ASPETTI CRIMINALI LEGATI ALLA PEDOFILIA

15 Marzo, 2018 | Autore : |

 

Il seguente studio è stato elaborato nel 2012 dalla nostra socia Anna Mondola, Segretario della sezione NAD di Nola ed attuale membra del direttivo nazionale di NAD. Lo pubblichiamo con molto piacere, certi che possa costituire un valido strumento per avvicinarsi alla conoscenza di un fenomeno costantemente all’attenzione dei media e della nostra società. 

 

 

Pedofilia – relazione per esame criminologia 21 Aprile 2012

La parola pedofilia deriva dal tema greco παῖς, παιδός (bambino) e φιλία (amicizia,
affetto).
 In ambito psichiatrico la pedofilia è catalogata nel gruppo delle parafilie, ovvero tra i
disturbi del desiderio sessuale, e consiste nella preferenza erotica da parte di un soggetto
giunto alla maturità genitale per soggetti che invece non lo sono ancora, cioè in età prepuberale.
Il limite di riferimento di età varia da persona a persona (poiché ogni
individuo raggiunge la maturità sessuale in tempi diversi), ma oscilla generalmente tra
gli 11 e 13 anni.
 Nell’accezione comune, al di fuori dall’ambito psichiatrico, talvolta il termine
pedofilia si discosta dal significato letterale e viene utilizzato per indicare quegli
individui che commettono violenza attraverso la sessualità su di un bambino, o che
commettono reati legati alla pedopornografia. Questo uso del termine è inesatto e può
generare confusione. La psichiatria e la criminologia distinguono i pedofili dai child
molester (molestatori o persone che abusano di bambini); le due categorie non sono
sempre coincidenti. La pedofilia è una preferenza sessuale dell’individuo o un disturbo
psichico, non un reato. La pedofilia definisce l’orientamento della libido del soggetto,
non un comportamento oggettivo. Vi sono soggetti pedofili che non attuano condotte
illecite, come si hanno casi di abusi su bambini compiuti da individui non affetti da
pedofilia.
La diagnosi in psichiatria
L’attrazione sessuale – in qualche misura – verso i bambini non è sufficiente per la
diagnosi di pedofilia. La psichiatria (secondo il criterio DSM IV-TR) definisce pedofili
solo quelle persone, aventi più di 16 anni, per le quali i bambini o le bambine
costituiscono l’oggetto sessuale preferenziale, o unico. Occorre inoltre che il sintomo
persista in modo continuativo per almeno 6 mesi. Non si considera pedofilia il caso in
cui la differenza di età tra gli individui sia minore di circa 7 anni. Non sono da
considerare pedofili i soggetti attratti principalmente da persone in fasce di età pari o
superiori ai 12 anni circa, purché abbiano già raggiunto lo sviluppo puberale:
l’attrazione per gli adolescenti è definita con i termini poco usati efebofilia eninfofilia o
«sindrome di Lolita».
Il criterio psichiatrico DSM prevede diverse specificazioni, la pedofilia può essere: di
Tipo Esclusivo (attratto solo da bambini/e) oppure di Tipo Non Esclusivo (persona
attratta anche da persone adulte); di Tipo Differenziato (attrazione solo per uno dei due
sessi) oppure di Tipo Indifferenziato. L’attrazione per bambini maschi risulta
mediamente più resistente fra i child molester: il tasso di recidiva dei soggetti attratti da
bambini è circa doppio di quelli attratti da bambine. Tali aspetti sono anche meglio
dettagliati nell’ambito della psicopatologia sessuale dei Sexual Offender, vale a dire di
quella categoria di persone che a motivo della loro compulsività sessuale rientrano nelle
casistiche giudiziarie e attuano comportamenti che vengono riconosciuti come
penalmente rilevanti. Il Tipo Indifferenziato inoltre sembra essere mediamente più grave
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del Tipo Differenziato. Vi è inoltre una forma di pedofilia limitata all’incesto (interesse
rivolto solo a figli/e o a fratelli/sorelle).
D’altra parte, il criterio categoriale del DSM non considera l’aspetto dimensionale del
disturbo: vale a dire che nell’ambito della stessa diagnosi esistono svariate
manifestazioni di gravità della stessa che solamente un accurato esame della
psicopatologia sessuale è in grado di definire con precisione.

Analisi del fenomeno
Reati di pedofilia si sono verificati in tutti i luoghi dove sono presenti bambini: famiglie
(nel qual caso potrebbe trattarsi di incesto), centri religiosi (seminari, oratori), scuole
d’infanzia, associazioni giovanili (negli Stati Uniti d’America i boy-scout). Data
l’estrema ampiezza di tipologie di reati, che talvolta non richiedono nemmeno il contatto
fisico col bambino (es.esibizionismo, riproduzione di materiale pedopornografico, ecc.),
la diffusione dei reati di pedofilia è considerata elevatissima. «Il 10-30% circa dei
bambini subisce molestie sessuali entro i 18 anni. L’attrazione del pedofilo può essere
rivolta sia verso i bambini sia verso le bambine, ma sembra che queste ultime siano le
vittime più frequenti (88%).»
Nel maggio 2007 tutti i media hanno parlato ripetutamente di notizie su reati svolti da
membri del clero, sulla base del fatto che oltre 4000 sacerdoti sono stati accusati di
abuso di minori negli USA e in Canada. Si tratta però del numero totale delle accuse
raccolte in un arco di 50 anni e comprende non solo i casi di pedofilia in senso stretto,
ma anche i rapporti con adolescenti minori di anni 18. Sino ad oggi le condanne per
pedofilia hanno riguardato solo 40 casi su 4000. Nel
giugno 2009 il cardinale Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero ha
dichiarato al settimanale cattolico spagnolo Vida Nueva che «i casi di pedofilia a volte
non arrivano nemmeno al 4% dei sacerdoti». Questa dichiarazione rettifica una
precedente intervista dello stesso cardinale Hummes del 5 gennaio 2008 all’Osservatore
Romano, in cui dichiarava che tra i sacerdoti «neppure l’1% ha a che fare con problemi
di condotta morale e sessuale».
Nel settembre del 2009 l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede all’ONU di Ginevra, in una dichiarazione emessa in una riunione del
Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, in relazione ai crimini
sessuali sui minori, ha dichiarato che «nel clero cattolico solo tra l’1,5% e il 5% dei
religiosi ha commesso atti di questo tipo».
La cifra del 4% è stata contestata anche dallo studioso Massimo Introvigne, sulla base di
uno studio indipendente condotto dal John Jay College of Criminal Justice della City
University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente
riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia
di criminologia.
Nel 2009 è uscito un libro che riporta cifre aggiornate sulla pedofilia nella Chiesa
americana. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati di abusi
sessuali su minori i cui autori sono preti. Mediamente i preti diocesani implicati negli
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abusi sono il 4,3 per cento. Alcun anni hanno prodotto percentuali molto alte di preti
pedofili. Nel 1963, 1966,1970, 1970 e nel 1974 si è arrivati all’otto per cento di
predatori diocesani, fino al nove per cento del 1975.
Nel libro si fanno anche delle estrapolazioni su quelli che possono
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realtà. Perciò, anche se la testimonianza proviene da un bambino, che non può avere
interesse a testimoniare il falso, le indagini devono trovare riscontri probatori oggettivi,
per non fondare la pubblica accusa solo sulla base di testimonianze oculari.
Le accuse di pedofilia talora rivolte da bambini minorenni nei confronti dei genitori
potrebbero rientrare in «sogni ad occhi aperti», che sono un appagamento compensativo
nell’immaginazione di desideri che il bambino avverte come pericolosi, reprime e tende
a dimenticare. La soddisfazione avviene in un modo semplice, producendo un ricordo
che è identico a quello che si sarebbe voluto che accadesse nella realtà. Quando la
personalità diviene più forte, nell’adulto, la compensazione e rimozione divengono più
capaci di soddisfare un desiderio in modo diverso dalla volontà iniziale, ma con azioni
nella vita reale, senza forzare la memoria e i ricordi.
La tesi di Sigmund Freud e della figlia Anna (che parlò più esplicitamente di queste
fantasie infantili) è stata a volte portata come prova nei tribunali per smentire accuse di
pedofilia. Tuttavia la loro tesi è stata oggetto della più feroce critica da parte di Jeffrey
Moussaieff Masson, che durante i primi anni ottanta era direttore dei Freud Archives:
« Consideriamo per quanto tempo gli psicoanalisti hanno negato la realtà degli abusi
sessuali sui bambini. Questi abusi esistevano già molto tempo prima che se ne
occupasse Freud, ma le sue conclusioni, non provate, che il fenomeno fosse in gran
parte immaginario, lo tenne occulto fino a quando il movimento femminista non ne
rivelò la vera diffusione »
Presunti abusi infantili sono anche riemersi nella memoria di migliaia di pazienti adulti
sottoposti a psicoterapia o altre cure analoghe, determinando un vivace dibattito
scientifico sulla loro attendibilità e un seguito di contenziosi legali.
Da vittime a carnefici
Secondo alcuni studi, una rilevante percentuale dei condannati per pedofilia ha a
sua volta subito abusi durante l’infanzia. «È stato osservato che i bambini che
erano stati oggetto di attenzioni pedofiliche mostrano da adulti un comportamento
analogo con maggior frequenza rispetto alla popolazione generale.»
Freud affermò che i traumi infantili in generale sono inguaribili e lasciano ferite che non
rimarginano più e che provocano, negli adulti con una storia di abusi nella loro infanzia,
una molteplicità di fenomeni a carico della sfera emotiva, relazionale, sociale,
comportamentale di varia profondità.
Tale fatto determina due elementi di rilievo per la legislazione in materia: da un lato
evidenzia la gravità del danno subito dal bambino (e quindi della colpa del reo),
dall’altro lascia intuire la difficoltà di stabilire capacità di intendere e di volere del reo,
in quanto è possibile che sia affetto da turbe psichiche (o raptus improvvisi) a causa di
violenze pregresse subite nell’infanzia. D’altra parte la complessità del problema emerge
chiaramente in ambito clinico a fronte delle difficoltà nelle quali si vengono a trovare i
professionisti (psichiatri e psicologi) che trattano le persone affette da pedofilia.
Terapia
Il programma terapico si pone queste mete:
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 il decremento dell’impulso sessuale rivolto al bambino mediante l’eliminazione di
rinforzi positivi (la “cessazione di stimoli rinforzanti” del condizionamento operante e
tramite il controllo del turgore del pene;
 il decremento del coinvolgimento emozionale nei confronti del bambino;
 il miglioramento dei rapporti interpersonali con altri adulti;
 il decremento dell’ipersessualità.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è utile per interrompere i comportamenti
parafilici appresi. Validi risultati si ottengono anche con la terapia di gruppo. Qualora il
disturbo sia contraddistinto da un’ipersessualità, si ricorre a un
trattamento psicofarmacologico usando il ciproterone acetato (CPA) e
il medrossiprogesterone acetato (MPA), con durata superiore anche ai quattro anni. Se la
pedofilia è associata ad altri disturbi psichiatrici, si può intervenire
con antidepressivi e antipsicotici.
L’indagine del NIMH e pubblicazioni su riviste specializzate
Il dott. prof. Gene G. Abel ordinario di Psichiatria alla Facoltà di Medicina
dell’Università di Emory in Georgia e direttore della Clinica per i disturbi sessuali
di Manhattan, ha realizzato per il National Institute of Mental Health (NIMH) (“Istituto
Nazionale di Igiene Mentale degli Stati Uniti”) il più grande studio al mondo sul
fenomeno pedofilia. The Abel and Harlow child molestation prevention study è durato
otto anni ed è stato condotto su 16 000 adulti che hanno ammesso di aver molestato
almeno un bambino. I risultati delle sue ricerche sono pubblicati sulle più importanti
riviste di psichiatria mondiali, sul New York Times e nel volume The Stop Children
Molestation Book.
Secondo i dati dello studio, i pedofili tenderebbero a modificare le loro attività sociali e
lavorative scegliendo stili di vita e mestieri a contatto con i minori, in special modo
occupando posizioni che permettano di ottenere agevolmente la fiducia dei bambini e
genitori. In particolare un pedofilo adatta la propria professione alle proprie esigenze
sessuali.
