritto di accesso o meglio a sollecitare la pubblicazione e, data la reazione dell’Organo, in breve, li ha costretti ad esporsi. E sia ben chiaro che la pubblicazione dei dati è avvenuta successivamente al deposito delle relative istanze. E dunque occorre chiedersi il perché di tanto clamore o sdegno provocato in taluni avvocati se altri colleghi sollecitano l’attuazione di posizioni giuridicamente tutelate, essendo la mera occasione di una tanto invocata leale collaborazione ad attuare la legge.

Torre Annunziata 19/02/19

(in allegato nota del COA di Torre Annunziata inviata agli iscritti)

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