(EN)
« Molesters often become youth
ministers, day-care workers, Boy
Scout leaders, teachers, Big
Brothers and pediatricians, He [a
pedophile] is often an active
Christian who is involved in his
church. »
(IT)
« I molestatori spesso diventano
leader di gruppi giovanili,
infermieri, capi scout, insegnanti,
“Fratelli maggiori” e pediatri. [Un
pedofilo] è spesso un fervente
cristiano con ruoli all’interno della
sua chiesa. »
Nello studio si legge chiaramente che:
(EN)
« While it is a commonly held
belief that men who prefer men as
adult sex partners molest boys and
men who prefer women as adult
(IT)
« Benché sia una credenza comune
che gli uomini che preferiscono
uomini come partner sessuali adulti
molestino ragazzi e gli uomini che
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sex partners molest girls, our study
result suggests something
different. […] The majority of men
who molest boys (70 percent) are
predominantly heterosexual »
preferiscono donne come partner
sessuali adulti molestino ragazze, il
risultato del nostro studio
evidenzia qualcosa di diverso. La
maggioranza degli uomini che
molestano i ragazzi (70 percento)
ha prevalenza eterosessuale. »
Secondo due studi pubblicati sull’American Journal of Psychology e il Journal of
Psychiatric Practice, i bambini sviluppano problemi psicologici maggiori quando gli
abusi vengono compiuti da figure genitoriali (amici di famiglia, preti o altre figure
religiose, allenatori) o quando vengono condotti con l’uso di violenza e/o con contatti
genitali.
La pedofilia femminile
Sebbene gran parte dei pedofili sia di sesso maschile, una percentuale stimata almeno al
4% da un rapporto FBI del luglio 2000 è rappresentata da adulti di sesso femminile.
Alcune questioni aperte
La castrazione chimica
La castrazione chimica è un trattamento farmacologico, che dovrebbe dissuadere il
pedofilo da recidive eliminando la libido connessa all’atto violento ed è utilizzato in
diversi paesi, spesso in combinazione con misure di sospensione condizionale della
pena. Nel corso del 2005, l’allora ministro delle riforme Roberto Calderoli ne ripropose
l’utilizzo in Italia.
La castrazione chimica elimina la libido connessa con gli atti sessuali, solamente in via
temporanea.
L’accettazione di questa pratica è spesso la premessa di una libertà condizionale, anche
se il trattamento farmacologico potrebbe non essere ripetuto, con il rischio di
reiterazione del reato.
In altre parole, è necessaria un’assunzione puntuale e prolungata nel tempo dei farmaci
inibitori degli ormoni sessuali, non priva di conseguenze fisiologiche, maggiori di una
castrazione chirurgica.
La perdita del diritto alla privacy del pedofilo
Negli USA è in vigore la cosiddetta “Legge Megan”, che prende il nome da Megan
Kanka, bimba di sette anni rapita, violentata e uccisa nel 1994 da un vicino di casa
pluripregiudicato per reati sessuali su minori. La legge prevede che chiunque venga
condannato per qualsiasi genere di reato a sfondo sessuale perda essenzialmente ogni
diritto alla Privacy per un periodo variabile, da un minimo di 10 anni dalla data del
rilascio fino a tutta la vita, con l’obbligo di registrare presso le Forze dell’ordine il
proprio domicilio e i propri spostamenti, il divieto assoluto di frequentare, o risiedere
nelle vicinanze di, luoghi abitualmente frequentati da minori o dal genere di persona
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normalmente bersaglio dei propri crimini, e in taluni casi l’affissione di tali dati in un
registro pubblicamente consultabile; alcune municipalità statunitensi offrono la
possibilità a chiunque di accedere a tali dati tramite appositi siti Internet. L’applicazione
di questa legge è ancora fonte di un aspro dibattito negli USA. Un’ampia parte
dell’opinione pubblica la sostiene basandosi sul fatto che i predatori sessuali tendono ad
un alto grado di recidivia; tuttavia alcuni Stati e comunità ancora rifiutano di applicarla,
sulla base del fatto che interessa persone che hanno pagato il loro debito con la società
scontando una pena detentiva, e che la violazione della loro privacy può mettere essi e le
loro famiglie in pericolo di ritorsioni.
Collaborazione e conflitti fra diversi ordinamenti giuridici
Rapporti fra uno Stato e una Chiesa o un’associazione
Il rapporto fra l’ordinamento giuridico della Chiesa Cattolica, il diritto canonico, e
il diritto penale degli stati laici è cosa molto differente dal rapporto fra le legislazioni di
stati diversi, sopra descritto. Il diritto canonico si interessa dei peccati, mentre il codice
penale ha a che vedere solo con i reati. Per lo più i reati sono anche peccati, e nel caso
della pedofilia peccati gravissimi, ma si tratta di cose concettualmente diverse.
È indispensabile non confondere sul piano giuridico la Chiesa Cattolica con il Vaticano.
La Chiesa è una comunità internazionale (articolata in chiese nazionali) retta da una
“costituzione” (il diritto canonico, appunto), che gioca un ruolo identico a quello svolto
dallo statuto di qualunque associazione. La Città del Vaticano, invece, è uno Stato,
una monarchia assoluta, dotata di un territorio e di un proprio sistema legislativo e in
quanto tale ha in comune con la Chiesa Cattolica solo il fatto di essere guidato
dal Papa e nulla più.
Come tutte le comunità, la Chiesa ha stabilito anche delle regole per sospendere o
escludere i membri indegni e dei tribunali per applicare queste regole (in una
associazione è il collegio dei probiviri). Chi abbia commesso un grave crimine, come ad
esempio di pedofilia, sarà sottoposto dallo stato (o dagli stati) competenti a processo
penale e simultaneamente sarà sottoposto a un giudizio da parte delle comunità a cui
appartiene. Si tratta di giudizi autonomi sia nei tempi di svolgimento del processo sia
nel verdetto.
Nella chiesa cattolica la repressione dei crimini più infamanti contro i sacramenti e
contro la morale, fra cui la pedofilia, è regolata dalla De Delictis Gravioribus, che ha
sostituito nel 2001 la Crimen sollicitationis a seguito della riforma del codice di Diritto
Canonico.
Già la Crimen sollicitationis equiparava la pedofilia, dal punto di vista penale, ai casi
più gravi di molestie sessuali durante il Sacramento della Penitenza ; per questi reati è
prevista la pena massima possibile, cioè la riduzione allo stato laicale .
È previsto l’insediamento nella diocesi interessata di un tribunale ad hoc presieduto
dal vescovo e composto di soli sacerdoti esperti di diritto canonico (non di avvocati
rotali laici). Le sedute sono a porte chiuse e gli atti del processo secretati, data la natura
infamante delle accuse. L’eventuale verdetto di condanna, però, è ampiamente diffuso
per consentire l’implementazione delle pene (sospensione a divinis, scomunica, ecc.). Il
secondo grado di appello è presso la Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma.
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Il tribunale ecclesiastico, data la sua natura e finalità, non ha autorità per chiedere al
colpevole di costituirsi presso le autorità civili e subire anche un processo da parte
dello Stato, né a membri del tribunale o a testimoni oculari di denunciare il fatto.
Resta naturalmente per tutti l’obbligo morale grave di fare tutto quanto è possibile per
impedire che eventuali atti di pedofilia vengano ripetuti. Perciò i dettami del “diritto
divino naturale” (uno dei fondamenti del diritto canonico) comportano l’obbligo
perentorio di denunciare il presunto reo alle istituzioni ecclesiali. Lo stesso obbligo
morale sussiste implicitamente verso i tribunali civili, fatte salve le notizie coperte
da segreto pontificio (cioè quelle acquisite dalle udienze del processo: ad esempio una
eventuale confessione del reo), che sono coperte dal segreto del confessionale, e fatto
salvo il diritto di autotutela di vittime e testimoni, spesso riluttanti a procedere a
denunce penali.
Gli Stati laici riconoscono sia l’autonomia del diritto canonico sia la legittimità
del segreto del confessionale. Ovviamente gli stessi sacerdoti o vescovi, se esecutori di
atti penalmente rilevanti, sono assoggettati come chiunque al giudizio delle corti statali,
secondo quanto è previsto dall’ordinamento giuridico di ogni nazione.
Le dichiarazioni della Chiesa cattolica
Per quanto riguarda le denunce di pedofilia nei confronti di sacerdoti cattolici, le
dichiarazioni e i gesti di Benedetto XVI hanno assunto nel tempo i toni di una crescente
condanna:
 Ottobre 2006, Irlanda, uno dei Paesi più colpiti: il Pontefice parla di «enormi crimini»
di fronte ai quali «è urgente adottare misure perché non si ripetano» e tra questa misure
indica la necessità di «garantire che i principi di giustizia siano pienamente rispettati».
 Aprile 2008, Usa: esprime «profonda vergogna» e, su iniziativa del cardinale
di Boston, riceve cinque «vittime».
 19 luglio 2008, Giornata Mondiale della Gioventù, Sydney: «Le vittime devono
ricevere compassione e cura e i responsabili di questi mali devono essere portati davanti
alla giustizia.» Oltre a questa nuova dichiarazione, ribadisce l’invito a: «riconoscere la
vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di
alcuni sacerdoti o religiosi di questa nazione. Sono profondamente dispiaciuto per il
dolore e la sofferenza che le vittime hanno sopportato e assicuro che, come i loro
pastori, anche io condivido la loro sofferenza». Come ultimo gesto prima di lasciare
l’Australia a conclusione della 23ª Giornata mondiale della Gioventù, Benedetto XVI ha
incontrato un gruppo rappresentativo (due uomini e due donne) di coloro che hanno
subito abusi sessuali da parte del clero.
 14 marzo 2010: Mons. Giuseppe Versaldi commenta lo scandalo degli abusi sui
minori.
Nell’ottica ecclesiastica, quando il diritto canonico confligge col diritto civile, prevale il
diritto canonico. Che, per i delicta graviora, come la pedofilia, prevede l’ammonizione,
il trasferimento, l’isolamento, la penitenza e la preghiera, la sospensione a divinis, fino
alla riduzione allo stato laicale. Non esiste un obbligo formale di denuncia da parte
dell’autorità ecclesiastica, perché un vescovo non è un pubblico ufficiale. Il vescovo che
tace non commette reato, a differenza ad esempio di un preside che tacesse.
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Il 12 aprile 2010, il Vaticano pubblica una nota esplicativa della De delictis
gravioribus del 2001, nella quale si chiarisce il rapporto con le leggi civili in materia di
pedofilia. Dove le leggi lo prevedano, i vescovi sono obbligati a denunciare i fatti di
pedofilia alle autorità preposte; se un ecclesiastico è stato riconosciuto colpevole da un
tribunale civile, vi sono gli estremi per un decreto papale di riduzione allo stato laicale,
senza processo canonico e senza possibilità di revoca. In questo modo, si realizza un
primo riconoscimento in materia delle leggi e dei tribunali non ecclesiastici. È il primo
documento che afferma il principio della collaborazione con le autorità giudiziarie.
Viene poi superato l segreto pontificio, almeno in parte quando le leggi obbligano gli
ecclesiastici, in qualità di cittadini, alla denuncia dei casi di pedofilia.
Nulla è indicato in merito agli ecclesiastici, che di propria iniziativa, esercitando la
libertà di coscienza, anche negli Stati in cui non sia obbligatorio denunciare fatti di
pedofilia, denuncino altri ecclesiastici, o presenzino contro di loro come testimoni nei
tribunali civili. non vi sono accenni alla questione del trasferimento di diocesi o
parrocchia per i pedofili: nessuna sanzione è prevista per i vescovi che si limitino a
trasferire in altra diocesi i sospetti pedofili, né vige un obbligo di comunicazione
“orizzontale” fra la diocesi di origine e quella di destinazione.
Il vescovo può limitare preventivamente la libertà di azione dei prelati sospettati di
pedofilia, in particolare le loro attività con i bambini. L’enciclica De delictis
gravioribus, datata 18 maggio2001 e rivolta a tutti i vescovi del pianeta, vieta gli
ecclesiastici di testimoniare in tribunali civili, pena la loro scomunica. Il documento
afferma che «nei Tribunali costituiti presso gli ordinari o i membri delle gerarchie
cattoliche solamente i sacerdoti possono validamente svolgere le funzioni di giudice,
promotore di giustizia, notaio e difensore» ribadendo che «le cause di questo tipo sono
soggette al segreto pontificio» e che si sarebbero dovuti attendere 10 anni, da quando le
vittime avessero compiuto la maggiore età, per rivelare le accuse (ottenendo in questo
modo la prescrizione dei reati, a quel punto non più perseguibili). Secondo il testo
della Crimen sollicitationis, il segreto è perpetuo e si estende anche dopo il termine del
processo e la sentenza definitiva del tribunale canonico, e dunque non è un mero segreto
processuale.
La Crimen sollicitationis obbliga, a pena di scomunica, il colpevole, chi ha subito le
molestie, o chiunque abbia notizie certi su episodi di abuso sessuale a denunciarli al
Tribunale Canonico o al sacerdote, comunque ad autorità ecclesiastiche, non civili.
La Crimen sollicitationis del 1962 è stata superata dalla riforma del Codice di Diritto
Canonico del 1983.
Pedofilia sul web – o on-line
Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le
presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a
scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi
affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei
un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per
accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere
in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto
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vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: “Crei un free
book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito
sistema di carte di credito, e il gioco è fatto”. In un giorno puoi mettere in cascina anche
10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000
utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro ; in ventiquattro ore i più furbi
riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider
della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo
autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi,
il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire
quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo
conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a
fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo
apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in
viso e ti invitano a entrare nella loro “grande famiglia”. Quella dove l’amore “non ha
barriere”, e “i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze”. Entrando in
queste “grandi famiglie” – sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla
polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero – abbiamo
visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente,
la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro
aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I
pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole
in pasto – a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle
sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e
iracheni o africani – ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul
digitale quando devono ancora nascere. – L’archivio di free photo su “2….” è corposo.
Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è:
possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico
Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: “I siti a pagamento, che in effetti
contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono
sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle.
Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i
posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra
una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e
pericoloso oggi sono proprio le chat”. Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica
pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio
pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su “2…”: “Mi intriga molto la sezione dei
ragazzini”, scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia:
“Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco”. Hans B lo
ritrovo un paio di giorni dopo chattando su “C…”, una chat creata dal cileno Alain (vive
a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). “Vieni a trovarmi su
“f…” e su “l…”. Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più
barriere. Ok?”. Aggiunge: “Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo
scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni… “. Quando sono feti
di sette-otto mesi. “La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai
11
bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali – spiega
don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla
pedofilia – . Gli “infantofili”, e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in
continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è
nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente”. Alcune ecografie provengono
dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini
sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non
sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i
cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze,
curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e
capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel
letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale – del quale omettiamo volutamente
l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti – Alex espone i prodotti
della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da
voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che
tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo
mese c’è un’offerta speciale: “79 $ per tutta la settimana”. In pratica: paghi e per sette
giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare.
Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più
impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare
produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne
hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di
questi e altri siti e chat e forum – l’iniziale e basta – per evidenti ragioni. Se ne occuperà
la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una
pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche
telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo
finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum “K…”. Una
chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non
ci sono foto, su “K”; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo
alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome –
vero o falso che sia – e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in
inglese: “Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi.
Questo – aggiunge con soddisfazione – è l’unico forum dove si può conversare
liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine”. Provo a
rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo:
“Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni”. I pedofili (a eccezione dei
“culturali”) non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si
concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter
reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri:
“Vai su “2…” e troverai roba interessante”. Clicco. Si schiude l’home page di uno dei
portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di
neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: “Benvenuto
nella “sick…”, il paradiso della depravazione infantile”. Scene di sesso tra adulti e
bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto
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Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati
coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono
oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il
20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba mediorientale.
“La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo – continua don Di
Noto – La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie
provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server
stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo,
divulgare materiale è rischioso”. Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la
mappa dell'”olocausto bianco”, come lo chiamano le decine di organizzazioni che
combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2
milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200
mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le
persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state
187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. “Stiamo
mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti
pedopornografici con i provider italiani – spiega Marcello La Bella, direttore della
polizia postale di Catania – Almeno con quelli… Perché con i provider stranieri uno può
accedervi comunque”.
Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in
Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la
legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa
nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, “amo i bambini e amo passare il tempo in
loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere”. Altri,
più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad “amare i minori”,
si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano.
Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di
una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e
si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano
“piccole creature” con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla
pedofilia culturale è il sito “J…”. Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente
con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: “”J” è stato creato apposta per
quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi – si legge –
non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in
un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa
condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!”. E poi: “Ti
aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi”.
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali.
Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60
anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili
sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il
confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: “L’unica forma di
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amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con
gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la
sincerità dei nostri splendidi angeli”. Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa
chiamare Gene. Scrive: “Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o
l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello
sfogo in una crescita formativa”. Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le
righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: “In realtà al vero
pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le
immagini”.
Vado per l’ultima volta nella child room di “2…”, e subito in quella, violentissima, di
“P…”. Un link mi trascina nell’archivio “Lolita…”. E’ un pugno al ventre. Mi inviano una
cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito.
Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
PEDOFILIA AL FEMMINILE
Un libro interessante e attuale al riguardo è quello scritto da Loredana Petrone e Mario
Troiano:
“E se l’orco fosse lei? Strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione dell’abuso
al femminile”. Questo libro mette in luce il fenomeno degli abusi al femminile e della
pedofilia femminile. Parlare di donne abusanti e pedofile non è né comune né semplice,
anche perché da sempre alla donna viene associato l’istinto di maternità che esclude, a
priori, l’idea dell’abuso sui bambini. Pertanto, quando si parla di pedofilia,
nell’immaginario collettivo scatta automaticamente la figura dell’uomo: giovane, di
mezza età o anziano, ma pur sempre di sesso maschile. In realtà, la pedofilia colpisce sia
uomini che donne. Per questo motivo la “pedofilia al femminile” è un campo di studio
ancora poco esplorato e per questo agli autori va il merito di aver puntato l’attenzione su
un fenomeno che deve essere conosciuto e compreso, al fine di predisporre tutte quelle
opportune forme di prevenzione e tutela di un bene fondamentale quale è quello
dell’integrità della salute psico-fisica del minore. Vi sono diverse tipologie di donne
pedofile: la pedofilia latente, occasionale, dalla personalità immatura, regressiva, la
pedofilia aggressiva, la pedofilia omosex. E’ tuttavia difficile tracciare un quadro
completo e ben delineato di questo fenomeno. La pedofilia femminile, come quella
maschile, si cela all’interno delle mura domestiche, tra segreti, sentimenti di amore-odio
e rapporti pericolosi. Questo libro vuole essere un valido strumento per la conoscenza
del fenomeno in ogni suo aspetto ed essere così un punto di riferimento sia per
l’informazione che per la prevenzione, sia per il contesto familiare che per quello
scolastico. Al momento la Dot. Petrone in Italia è quella che si sta occupando
maggiormente di quest’argomento.
Nel volume “E se l’orco fosse lei”, Loredana Petrone e Marco Troiano, indicano sei
tipologie di pedofilia al femminile:
1. La pedofila latente – La donna nutre una morbosa attrazione nei confronti dei bambini,
ha fantasie erotiche ma non arriva ad agire. Questo perché, pur avvertendo sin
dall’adolescenza la propria attitudine morbosa, le norme morali che le sono state
inculcate la rendono consapevole del fatto che le sue pulsioni non sono socialmente
accettabili e per questo motivo le nasconde.
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2. La pedofila occasionale – La donna, pur non avendo pesanti distorsioni psicologiche,
in situazioni particolari, come ad esempio nel corso di viaggi all’estero, soprattutto in
Paesi con un forte tasso di turismo sessuale (come Cuba o la Thailandia), si lascia
andare ad esperienze sessuali trasgressive. Si tratta, in genere, di donne di età compresa
tra i 40 e i 50 anni, con un livello socio-culturale medio-alto, single o divorziate.
3. La pedofila immatura – La donna non è mai riuscita a sviluppare normali capacità di
rapporto interpersonale con coetanei, manca di una sufficiente maturità nella sfera
affettiva ed emotiva e pertanto rivolge le sue attenzioni al bambino, dal quale non si
sente minacciata. Questo tipo di pedofila, di solito, non ha comportamenti aggressivi ma
di tipo seduttivo e passivo.
4. La pedofila regressiva – La donna, ad un certo punto della sua vita, inizia ad avvertire
un senso di inadeguatezza a convivere con gli stress quotidiani, e questo la porta a
regredire nella fase infantile, iniziando così a rivolgere il suo interesse sessuale verso i
bambini, sentendosi essa stessa bambina.
5. La pedofila sadico-aggressiva – La donna manifesta spesso un comportamento schivo e
antisociale, trae piacere nel provocare il dolore e, alle volte, la morte della sue piccole
vittime. Alla base di questo comportamento distruttivo c’è sempre un background di
aggressività, frustrazione ed impotenza, un sentimento di svalutazione di sè e degli altri.
6. La pedofila omosex – La donna trasferisce su una bambina l’amore che non ha ricevuto
dalla mamma. Si identifica con la piccola, vittima delle sue attenzioni, e vede nella
bimba ciò che lei stessa era alla sua età ed attraverso l’abuso, non necessariamente
invasivo, riesce a colmare le carenze affettive subite.
Questa breve trattazione non è nata con l’intento di voler essere esaustiva e far luce sul
fenomeno tanto complesso e poco studiato della pedofilia al femminile. Ma il primo
passo per riuscir ad illuminare un fenomeno altrimenti sotterrato e tenuto nascosto
perché troppo orrendo per essere accettato dalle nostre coscienze è quello di iniziare a
scrivere della sua esistenza. Solo così si può pian piano acquistare consapevolezza che
esistono tali orrori altrimenti impensati ed è proprio con questa consapevolezza che è
possibile accorgersi che in una famiglia, o in un bambino,
c’è qualcosa di strano.
Non conosco il titolo del dipinto che ho trovato all’interno di un articolo riferito
alla Pedofilia dal titolo “La congiura degli ignoranti “, che Massimo Introvigne
ha scritto su “Il Giornale”. Il dipinto mi ha subito colpito per la mano che avvolge
un bambino e l’espressione turbata del bambino. La mano è una mano femminile,
aggraziata, non appare brutale ma gli occhi e l’espressione di quel bimbo fanno
trasparire smarrimento e angoscia. Istintivamente associamo la donna all’idea di madre
e la maternità a qualcosa di dolce, protettivo e rassicurante ma non è sempre così.
Gli occhi di quel bambino del dipinto ci dicono che non è sempre così,
le notizie che leggiamo sui giornali, le cronache nazionali e internazionali ci ricordano
ogni giorno che non è affatto così. Eppure quando leggiamo di un crimine commesso
da una donna, ci sforziamo di trovarne una giustificazione, è difficile concepire la
crudeltà femminile e ancora più difficile è comprendere quando questa crudeltà si
abbatte su un bambino. Questa difficoltà non è limitata alla gente comune, la
troviamo anche negli uomini di legge, nei giudici che si trovano a dover emettere una
sentenza, in un processo che vede imputata una donna. Le statistiche parlano chiaro e
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i processi in cui è la donna a sedersi sul banco degli imputati si chiudono con
condanne molto più lievi rispetto ai “colleghi maschi”. Non si riconosce alla donna il
libero arbitrio nel commettere crimini, la tendenza è quella di vedere comunque la
donna “criminale” come vittima, prima che come carnefice. Giustifichiamo la violenza
che mette in atto nel suo presente, come una risposta direttamente proporzionale ad
un passato “traumatico”, per dirla alla Freud.
Devianza, crudeltà, abusi e violenze non hanno sesso, non sono tipicamente maschili
o femminili, per comprenderli, dobbiamo imparare a concepire ogni singolo atto e
comportamento “criminale”, come espressione di una personalità che si è formata in
un contesto fatto di relazioni, interazioni ed esperienze e il fatto che sia donna o uomo
non conta, conta solo l’essere umano in tutta la sua complessità .
La pedofilia, breve accenno storico.
La mitologia sia orientale che occidentale, descrive sacrifici e uccisioni di bambini
destinati a placare e a soddisfare la sete di vendetta di divinità femminili. Lo studio del
mito fa emergere come anche presso civiltà e culture remote, neonaticidio, infanticidio
e figlicidio fossero conosciuti e praticati proprio dalle custodi e protettrici dell’infanzia:
le donne.
Nel Satirycon di Petronio troviamo il racconto di uno stupro di una bimba di sette anni
al quale assisteva compiaciuto un gruppo di donne. (L. Petrone, M. Troiano, 2005, “E
se l’orco fosse lei?”, Franco Angeli, Milano). Ancora più celebre è la tragedia greca di
Sofocle che narra del rapporto incestuoso tra madre e figlio. La tragedia finisce con il
suicidio di Giocasta e con Edipo che si acceca e fugge via errando solo per il mondo.
Certo la mitologia non è la realtà, i racconti che le appartengono non sono la realtà
ma c’è chi li immagina e questo basta a creare un punto di contatto tra mito e mondo
reale. Grazie a Freud poi mitologia e realtà si intersecano ed Edipo esce dalla sua
tragedia greca per entrare a far parte della realtà psichica. Il “complesso di Edipo”
presente nelle vicissitudini evolutive della libido di ogni individuo tende ad allontanarsi
nel tempo, per richiesta interiore e sociale, anche se è facile osservare come ognuno
ne conservi memoria: ogni bambino che sopravvive nell’adulto, porta con sé i desideri
di un vissuto lontano caduti nella sfera dell’inconscio (A. Berti, S. Martello, 1995,
Incesto: Aspetti antropologici, psicologici e legislativi, In Ricerca medica, n. 1).
Nella psicologia analitica, di cui Freud è stato precursore, la sessualità è un argomento
estremamente complesso perché riguarda un istinto profondamente influenzato dai
modelli culturali, radicato nella coscienza collettiva ma anche nell’inconscio collettivo,
oltre che naturalmente nell’esperienza personale. (M. Valcarenghi, 2007, ”Ho paura di
me”, Mondatori, Milano). Potremmo sostenere quindi, che la sessualità è un po’ natura
e un po’ cultura in interazione tra loro.
Se andiamo a vedere come la pedofilia si inserisce nel contesto storico, appare
evidente il realismo di quanto sostenuto dalla Valcarenghi nel suo interessante libro.
Nel corso della storia, il bambino non è sempre stato considerato un essere umano
bisognoso della guida e del sostegno della famiglia, ma una “cosa” di proprietà dei
genitori in generale e della madre in particolare. Bisogna arrivare al XVIII secolo in
Francia, dove, in seguito alla rivoluzione francese, la costituzione del 1793 proclamò i
diritti dei Bambini. (L. Petrone, M. Troiano, 2005). Il bambino non è più considerato
un “micro adulto” ma un soggetto provvisto di una sensibilità e di una coscienza sue
proprie. Si incomincia così ad indagare lo sviluppo psicofisico dell’infanzia e le
conseguenze di trattamenti, che si pensa il bambino non possa ancora capire e vivere
nella sua complessità. ( M. Valcarenghi, 2007).
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Per millenni, fino al XX secolo, la pedofilia è stata di volta in volta consentita, vietata,
ritualizzata, tollerata: dimostrazione inoppugnabile che si è sempre trattato di un
comportamento socialmente rilevabile, con cui fare i conti, dall’omosessualità pedofila
maschile e femminile dell’antica Grecia al divieto ecclesiastico, stabilito nel Medioevo,
di contrarre matrimoni sotto i sette anni di età. (Licia Granello, dweb.repubblica.it).
L’ abuso sessuale su minori è sempre esistito in ogni gruppo umano, non possiamo
limitarci a considerarlo un incidente storico di questa o quella civiltà, va
contestualizzato all’interno di relazioni sociali e culturali, assumendo un significato
differente a seconda del periodo storico considerato e della cultura dominante. In
Iran
e in Afghanistan, per esempio, l’omosessualità è contro natura, certo non è più così in
Europa. Ma in Iran e in Afghanistan, le bambine che a nove anni vengono vendute dal
padre a uomini di quaranta o cinquant’anni non sono considerate vittime pedofile
come in Europa, né i suoi genitori subiscono processi o condanne sociali. (M.
Valcarenghi, 2007). Schinaia, dà una lettura esplicita di questo, quando sostiene che :
“Il diverso significato che viene ad assumere la relazione pedofila, la sua relatività
storica, prescinde dalla constatazione che c’è la costante presenza di un minimo
comune denominatore, che consiste nella dissimmetria esistente nel rapporto tra
l’adulto e il bambino o l’adolescente. Tale asimmetria si costituisce in ogni caso come
il cardine di una relazione di abuso, al cui interno si determina un divario di potere che
nessuna passiva acquiescenza, scambiata o contrabbandata per consenso, potrà
annullare o ridurre”. (C. Schinaia, 2001, Pedofilia, Pedofilie. La psicoanalisi e il mondo
del pedofilo, Bollati Boringhieri, Torino).
Nell’antica Grecia, l’omosessualità pedofila femminile era ritualizzata nelle tiasi,
comunità educative nelle quali le bambine libere e di famiglie ricche, venivano
addestrate a diventare donne, da maestre che insegnavano loro le arti e le scienze, la
cura della persona e della casa, la danza, il canto e anche il piacere sessuale. Saffo,
come è noto, dirigeva una tiasi nell’isola di lesbo, ma numerose altre comunità
analoghe erano sparse per la Grecia dell’epoca classica. (M. Valcarenghi, 2007). A
Sparta, Lesbo e Militane, donne adulte usavano avere delle amanti tra le adolescenti,
ed era costume unirsi alle ragazze prima del matrimonio, così come avveniva per i
fanciulli da parte di adulti maschi. (V. Picariello, 2008, www.tesionline.it).
Le cronache odierne non sono testimoni di una civiltà degna del nome che porta. Un
recente dossier sul turismo sessuale, ci racconta storie di bambini il cui corpo è usato
e abusato dal “gentil sesso”. Racconta Claudia Marsico, avvocato civilista, che “Cresce
3
il numero dei minorenni che giungono nei Pronto soccorso per bruciature, ferite
superficiali. A provocarle non sono più solo gli uomini ma anche donne, della famiglia
o vicine alla famiglia. L’età delle vittime, si aggira sempre sui quattro, cinque anni ma
ci sono anche casi, racconta Claudia Marsico, di bambine e bambini di pochi mesi”.
(Inchiesta del settimanale Anna sulla pedofilia femminile – N. 15 del 13 aprile 2004 di
Silvia Ferrarsi).
Violentare e uccidere un bambino è stato consentito in tutte le culture schiaviste,
anche in quelle del XIX e XX secolo negli Stati Uniti, in Germania, in America Latina,
in
Africa. Di fronte ad un comportamento sessuale deviante sembra quindi opportuno
evitare sbrigative etichette, quali “patologia dell’istinto” e “perversione” da applicare
alla personalità del colpevole, per cominciare invece a chiederci: perché questa
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persona ha deragliato dalle regole sociali? Naturale o innaturale che sia la sua
sessualità, che cosa l’ha spinta a trasgredire, qual è il suo rapporto con il mondo in cui
vive, quale la sua consapevolezza morale e quali motivazioni inconsce? (M.
Valcarenghi, 2007).
La pedofilia femminile, approccio teorico.
L’infanzia è stata oggetto negli ultimi anni di particolare tutela ed interesse: diverse
infatti sono state le Carte Internazionali dei diritti del fanciullo, che hanno posto come
fondamentali il diritto alla vita, all’uguaglianza, all’identità, all’amore e alla libertà, a
essere protetto da qualsiasi influenza e abuso, al gioco, all’educazione e all’istruzione.
Tra queste, fondamentale è la “Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia”
(1989), redatta e sottoscritta da molti paesi al fine di rendere effettivamente realizzati
diritti e libertà proclamati.
Ma l’infanzia è anche oggetto di “abuso” e sicuramente, in ordine di gravità, l’abuso
sessuale rappresenta l’apice di una piramide fatta di violenza: esso riguarda, infatti, il
coinvolgimento del minore in attività sessuali di cui non è consapevole. Catalogata tra
gli abusi sessuali, la “pedofilia” attualmente, secondo quanto riportato all’interno del
DSM – IV è inserita tra le “parafilie”, ovvero comportamenti caratterizzati da ricorrenti
e intensi impulsi, fantasie o comportamenti sessuali, che implicano oggetti, attività o
situazioni inusuali e causano disagio clinicamente significativo o compromissione
dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.
Se prendiamo in considerazione la pedofilia al femminile, vediamo come la
separazione, l’abbandono, la perdita, possono esserne cause scatenanti. Alcune donne
hanno subìto abusi da bambine e l’esasperazione nell’attività sessuale pedofila è
riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per fare riemergere la propria
femminilità. (www.aquiloneblu.org). Possiamo comunque asserire che la pedofilia
femminile nella sua dinamica formativa non si discosta da quella maschile in quanto
sia che si tratti di un uomo, sia che si tratti di una donna., non ci possiamo limitare ad
identificare la persona con il suo comportamento, perché in questo modo si elimina la
complessità di una vicenda umana e si attenuano lucidità e comprensione. (Valcarenghi,
2007).
Da un Paese all’altro, da uno studio all’altro, la tendenza alla “catalogazione” è sempre
più diffusa e praticata. Nessun neonato viene al mondo con il gene della pedofilia.
Nessun uomo è solo il reato che ha commesso, ognuno di loro è anche altro: un bravo
artigiano, un appassionato di musica, una grande lavoratrice. L’identificazione della
persona con il reato che ha commesso è uno degli errori in cui incappiamo più spesso
ed è l’ostacolo più grande che può incontrare un qualsiasi approccio terapeutico.
Una delle cause della pedofilia, secondo la psicoanalista Marina Valcarenghi
(Valcarenghi, 2007) è rintracciabile in un trauma subito ma non riconosciuto e
sofferto. Un trauma può bloccare in tutto o in parte lo sviluppo di una personalità,
costringendo il comportamento sessuale fin dall’inizio all’interno di schemi infantili e
attivando quindi una fissazione regressiva, o può fare incursione nella vita adulta,
all’improvviso deragliandone il corso. La pulsione emerge dall’inconscio come 4
compensazione e i freni inibitori non funzionano perché da quello stesso trauma sono
stati disattivati. Il comportamento pedofilo, a partire dal momento in cui diventa
azione, descriverebbe quindi una devianza psicosociale e non una patologia
dell’istinto, si tratta cioè di un’interazione tra un’esperienza, la nostra personalità e la
nostra storia che si combinano nel nostro inconscio, facendo poi scaturire il
comportamento patologico. Dobbiamo comunque abbandonare l’dea che alla base
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della pedofilia esista un comune denominatore, l’organismo psichico di ognuno di noi
reagisce ad un disagio esprimendo un sintomo e i sintomi possibili per uno stesso
disagio sono innumerevoli. Così simmetricamente, lo stesso sintomo può riferirsi a
diasagi diversi. Lo stesso trauma, può indurre pedofilia, alcolismo, suicidio o altro
ancora e simmetricamente cause diverse possono convogliarsi su un’identica azione.
“La scelta” dei sintomi, dipende dalla costituzione psichica di ognuno di noi.
La personalità pedofila, mostra meccanismi difensivi come, negazione, scissione,
proiezione e razionalizzazione. Tali meccanismi di difesa, hanno origini molto remote e
molto frequentemente sono legate a traumi subiti nell’infanzia.
Il bisogno di mantenere intatta la figura dell’adulto abusante, che di solito è una figura
vicina al bambino, dalla quale lui dipende, lo spinge a giustificare i comportamenti e a
mantenere l’idealizzazione dell’adulto, grazie a potenti meccanismi di scissione che
permettono di considerare l’adulto come buono e di introiettare la parte negativa su
sé stessi. Si realizza così un inversione di ruoli, in cui la vittima diventerà carnefice per
sentirsi meno impotente nei confronti del dolore e della passività vissuti durante
l’abuso e per tollerare meglio, la dissonanza cognitiva conseguente all’incapacità di
trovare delle risposte alle attribuzioni causali adeguate, (L. Petrone, M. Troiano,
2005).
Nell’immaginario collettivo, il termine “pedofilia” viene associato al sesso maschile. E’
considerata quindi, come la maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso
femminile. Contrariamente a quanto si pensa, complice la mancanza di informazione,
la parafilia colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che
ha sempre sostenuto la rarità delle perversioni femminili. Nel 1991, Kaplan (Kaplan H.
I., Sadock B. J. 1993, Manuale di psichiatria, Edises. Napoli) ha effettuato uno studio
sulle perversioni nelle donne e si è reso conto, che i precedenti clinici non erano
riusciti ad identificarle, in quanto le dinamiche delle fantasie perverse femminili sono
più sottili ed imprevedibili rispetto alla sessualità maschile e quindi difficilmente
identificabili e riscontrabili. Le pedofile, statisticamente sono piu rare degli uomini:
secondo stime approssimative, che si rifanno ai soli dati ufficialmente pervenuti alla
magistratura o ai servizi sociali, solo il 5-7% degli abusi é stato perpetrato da una
donna. Se però andiamo a vedere le storie personali dei pedofili, scopriamo che il
78% dei maschi pedofili riferisce di avere alle spalle storie di abuso agite da figure
femminili e in particolare da madri. (L. Petrone, M. Troiano, 2005). Questo dato, ci fa
intuire che dietro le statistiche si cela una realtà ben diversa da quella ufficiale.
Probabilmente questo sommerso è dovuto alla maggiore familiarità con l’accudimento
fisico dei bambini in cui si confonde più facilmente il significato dei gesti, nascondendo
così il fenomeno. Tracciare un quadro esaustivo della pedofilia al femminile è
notevolmente difficile, ma si potrebbe iniziare, cercando di fare una prima distinzione
tra pedofilia femminile intra-familiare e pedofilia femminile che si manifesta al di fuori
delle mura domestiche.
Pedofilia femminile intrafamiliare.
Secondo Estela Welldon , la perversione femminile più che attraverso la sessualità,
passa attraverso la maternità e attraverso le pervasive strategie di manipolazione del
figlio. (E. Welldon, 1995, Madre, madonna, prostituta, Centro Scientifico Torinese,
Torino).
La pedofilia femminile intra-familiare ossia quella incestuosa è molto difficile da
identificare e scoprire proprio perché celata, spesso, dietro gesti di cura abituali,
sublimata in innamoramento o in pratiche di accudimento. Non si caratterizza come 5
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“comportamento violento” come accade invece di frequente nella pedofilia
extrafamiliare.
Dato che alla madre viene riconosciuta una sorta di autorizzazione ad avere un
contatto con il corpo del figlio, l’abuso che la madre agisce sul corpo del bambino,
sarà riconoscibile solo in adolescenza. Nell’anamnesi di pazienti maschi,
frequentemente emergono madri che continuano a fare il bagno a figli adolescenti o
che spingono, in assenza del padre, il figlio ormai adulto, a dormire nel letto
matrimoniale. L’abuso può manifestarsi attraverso manipolazioni di tipo masturbatorio
e può arrivare ad un rapporto sessuale completo tra madre e figlio.
Tutte le forme di abuso intrafamiliare, hanno ripercussioni fortemente negative sulla
psiche del bambino ma gli abusi sessuali materni sono particolarmente devastanti per
il suo sviluppo emotivo, in quanto la violenza della madre incestuosa è connotata da
“confidence power” ossia da una strategia deduttiva che imbriglia la propria vittima
(figlio/a ), sfruttando i suoi sentimenti naturali di confusione, obbedienza, devozione e
fiducia. (L. Petrone, M. Troiano, 2005).
Lo stesso Freud, riteneva che le modalità di cura e di pulizia che le madri pongono in
essere nei confronti dei loro bambini, fossero spesso involontariamente causa di
eccessiva erotizzazione e quindi suscettibili di influire negativamente sullo sviluppo
della sessualità infantile. Anche se Freud ne faceva più una questione di investimento
libidico che di investimento narcisistico, egli aveva comunque ben intuito l’esistenza
del problema (www.psicologiaforense.it).
La pre-pedofilia.
La dinamica dell’atto pedofilo nelle donne ha a volte anche un’altra particolare
connotazione definita Pre-pedofilia, che si caratterizza in una posizione marginale e
passiva nell’atto pedofilo da parte della donna, che lascia all’uomo la parte attiva. E’
pre-pedofilia quando, in atti delittuosi extra-familiari, quasi sempre maschili, è
presente una donna; oppure quando, all’interno delle mura domestiche, il padre abusa
dei figli minori e lei (moglie, madre, convivente) vedendo, percependo e intuendo
l’abuso, decide di tacere. Il suo silenzio-assenso è una ulteriore violenza ai danni delle
piccole vittime, abusate e non protette da coloro che invece dovrebbero amarli ed
educarli. E’ pre-pedofilia, ancora, quando il desiderio pedofilo viene realizzato per vie
traverse, mediante l’organizzazione di incontri tra i propri figli con persone adulte. (L.
Petrone, M. Troiano, 2005).
Il fenomeno della pre-pedofilia da parte della figura materna, si può verificare perché
il compagno è un pedofilo e l’amore e la dipendenza patologica nei confronti del
partner, la porta a seguire le inclinazioni di quest’ultimo. Pensiamo alla compagna del
“mostro di Marcinelle”, che lo seguiva assecondando i suoi agiti o al caso più recente
di questi giorni in Austria, dove un padre ha relegato la figlia per anni nello scantinato
di casa, ha avuto da lei sette figli che ha poi cresciuto con la moglie ossia la madre
della ragazza.
In moltissimi casi di incesto infatti, oggi come ieri, vi è una madre a dir poco assente,
non attenta alla sua realtà familiare, non in grado né di essere moglie né di essere
mamma (M. Malacrea, A. Vassalli, 1990, Segreti di famiglia, Cortina, Milano). È
proprio il fallimento come donna e come madre, la paura di perdere il partner, a
essere alla base del comportamento complice. Avviene infatti che la madre sappia
dell’abuso, ma non faccia niente per impedirlo; anzi, se la figlia le rivela l’accaduto,
l’accusa di mentire, di essersi inventata tutto, facendo sì che il marito continui a
perpetrare l’incesto. A volte passiva e sottomessa, lei stessa ha subito spesso violenze
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sessuali nell’infanzia, e il ripetersi degli eventi le appare quasi naturale, quasi un
diritto da parte del maschio di appropriarsi del corpo d’una bambina; L’abuso subito,
ha strutturato in lei una personalità fragile, tale da ricercare un partner dominante e
prepotente. Il suo vissuto non elaborato, la porta a reiterare, in maniera più o meno
inconscia, il proprio trauma: come se nella famiglia che si è formata sia necessario ri-6
costruire il proprio dramma, ri-mettere in atto, come regista, il proprio abuso per
poterlo esorcizzare. Non in grado di crearsi l’indipendenza psicologica dal maschio
dominante, questa madre, collude con il suo compagno e cercando di mantenere uno
pseudo-equilibrio famigliare, talvolta spinge, in maniera più o meno cosciente, la figlia
nelle braccia del marito.
Paradossalmente, spesso è il bambino abusato a proteggere la madre debole;
mantiene il segreto perchè sa che la mamma non può sopportare tale dolore, la
difende dalla realtà assumendosene ogni responsabilità. Il bambino paga a caro
prezzo questo suo slancio di generosità, perché con il suo silenzio permette il
perpetrarsi dell’abuso, sostiene un equilibrio familiare che lo priva del suo ruolo
infantile, consente il comportamento del padre che in tal modo non si crea nemmeno il
dubbio su ciò che sta facendo. Se non interviene nessun fattore esterno, l’incesto può
continuare per anni e rimanere segreto fino all’età adulta. Quando l’incesto diventa
evidente, per una denuncia o per la ribellione della figlia, anche per la madre, arriva il
momento di prendere posizione rispetto all’evento. Anche in questo caso, se vuole
continuare il rapporto con il marito, la madre tende a proteggere il partner, cercando
di far ritrattare la figlia o (specie se la figlia è adolescente) mettendosi contro di lei,
rendendola responsabile di ciò che è accaduto. Perdere il marito la porterebbe sul
baratro della propria incapacità di essere indipendente, di assumersi responsabilità
che non è in grado di reggere, di trovarsi a dover dirigere autonomamente la propria
esistenza. Solo se la madre riesce a distaccarsi dal marito, allora diventa alleata della
figlia e con lei combatte la battaglia morale e giuridica contro l’abusante.
(www.altrodiritto.unifi.it)
Pedofilia femminile extrafamiliare
La pedofilia extrafamiliare ha caratteristiche diverse da quella intrafamiliare,
connotata da un marcato desiderio egoista di potere, di dominio e di piacere, spesso si
dirige verso bambini e adolescenti assumendo forme di pedofilia mercenaria e
violenta. Generalmente è legata al turismo sessuale ma altre volte sono luoghi
familiari per la piccola vittima, come la scuola, i luoghi ricreativi, le case di qualche
amichetto, ad essere prescelti. Rientrano nella casistica, casi di maestre che fanno
spogliare i loro allievi, per spiegare come sia avvenuta la creazione, maestre che
insegnano giochi che prevedono la penetrazione dei genitali con i pennarelli e così via.
Questi abusi vengono filmati e poi immessi sul “mercato” tramite internet. (L. Petrone,
M. Troiano, 2005).
Nel caso specifico del turismo sessuale, la pedofilia femminile che preferisce mete
lontane come luoghi di abbordaggio, è balzata agli “onori della cronaca”, intorno agli
anni ’70. In quel periodo donne americane e canadesi, favorite dall’emancipazione
economica, hanno iniziato a recarsi verso spiagge lontane alla conquista dei “beach
boys” e “beach girls”, pagando 100 dollari, per ottenere le loro prestazioni sessuali.
Alcune indagini giornalistiche come quella del settimanale Panorama, hanno
evidenziato che esattamente come succede per i pedofili maschi, le donne pedofile
evadono dalla comune realtà ricercando altrove gli oggetti dei loro “desideri”. Potendo
difficilmente usufruire di infrastrutture organizzate al loro servizio, come i pedofili
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maschi, sono però “costrette” ad abbordare i “meninos de rua” i bambini di strada e a
viaggiare senza la protezione di un’articolata rete di agganci. Non hanno infatti alle
spalle, la tutela di organizzazioni che garantiscono loro la certezza di raggiungere il
luogo di destinazione, avendo già tutto stabilito, come accade per la maggior parte dei
pedofili maschi (www.aquiloneblu.org).
Oggi, l’età di queste donne varia dai 25 anni circa ai 50 anni, mentre le motivazioni
che le spingerebbero ad alimentare il desiderio di vivere una notte di sesso con bimbi
di 6-7 anni o di 11-12, sono sempre le stesse: la soddisfazione sessuale e
l’appagamento materno (www.psicoterapie.org). 7
Differenti sono le mete e rispetto a quanto riportato dall’indagine di alcuni anni fa di
Panorama, si evidenzia come il mercato si sia adeguato anche alle richieste delle
donne pedofile. Le donne nordamericane si indirizzano, per la maggior parte, verso i
Caraibi; mentre le europee provenienti dai ricchi paesi occidentali, preferiscono come
mete il Marocco, la Tunisia e il Kenya e per le destinazioni più lontane la Giamaica e il
Brasile. La Thailandia, invece, è la meta preferita dalle donne giapponesi che, con voli
charter, raggiungono i centri specializzati in massaggi sadomaso di Bangkok. A
Marrakesh trascorrono dei periodi le scandinave e le olandesi che consumano notti
d’amore in acconto, cioè se la notte trascorsa non è stata soddisfacente la prestazione
non viene pagata.( N. Bressan, 2001, Quando un bambino piange al buio, relazione
presentata al Convegno di Novara “Perchè i bambini non piangano al buio. Riflessioni
sulla pedofilia”).
Più recentemente, arriviamo al turismo sessuale femminile in Sri Lanka. Dalla
testimonianza di volontari del posto, si apprende che le “turiste”, arrivano portandosi
da casa ormoni e droghe da somministrare a bambini dai 6 agli 11anni per consentire
fisicamente l’atto sessuale (S. Zanda www.psicoterapie.org). Secondo il resoconto di
una dottoressa che ha visitato alcuni di quei bambini, il trattamento ormonale per
ottenere l’erezione, avviene tramite l’iniezione degli ormoni nei testicoli, questo causa
l’abnorme ingrossamento dell’organo sessuale del bambino che non tollera più di 5-6
di tali iniezioni e i danni spesso sono letali (L. Granello, 2007, dweb.repubblica.it).
Non ci possiamo poi dimenticare della pedofilia praticata nelle sette sataniche che
vede la costante presenza di figure femminili, una forma di pedofilia estremamente
violenta che utilizza rituali a sfondo sessuale per avvicinarsi secondo una loro
“interpretazione”, all’entità malefica. In questo caso, sono coinvolti bambini della
scuola dell’infanzia cioè tra i 2 e 6 anni che possono essere molestati se non addirittura
rapiti da satanisti che si aggregano al personale delle scuole dell’infanzia (L. Petrone,
M. Troiano, 2005).
Pedofilia femminile e atteggiamento sociale
Prof. avv. Guglielmo Gulotta, avvocato, psicologo, psicoterapeuta, professore ordinario
di Psicologia Giuridica presso l’Università degli Studi di Torino
COMUNICATO STAMPA
In relazione ai molteplici dibattiti e discussioni radiotelevisivi suscitati dall’interesse
esploso intorno alla vicenda di Rignano Flaminio, con la quasi totale assenza di
accademici esperti della materia nonché dei firmatari della Carta di Noto – riconosciuta
come il documento guida nei casi di sospetto abuso sessuale – esprimo alcune
considerazioni, innanzitutto nella mia veste di psicologo, psicoterapeuta e Professore
ordinario di Psicologia Giuridica – unica cattedra del Paese – e di avvocato che si è
occupato, in qualità di difensore, di ben quattro casi di pretesi asili a luci rosse; due di
22
questi si sono conclusi con l’assoluzione di tutti gli imputati, uno è ancora in fase di
indagine e il quarto, per cui siamo in attesa della Cassazione, con l’assoluzione di 4
imputati e la condanna di un bidello.
Oggi apprendiamo che a Rignano Flaminio il Tribunale del Riesame ha annullato le
ordinanze di custodia cautelare in carcere di 5 indagati rimettendoli in libertà.
Ritengo doveroso mettere al corrente il pubblico del come e del perché, nonostante i
media diano ampio rilievo a dichiarazioni dei bambini e delle madri che di per sé sono
inconciliabili con l’assoluzione degli imputati e con la loro scarcerazione, praticamente
la totalità di questi processi si concludano con l’accertamento da parte della
magistratura dell’innocenza degli stessi e con una conseguente sentenza assolutoria.
Bisogna innanzitutto sgomberare il campo dagli equivoci: non si tratta di menzogne
raccontate dai minori, né tantomeno di malafede da parte dei genitori che, in tutti i
casi da me trattati professionalmente, non avevano alcun interesse e alcuna ragione
di voler calunniare gli insegnanti. L’allarme diffuso intorno al fenomeno pedofilia può
fare sì che un genitore, preoccupato ad esempio da manifestazioni di disagio del
proprio figlio (si tratta molto spesso di sintomi assai comuni e frequenti tra i bambini,
quali l’enuresi notturna, la comparsa di incubi, oppositività al momento di andare a
scuola, ecc…) o da segni e sintomi fisici fino ad allora mai manifestati (ma anche
questi altrettanto frequenti, quali emorroidi, arrossamenti in zona genitale, lividi su
cosce e natiche, ecc…) si faccia l’idea che ciò possa essere riconducibile ad un’azione
esterna. Nella maggior parte dei casi, invece, l’indagine psicologica, se ben condotta,
rivela che il disagio psicologico del minore ha a che vedere con un perturbamento
dell’equilibrio familiare, quale un conflitto tra i suoi membri, una separazione tra i
genitori o anche semplicemente la nascita di un fratellino. Allo stesso modo, i segni e i
sintomi fisici possono trovare la loro spiegazione nella stipsi, nella scarsa igiene,
nell’essersi toccati le parti intime con le mani sporche o nell’aver fatto dei giochi sulla
sabbia. I lividi, come è intuitivo, possono essere provocati da cadute e ruzzoloni nei
normali giochi dei bambini. Il genitore spaventato dall’idea della pedofilia può a questo
punto chiedere al figlio: “chi è stato a farti questo?”, dando quindi implicitamente per
scontato, almeno nella formulazione della domanda, che qualcuno deve avere
provocato ciò di cui egli chiede conto al bambino. In questo modo egli induce nel figlio
una risposta che non è solo una spiegazione, ma è anche una giustificazione.
Costretto a indicare un colpevole, il minore – il cui bacino “sociale” è necessariamente
molto limitato- potrà dire:
– mio fratello/sorella oppure il mio amichetto: in questo caso il genitore può
accontentarsi della risposta;
– mio papà: e questo è assai rischioso – lo dico per ampia esperienza in casi di questo
tipo- quando i due genitori siano in una condizione di separazione conflittuale;
– la maestra: e arriviamo a noi;
– nessuno: e arriviamo a noi.
Quando la madre non riceva la risposta paventata può convincersi che il piccolo sia
reticente e così insiste finché il bambino ingenuamente la segue assecondandola nella
sua ipotesi temuta. A questo punto la madre, ottenuta quella che lei reputa una
rivelazione (si tratta in realtà di una ammissione pilotata!) innescherà il contagio tra
gli altri genitori attraverso un’azione incontrollabile. Nel caso di Verona – uno di quelli
conclusi con l’assoluzione di tutti gli imputati- la madre responsabile per così dire
dell’innesco dell’intera vicenda giudiziaria, d’accordo con il proprio marito iniziò ad
avvisare, nel cuore della notte, tutti i genitori degli altri bambini scatenando in loro,
23
come è facile immaginare, quel terrore e quell’angoscia che a loro volta diedero vita
agli interrogatori degli altri bambini (alcuni svegliati in piena notte perché
raccontassero!). Nel caso di Bergamo (anche questo concluso con l’assoluzione delle
imputate) l’innesco è provocato da una madre che trae la convinzione che il proprio
bambino sia stato abusato all’interno della scuola materna dopo averlo esplicitamente
interrogato con il ciuccio in bocca: interpretava i gesti e i cenni del bambino come
affermazioni o disconferme alle sue domande. Ciò che più di ogni altra cosa la
convinse del patito abuso era la mancanza di “indignazione” sul volto del figlio (un
piccolo di appena 4 anni) rispetto alle domande oscene che lei gli faceva!
In altro caso, abbiamo avuto la prova di come si reifichi il tema del cosiddetto segreto,
fil rouge di tutti questi processi. I genitori non possono darsi pace del fatto di non
essersi accorti di quanto accadeva al proprio bambino e soprattutto del fatto che il
figlioletto, sempre così aperto con loro, non abbia fino ad allora riferito nulla su una
cosa tanto importante. Scatta quindi immediatamente la convinzione che il piccolo sia
stato indotto, anche attraverso minacce e punizioni, al mantenimento del segreto.
L’interazione tipica è la seguente:
Mamma: “non me lo hai detto perché avevi paura, vero? Non temere, piccino, ti
difende la mamma, e nessuno può fare male alla mamma.
Avevi paura perché ti hanno detto di non dirlo, altrimenti…?Il bambino si adegua.
PS: queste domande sono vietate nel processo ai propri testimoni (in ipotesi anche al
capo di una famiglia mafiosa) perché troppo suggestive e quindi in grado di
condizionare il testimone alterandone la risposta. 9
E si convincono quindi che il figlio – un bambino di tre anni – possa aver stoicamente
dissimulato dolori e sofferenze inenarrabili (tra cui l’essere incatenato, legato,
violentato, drogato, ecc.). Ecco la trappola cognitiva: se io non ho capito finora e il
bambino ha finora taciuto non è perché non è successo, ma perché qualcuno gli ha
detto di non dirlo. E questa richiesta deve necessariamente essere stata
accompagnata da minacce. Nel caso di Verona abbiamo la prova registrata che è
andata proprio così.
Dopo un po’ di tempo il bambino conferma la bontà dell’intuizione materna. A questo
punto intervengono gli psicologi incaricati di valutare i racconti dei minori e la loro
attendibilità, ma anziché procedere secondo le indicazioni provenienti dalla più
accreditata letteratura scientifica internazionale in materia, molti professionisti
omettono di impiegare protocolli e metodologie corrette, necessarie quando si
debbano raccogliere testimonianze così fragili come quelle dei minori, procedendo
invece in maniera arbitraria e improvvisata. Molti sono addirittura ignari dei rischi di
instillare nel minore, attraverso domande suggestive e interviste ripetute, le
cosiddette false memorie, nonostante la copiosa letteratura in materia (sul punto vedi
Gulotta, Cutica: Guida alla perizia psicologica, edito da Giuffrè). E’ sperimentalmente
dimostrato, anche attraverso una ricerca condotta da me, che è possibile indurre nel
bambino – tanto più da parte del genitore, falsi ricordi relativi ai più disparati
avvenimenti, in realtà mai esperiti. Tra gli altri: l’aver subito un attacco fisico da parte
di un animale feroce o l’essere stati rapiti dagli alieni. Così mentre le madri ottengono
ciò che temono, gli psicologi ottengono ciò che si aspettano.
Poi i bambini ci mettono del loro: squali a Brescia, clown, pagliacci, pellerossa, ecc…
Cosi, senza che in molti se ne rendano conto, ci si ritrova, anziché in un processo, in
un cartone animato.
Torniamo ai sintomi di cui parlano i genitori e che vengono poi propagandati dai media
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come prova del patito abuso. I bambini hanno sì dei sintomi, ma fateci caso: i sintomi
nascono dopo che è scoppiato lo scandalo. Non è che i genitori fino ad allora non li
avessero visti; è che non c’erano o erano irrilevanti. I sintomi compaiono a seguito
dello stress provocato nel minore dalla stessa investigazione: questi bambini vengono
“sentiti” (traduzione corretta: interrogati) ripetutamente dalle madri, dalla polizia,
dagli psicologi, dai magistrati. E’ la profezia che si autodetermina, la costruzione del
fattoide: la macchina della giustizia finisce col creare il mostro che crede di
combattere. La prova: i sintomi dei bambini, anziché diminuire con l’allontanarsi dal
momento del presunto abuso, aumentano parallelamente al procedere delle
investigazioni.
Memento la storia degli untori, delle streghe e ancora di più dello iettatore, un mostro
costruito dalle parole dove però in molti sono pronti a giurare di avere le prove che
egli porti davvero sfortuna. Oggi la tesi espressa da alcuni media, che evidentemente
ignorano tutti gli studi di psicologia sociale e sociologici sulle dicerie e sulle leggende
metropolitane, è che esista una banda organizzata di pedofili che si insidia nelle
diverse scuole. Stranamente però, nonostante le accurate indagini di polizia, non
vengono mai rinvenute né tracce dei contatti tra i vari membri della banda (eppure
deve essere necessario accordarsi per portar fuori i bambini), né materiale video o
fotografico (eppure si parla di riprese pedo-pornografiche, set cinematografici, ecc.),
né anomalie sui conti bancari. E quello economico sarebbe l’unico movente sensato
per spiegare la condotta di donne che per 30 anni hanno tenuto una condotta
esemplare, e improvvisamente diventano complici di simili porcate.
Già perché la pedofilia femminile, come tutte le altre parafilie (salvo il
sadomasochismo) sono una prerogativa maschile.
Così ragionando, migliaia di famiglie italiane che hanno i bambini all’asilo sono
spaventate. A Vallo della Lucania si suppone che una novizia straniera riesca a
convincere, non si sa come, delle suore che da molti anni gestiscono un asilo da cui è
passata mezza città, a commettere abusi sui piccoli alunni dandoli addirittura in pasto
a una banda di pedofili che sarebbe composta, nel caso di specie, da un fotografo e da 10
un capomastro. Il sequestro dell’intero patrimonio fotografico del primo, così come
l’esame dei reperti organici nell’abitazione del secondo (teatro, secondo l’accusa, del
set cinematografico) hanno dato esito negativo.
Desterebbe, poi, una certa inquietudine il fatto che nello stesso periodo racconti con
contenuto analogo provengano da minori che abitano in luoghi diversi e lontani tra
loro. La spiegazione è molto semplice: le mamme hanno le stesse paure e gli psicologi
le stesse aspettative. Anche nei processi alle streghe e agli untori c’erano dei focolai
apparentemente senza connessione.
Sartre diceva che “le parole sono pistole cariche” e hanno la terribile forza di costruire
la realtà.
Già Bacone aveva identificato i limiti della mente umana (e Kahneman, psicologo
premio Nobel, lo ha confermato sperimentalmente): quando abbracciamo un’ipotesi
siamo portati a scartare e a sottovalutare tutti quegli elementi che la
disconfermerebbero. La tendenza della mente è verificazionista. E pensate che né gli
avvocati né i magistrati che tutti i giorni sono chiamati ad occuparsi di casi come
questi, almeno stando al loro curriculum, non debbono aver studiato un rigo – dico un
rigo – di psicologia. (www.bambinicoraggiosi.com ).
Ho scelto di cominciare con il comunicato stampa del professor Gullotta perché mi ha
colpito il tono perentorio con cui descrive genitori che, ( cito testualmente) “visto il
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diffuso allarme intorno al fenomeno pedofilia”, estendono la loro preoccupazione ad
ogni segnale fisico che potrebbe essere ricondotto ad un presunto abuso. Il bambino
dal canto suo, non fa altro che accontentare le richieste dei genitori, confermando le
paure degli stessi, colorando di fantasie infantili l’intera ipotetica vicenda e, dice
ancora Gullotta. “Cosi, senza che in molti se ne rendano conto, ci si ritrova, anziché in
un processo, in un cartone animato”. Non parliamo poi di tutti quegli psicologi
incompetenti che fregandosene di tutti i protocolli e Carte di Noto, “procedono invece
in maniera arbitraria e improvvisata” . Sempre Gullotta, sostiene poi che “la pedofilia
femminile, come tutte le altre parafilie, (salvo il sado-masochismo), sono una
prerogativa maschile”, quindi tutti i vari “Rignano Flaminio” non possono che essere
una bufala colossale.
Francesco Bruno celebre, rinomato criminologo e collega di Gullotta, nello scrivere la
prefazione al libro di Petrone e troiano “Se l’orco fosse lei”, definisce la pedofilia
femminile un fenomeno “nuovo”, un fenomeno, sempre a suo dire, che sta
“incominciando a fare la sua comparsa anche nel nostro Paese”.
Quello che io ho letto, facendo una semplice ricerca nelle varie rassegne stampa
nazionali e internazionali, mi racconta però una realtà diversa, in cui non trova
conferma la definizione di “fenomeno nuovo” data dal Prof. Bruno e tanto meno quella
di cartoni animati descritta dal professor Gullotta.
Riporto qui di seguito gli articoli che sono riuscita a trovare cercando negli archivi
disponibili di quotidiani online :
Repubblica 12 settembre 1997
Arrestata, adescava bambine. Teramo
Piccole somme di denaro e gioielli. Così Marta Maria Battista avrebbe attirato tre
minorenni in un giro di pedofilia femminile. Lei, 21 anni, originaria di Molfetta e
residente a Nereto, vicino a Teramo, casalinga, è stata arrestata mercoledì notte dal
reparto operativo dei carabinieri di Teramo nell’ ambito di un’ indagine sulla pedofilia.
Quando gli agenti hanno suonato alla sua porta, l’ ignaro marito non poteva credere a
quelle accuse. Durante la perquisizione dell’ appartamento i carabinieri hanno trovato
anche diversi oggetti per pratiche sessuali e alcune cassette porno in cui però non
compaiono minorenni come protagonisti. Secondo l’ accusa, da tempo la donna
rivolgeva pressanti attenzioni sessuali nei confronti di una ragazza di 14 anni. All’
insaputa del marito, non solo aveva rivolto le sue attenzioni sessuali sulla minore, ma
aveva anche cercato di indurre un’ amica maggiorenne a prostituirsi con uomini di sua
conoscenza. 11
www.Repubblica.it 24 agosto 2000
Caso di pedofilia al ‘femminile’. E’ accaduto a Termini Imerese, un centro a 35
chilometri da Palermo, dove una donna di 30 anni è stata arrestata con l’accusa di
aver compiuto abusi sessuali su una ragazzina di 14 anni. La donna, casalinga, è stata
rinchiusa nel carcere dei Cavallacci su ordine di custodia del gip, Francesco Paolo
Pitarresi, che ha accolto le richieste del sostituto procuratore della Repubblica,
Francesca Pandolfi. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito dalla polizia, che ha
svolto le indagini, avviate su denuncia della madre della vittima. L’identità della
pedofila lesbica non è stata resa nota.
Repubblica 19 settembre 2000
Pedofilia al femminile Due baby sitter molestano bambino FORLI – Un caso di pedofilia
al femminile a Forlì: due baby sitter – sorelle di 36 e 38 anni – sono state denunciate
dai genitori di un bambino di 8 anni con l’ accusa di aver abusato del piccolo che
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avevano in custodia a giorni alterni. I genitori avrebbero scoperto cosa succedeva in
loro assenza perchè il bambino diventava sempre più strano e faceva domande
“innaturali” per la sua età. Con pazienza i genitori sono riusciti a farsi raccontare delle
strane attenzioni cui era diventato oggetto. Appena intuito di che cosa si trattava,
hanno presentato denuncia all’ ufficio minori della Questura. Ora l’ autorità giudiziaria
dovrà sbrogliare uno dei pochi casi noti di pedofilia al femminile..
Repubblica 18 agosto 2001
Le nuove turiste sessuali a caccia di bambini vengono dall’ Europa occidentale e dagli
Stati Uniti. Sono ricche, di mezza età. Di solito viaggiano in coppia e portano con sé
una macabra attrezzatura composta di ormoni e droghe. Avere un rapporto sessuale
con un ragazzino preadolescente è tecnicamente più difficile che con una bambina
tanto che le pedofile più esperte arrivano ad iniettare ormoni o droghe nei bambini più
piccoli per provocarne l’ erezione. Lo sfruttamento sessuale ai danni di bambini rischia
di avere conseguenze ancora più a lungo termine di quello inflitto alle bambine. L’ uso
di droghe e sostanze chimiche può avere effetti fisici ancora sconosciuti. Oltre ai danni
psicologici e fisici provocati dalla violenza sessuale, spesso irrecuperabili, il
trattamento ormonale in età preadolescente causa una modificazione dello sviluppo
che può arrivare a minacciare anche la vita del bambino (a.g.)
www.sun-sentinel.com 11 Gennaio 2004
Le Accuse contro una professoressa di Boynton Beach fanno luce sul ruolo della Donna
come molestatrice sessuale. Articolo di Scott Travis.
L’abuso sessuale contro i bambini è da sempre stato considerato come un crimine
degli uomini. Nonostante il fatto che la maggioranza dei casi continuano a coinvolgere
uomini, le donne stanno in questi tempi occupando le prime pagine dei giornali
accusate di avere relazioni sessuali con adolescenti.
Nei recenti mesi ci son stati ben tre casi, nella sola Florida, più una serie di altri
nell’intero contesto nazionale. L’ultima donna accusata di abuso sessuale è Carol
Flannigan, un’insegnante di musica di 49 anni alla Rolling Green Elementary a
Boynton Beach. La Flannigan è stata arrestata con l’accusa di aver intrattenuto una
relazione sessuale di ben 19 mesi con un ex-studente di 11 anni. La Flannigan fa
seguito a numerose altre donne che sono state arrestate negli ultimi anni per accuse
simili, tra queste : Amy Duane, un’insegnante di scuola elementare che si è dichiarata
colpevole a Novembre. La Duane ha intrattenuto una relazione sessuale con un
bambino di 13 anni che viveva nel suo vicinato, ad ovest di Lake Worth. La pena è
stata di 4 anni in prigione. 12
Debra Favre, che ha ammesso di aver avuto una relazione sessuale con un ragazzo di
sedici anni nella stanza da letto della signora Duane (azz!). La Favre si è dichiarata
colpevole a Novembre. La sentenza sarà emessa il prossimo mese.
Denise McBryde, un’ex-insegnante di una scuola privata che è stata condannata a tre
anni di carcere per aver avuto una relazione sessuale con un suo studente di 15 anni,
a Tampa.
Comunque, probabilmente la più famosa è Mary Kay Letorneau, un’insegnante di Kent
(Washington). La storia della Letorneau è balzata nelle prime pagine di tutta la
nazione quando la sua relazione con uno studente di 13 anni ha prodotto 2 bambini
(che schifo…).
“La gente comune pensa che sia raro, ma non lo è per niente”, dice Deborah Hermon,
una psicologa che lavora a Boca Raton. “L’idea per cui una donna o una madre –
qualcuna che si suppone debba rappresentare il meglio per quanto riguarda la
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‘protezione’- possa abusare di un bambino, è talmente angosciosa e penosa che le
persone non vogliono nemmeno prendere in considerazione la questione. Ma il
problema è molto più diffuso di quanto la gente creda.”
In base alle cifre del Dipartimento di Giustizia le donne accusate di crimini a sfondo
sessuale contro bambini sono appena il 3%.
Ma la Hermon dice che la maggior parte dei casi che coinvolgono donne o non
vengono segnalati oppure le donne non vengono condannate. La Hermon dice che è
difficile ottenere il DNA e altre evidenze fisiche quando ad essere abusato è il maschio.
“E spesso i bambini avvertono che ci sia in loro una sorta di “marchio di colpevolezza”
per essere stati vittimizzati da una donna”, dice la Hermon.. La madre della vittima di
Amy Duane dice che lei non ha mai pensato nemmeno una volta che una donna
potesse essere una “pedofila”, finchè non ha dovuto constatare la dura realtà nella
sua famiglia.
Settimanale Anna aprile 2004:
Maria, quattro anni, entra con la mamma nello studio di una pediatra. Il medico
conferma i sospetti dei genitori: la bambina ha un’infezione vaginale. La pediatra
prescrive la cura, consiglia di far indossare alla bambina slip più aderenti, e di vietarle
di sedersi a terra. Un giorno, la madre vede Maria armeggiare con un pennarello fra le
gambe. La sgrida, le spiega che fa male a fare quel gioco, perché certamente è stato
causa della sua malattia. Maria ribatte che quel gioco “glielo ha insegnato la maestra”.
Quindi, si può fare. La mamma ammutolisce e corre al telefono. La classe della scuola
materna che Maria frequenta ha 12 alunni. La madre di Maria rintraccia, una per una,
le altre madri. Si consultano, si riuniscono, si accordano sul modo migliore per
interrogare i propri figli. Dai racconti dei bambini emerge un quadro dettagliato: la
maestra avrebbe accompagnato i piccoli in bagno per “giocare” con loro, con
pennarelli e altri oggetti.
Giovanni, cinque anni, si comporta in modo strano. La madre, che per lavoro trascorre
molte ore fuori casa, decide di tenerlo d’occhio per un po’. Un pomeriggio rientra
prima del previsto e trova questa scena: il bambino piange, disperato. La babysitter è
nuda dalla vita in giù. L’accusa, per la ragazza (italiana, incensurata), sarà “violenza
sessuale”. La babysitter avrebbe costretto il piccolo a fare sesso orale con lei, dietro
minacce e ricatti. I genitori, che non sospettavano nulla, sono sconvolti. Ora il
bambino è in cura da una psicologa.
Il caso più recente riguarda ancora una volta una babysitter, a Milano. Trent’anni,
straniera, è stata arrestata con l’accusa di maltrattamenti, violenze e molestie sessuali
su due bambini di otto e cinque anni che le erano stati affidati dai genitori. Secondo il
racconto dei piccoli, lei li avrebbe seviziati con arnesi da cucina. Rinchiusi per ore,
nudi, nel box doccia. Terrorizzati e ricattati con minacce continue, tipo: “Se lo racconti
a tua madre, ti ammazzo il cane”. 13
massimilianofrassi.splinder.com 25 gennaio 2005
Pedofilia: retata in Francia, 68 fermi di polizia
PARIGI – Sessantotto persone – uomini e donne, di tutti gli ambienti sociali e di età
compresa fra i 16 e i 60 anni – sono stati sottoposti a fermo di polizia in seguito ad
una retata antipedofilia che ha interessato tutto il territorio francese. I sospetti sono
stati fermati nell’ambito di un’inchiesta aperta dalla magistratura di Colmar, nel
nordest della Francia, per “detenzione e diffusione di immagini pedofile”. Sono state
compiute numerose perquisizioni domiciliari, definitive positive da fonti di polizia, che
hanno portato alla scoperta e al sequestro di migliaia di foto, film e dvd a carattere
28
pedofilo, che venivano scambiati via internet.
La Repubblica 15 agosto 2005
Faceva sesso con uno studente. Arrestata insegnante inglese. La donna aveva fino a 4
incontri a settimana con un tredicenne molti i precedenti negli Stati Uniti, finiti anche
con il matrimonio.
Gb, in carcere una insegnante per aver fatto sesso con un allievo.
LONDRA. Quindici mesi di prigione per aver fatto sesso con un ragazzino. E’ la
condanna inflitta ad una insegnante britannica di 32 anni, denunciata per aver avuto
rapporti con uno dei suoi allievi. La donna è stata condannata oggi a 15 mesi di
prigione senza i benefici.
Hannah Grice, sposata e madre di due bambine, è stata anche condannata a essere
iscritta per 10 anni nella speciale lista dei delinquenti sessuali. Secondo l’allievo
adolescente, che all’epoca dei fatti avvenuti tra il 2003 e il 2004 aveva tra i quattordici
e i quindici anni, gli incontri con l’insegnante avevano luogo fino a quattro volte alla
settimana, nell’abitazione della professoressa.
Non è la prima volta che le cronache si occupano di episodi simili. In particolare negli
Usa, molte insegnanti sono finite nei guai per essere andate a letto con allievi
minorenni. A marzo, una insegnante di 30 anni delle scuole superiori è stata arrestata
e incriminata a Sacramento, in California, dopo essere stata sorpresa a far sesso con
un alunno di 16 anni mentre il figlio della donna, un bambino di due anni, assisteva
alla scena dal sedile posteriore.
Pochi giorni dopo un’ insegnante delle medie di 37 anni della West Virginia, Toni Lynn
Woods, è stata arrestata per abuso su minori e ha ammesso di aver avuto rapporti
sessuali completi con tre studenti e di aver fatto sesso orale con altri due.
Debra Lafave, un’altra maestra accusata di avere sedotto un alunno di 14 anni in
Florida, durante il processo ha giocato il tutto per tutto affermando di essere pazza. La
donna ha affermato di avere avuto rapporti sessuali con l’alunno mentre era sotto il
trauma di un matrimonio fallito e di un lavoro, in una piccola scuola media di Tampa,
che non le dava alcuna soddisfazione.
E Pamela Turner, 27 anni, bella, bionda, appariscente insegnante di educazione fisica
e allenatrice di basket se l’è cavata con nove mesi di carcere, rischiava una condanna
fino a cento anni. La maestra elementare di McMinnville, nel Tennessee, ha avuto a
più riprese rapporti sessuali con uno studente di 13 anni, allievo dello stesso istituto
scolastico dove lei insegnava. C’è stata qualche polemica per la pena mite: c’è chi
sostiene che l’avvocato difensore ha giocato la carta della sensualità della cliente.
Ma sicuramente il caso più celebre è quello di Mary Kay Letourneau, uscita dal carcere
dopo aver scontato sette anni e mezzo per aver fatto sesso con un suo alunno della
prima media, Vili Fualaau. La coppia (43 anni lei, 22 lui) ha avuto due figli e ha
celebrato il matrimonio il 21 maggio scorso.
antifeminist.altervista.org 2 marzo 2006
Pedofila stupra bambino di 4 anni.
Una donna di 37 anni, impiegata in un day-care center di New York, ha ammesso di
aver ripetutamente stuprato un bambino di 4 anni. Khemwhatie Bedessie, questo il 14
nome della donna, ha intrattenuto rapporti sessuali con il bambino di 4 anni almeno 3
volte in un arco di tempo tra Gennaio e la prima settimana di Febbraio.
Il 20 Febbraio il bambino ha raccontato alla madre di esser stato costretto da
Khemwhatie Bedessie a seguirla in bagno, dove poi sarebbe stato stuprato dalla
donna. La madre del bambino ha quindi allertato le autorità e poco più tardi ottenuto
29
una confessione di colpevolezza da parte della Bedessie.
Da quanto è emerso dalle indagini investigative, pare che la Bedessie era solita
abusare del bambino tra le 7 e le 9 del mattino, ovvero prima che arrivassero gli altri
insegnanti del day-care center.
www.corriere.it 10 ottobre 2006
Racconto choc di Bevilacqua
“Così fui violentato”
MILANO: Un bambino di sei anni e mezzo sta disteso sulla riva del grande fiume,
nudo, sotto il sole. È giugno, fa caldo, c’è intorno il silenzio meridiano di Pan. Appare
dal nulla una donna, una folle vagabonda accompagnata da due cani: «E io la ricordo
ora come se l’avessi qui davanti, in questa stanza: non l’avevo mai vista prima, ai
miei occhi infantili sembrò gigantesca, quasi oscurava il sole». La donna afferra il
bambino e lo sevizia: «Ero uno straccio di carne». Lei è come un’orchessa sfuggita alla
boscaglia arcana del Po; o una «vaghezia», in dialetto parmigiano, cioè un miraggio
che fluttua tra le sabbie e le acque tremolanti, nella canicola. Ma una «vaghezia» che
segna la fine dell’infanzia, dell’innocenza, «anzi, la fine di tutti i sogni sull’universo
femminile»; il passaggio dal paradiso terrestre a un mondo di caos.
www.ecpat.it 02 marzo 2007
La zia si infilava nel letto del nipotino e lo stuprava, chiesto il rinvio a giudizio.
Zia di un bimbo di 10 anni, è accusata di averlo stuprato, inducendolo ad avere
rapporti sessuali con lei.
A denunciare la donna e’ stata la sorella, quando un parente si è reso conto di quanto
avveniva nella camera da letto. I reati contestati a alla donna, 29enne, originaria del
Salvador, come la vittima, sono avvenuti due anni fa.
La donna ha raggiunto in Italia la famiglia della sorella e ha abitato con lei e i suoi due
figli piccoli. Dato lo scarso numero di stanze, zia Gloria dormiva in camera con i
bambini e il cugino del padre. E’ stato quest’ultimo a rendersi conto di quanto
accadeva di notte.
La zia entrava nel letto del bambino e lo induceva ad avere rapporti sessuali,
malgrado lui tentasse di respingerla. La madre dei bambini ha deciso di sporgere
querela e la sorella e’ scappata, rendendosi oggi irreperibile.
Per la donna ora è stato chiesto il rinvio a giudizio con le accuse di atti sessuali con
minorenne e violenza sessuale. Il pubblico ministero Laura Amato contesta
all’imputata una particolare condotta insidiosa nei confronti della vittima, lo
sfruttamento del legame affettivo e delle condizioni di superiorità psicologica rispetto
al bambino.
Sentito durante un incidente probatorio, il bimbo ha confermato tutte le accuse.
www.ecpat.it 18 marzo 2007
La denuncia di don Di Noto: aumentano le pedofile
E’ allarme per la pedofilia femminile. Lo segnala don Fortunato Di Noto, fondatore
dell’associazione Meter per la tutela dei bambini. “Non dimentichiamo, anche se in
percentuale minima, ma crescente, il 4-7% delle violenze o della detenzione di
materiale pedopornografico è compiuto da donne”, dice il sacerdote e ricorda come “a
livello internazionale le pedofile hanno una rivista cartacea e una radio online e sono
numerosi i Blog di donne pedofile (n. 36 denunciati alla Interpol e alla Polizia Postale
da Meter)”. Hanno anche un simbolo, un cuore (una grande che contiene uno piccolo)
15
”Non di rado, dice don Fortunato Di Noto, ci siamo imbattuti in foto (2% circa)
30
raffiguranti espliciti atteggiamenti sessuali tra minori e una donna adulta”.
Nell’immaginario collettivo il termine ‘pedofilia’ viene associato al sesso maschile,
sottolinea la sociologa e criminologa, Nicoletta Bressan, socia e consulente
dell’associazione Meter, secondo la quale, la pedofilia ”e’ considerata come la
maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso femminile”, ma,
”contrariamente a quanto si pensa, complice la mancanza di informazione, la parafilia
colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che ha sempre
sostenuto la rarità delle perversioni nelle donne”.
www.ecpat.it 18 marzo 2007
Pedofilia. Faceva asilo nido in casa: trovato intero archivio di materiale
pedopornografico
C’è anche un vasto archivio pedopornografico nella vicenda di pedofilia scoperta dai
Carabinieri e nella quale sarebbe coinvolto anche un uomo, che risulta convivente di
Monica Chirollo, ma in realtà non avrebbe mai risieduto ad Arzachena, l’uomo abita a
Como e su di lui starebbero indagando i militari del locale Comando; su questa parte
dell’inchiesta e sull’archivio dell’arrestata, gli investigatori mantengono un assoluto
riserbo.
”Sulla vicenda, hanno spiegato i Carabinieri del Comando provinciale di Cagliari, per
motivi di riserbo istruttorio possiamo dire pochissimo, forse il 5% di quello che
abbiamo accertato. La necessità di rendere nota la vicenda e il volto della donna
accusata di abusi sessuali sui bimbi affidati alle sue cure, nasce dalla certezza che
Chirollo, negli ultimi tre anni, ha reiterato il suo comportamento oltre che nella sua
casa di Arzachena, dove aveva realizzato una sorta di asilo nido, anche nel
cagliaritano, dove è partita l’inchiesta, e in altre località”.
L’appello degli investigatori punta anche a mettere in guardia i genitori: ”attenti a chi
affidate i vostri figli”. I Carabinieri hanno raccontato che alla scoperta della vicenda si
è arrivati grazie alla sensibilità di una volontaria dell’assistenza ospedaliera e alle
capacità professionali di due sottufficiali della Compagnia di Iglesias che hanno
cominciato gli accertamenti, coinvolgendo successivamente i colleghi del Reparto
operativo provinciale.
Monica Chirollo sarebbe entrata in contatto con la bimba straniera, che oggi ha 9 anni,
dopo che la madre aveva fatto un appello su una televisione locale: ”aiutatemi, devo
essere ricoverata in ospedale e non ho nessuno che si possa occupare di mia figlia”.
Poche ore dopo Chirollo si era messa in contatto con la famiglia straniera e,
sostenendo di essere spinta da spirito filantropico, si era trasferita nel cagliaritano
portando cibarie e giocattoli.
Tranquillizzata dalle manifestazioni di affetto e dall’apparente filantropia della donna,
la madre le aveva affidato la custodia della bimba.
I primi sospetti sarebbero nati quando la bambina avrebbe cominciato a manifestare
comportamenti inconsueti, rifiutando di farsi aiutare dagli adulti nelle pulizie personali.
I Carabinieri avrebbero trovato le prove degli abusi sessuali compiuti da Chirollo,
grazie a riscontri oggettivi che avrebbero confermato i racconti fatti dalla piccola
vittima agli psicologi.
Particolarmente importante, ai fini degli sviluppi dell’inchiesta, l’archivio
pedopornografico (definito sconvolgente anche da Carabinieri che hanno partecipato
alle riesumazioni nelle fosse comuni in Kossovo) nel quale sarebbero ritratte le piccole
vittime della donna, tutte di eta’ inferiore ai 10 anni. Chirollo, secondo le risultanze
investigative, avrebbe appuntato le sue attenzioni prevalentemente sulle femminucce.
31
La donna è stata arrestata nella sua casa di Arzachena, in esecuzione di un ordine di
custodia cautelare emesso dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di
Cagliari, e rinchiusa nel carcere ”San Sebastiano” di Sassari. 16
www.ecpat.it 26 aprile 2007
Turismo sessuale femminile: donne in cerca di sesso
Crisi di coppia, del maschio italiano, dei valori… Quale che sia la ragione, anche le
donne del Belpaese sono state contagiate dal malcostume del sesso a pagamento
lontano dai confini nazionali. Perché quel che accade all’estero, resta all’estero.
Soltanto negli ultimi anni le italiane rappresentano dal 3 al 5% dei turisti in cerca di
sesso. Lo denuncia il Rapporto 2006 Eurispes-Telefono Azzurro su Infanzia e
Adolescenza. L’identikit della donna a caccia di giovani amanti a pagamento è presto
tracciato: sono per lo più single e neodivorziate, scelgono mete come Gambia,
Senegal, Marocco, Kenya, oltre a Cuba e Giamaica. Vanno, insomma, in cerca di
quello che volgarmente si chiama il “big bamboo”… Anche l’età media, che fino a
qualche anno fa si aggirava attorno ai 40 anni, oggi si sta abbassando molto grazie
soprattutto ai voli low cost che consentono alle più giovani di raggiungere facilmente
mete esotiche dove l’offerta è altissima.
Il turismo sessuale è un fenomeno che sta assumendo caratteristiche e proporzioni
che vanno ben oltre le relazioni, seppur a pagamento, tra gli avventurieri occidentali e
le bellezze del posto. E sebbene la donna che va all’estero a caccia di gigolò faccia
ancora notizia e rappresenti più che altro un fenomeno di costume che ancora
incuriosisce molto, quello con cui ci si deve confrontare è un vero e proprio sistema di
sfruttamento della prostituzione. Il fenomeno che assume connotati ancora più gravi
quando le vittime di questa nuova schiavitù sono minori, che spesso sono venduti
dalle famiglie più indigenti, con il beneplacito delle autorità che chiudono un occhio
pur di veder triplicare il numero di turisti. In Gambia, per esempio, il 70% della
popolazione ritiene che il sesso sia la principale ragione del turismo europeo nel
proprio Paese. Davvero le donne vogliono rendersi complici di tutto questo?
L’emancipazione a volte prende vie misteriose.
www.ecpat.it 12 aprile 2007
Pedofilia: Filmavano abusi, arrestata coppia a Cagliari.
Adescavano bambini anche con deficit mentali e poi ne abusavano. Spesso filmavano
con una piccola telecamera gli atti sessuali. In manette per pedofilia sono finiti Sara
De Vecchi, 23enne di Novara e Roberto Muscas, 40enne di Santadi, entrambi residenti
a Borgomanero (Novara). I dettagli dell’operazione dei carabinieri sono stati resi noti
dal maggiore Daniel Melis nel corso della conferenza stampa che si è svolta questo
pomeriggio a Cagliari.
www.mobilitazionesociale.it 18 giugno 2007
Se è vero che le statistiche mostrano che la maggior parte degli abusi sessuali su
bambini sono compiuti da uomini, non bisogna però dimenticare che tra i molestatori
figurano anche delle donne. Nel 1994, il National Opinion Research Center mostrò che
la seconda forma più comune di abuso sessuale su minori riguardava donne che
avevano molestato ragazzi. Per ogni tre molestatori maschi ce n’è uno di sesso
femminile. Le statistiche sugli abusi compiuti da donne sono più difficili da ottenere
perché il reato è più nascosto. (Intervista con il Dr. Richard Cross, “A Question of
Character,”, National Opinion Research Center; cf. Carnes). Inoltre le loro vittime più
frequenti, i ragazzi, hanno una minore tendenza a denunciare gli abusi sessuali
specialmente quando il colpevole è una donna (O’Leary, “Child Sexual Abuse”).
32
oreius.altervista.org 22 settembre 2007
La canadese Linda Halliday-Sumner, consulente nei casi di abusi sessuali su minori,
segnala che negli ultimi dieci anni si è verificato un enorme incremento dei casi di
pedofilia femminile: nei 325 casi da lei seguiti, più di un centinaio erano dovuti ad
abusi sessuali su minori da parte di una donna.
Studies in the 1980s by researchers David Finkelhor and Diana Russell estimated that
in the United States about 14 percent of abuse cases involving boys were perpetrated 17
by females. Studi nel 1980 da ricercatori David Finkelhor e Diana Russell stima che
negli Stati Uniti circa il 14 per cento dei casi di abusi perpetrati dai ragazzi erano
femmine. About 6 percent of the cases were of women who abuse girls. Circa il 6 per
cento dei casi sono le donne che abusano di bambine.

(ANSA) domenica 27 gennaio 2008
Pedofilia: Asilo Vallo della Lucania, chiesto rinvio a giudizio per suor Soledad.
Vallo Della Lucania (Salerno), 25 Gennaio.Rinvio a giudizio per Suor Soledad,
archiviazione per gli altri indagati. Queste le richieste avanzate dalla Procura della
Repubblica di Vallo della Lucania al Gip del Tribunale vallese a proposito dell’inchiesta
su un presunto giro di pedofilia nel piccolo centro cilentano. Al centro delle indagini,
avviate due anni fa, la suora peruviana Carmen Verde Bazan, di 25 anni, nota come
suor Soledad, finita in carcere con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di 27
bambini tra i 3 e i 5 anni che frequentavano un asilo di Vallo della Lucania gestito da
religiose. Richiesta di archiviazione, al contrario, per gli altri indagati, almeno dieci, tra
i quali un muratore e un fotografo del posto; tra le ipotesi d’accusa, la prostituzione
minorile, la pornografia minorile e la detenzione di materiale pornografico.
www.corriere,it 25 marzo 2008
Gli italiani in testa alle classifiche. Ottantamila l’anno in cerca di minorenni.
Sono oltre 80.000 i viaggiatori che ogni anno lasciano la Penisola per andare a caccia
di sesso proibito, con bambini e adolescenti; non solo pedofili (il 3% del totale), ma
soprattutto uomini e donne normali. Ma nella primavera 2008, per Ecpat Italia è di
nuovo allarme rosso. “Negli ultimi anni, spiega il presidente, l’avvocato Marco
Scarpati, l’italiano ha scalato pesantemente i primi posti di questa terribile “classifica”:
se prima in alcuni Paesi eravamo fra le prime 4-5 nazionalità, oggi siamo i più presenti
in Kenya (il 24% dei clienti di prostituti/e minorenni è italiano, contro il 38% di
“locali”), Repubblica Dominicana, Colombia…”. Si abbassa l’età del turista sessuale,
“che non corrisponde più al cliché del vecchio ricco e bavoso”. La media è intorno ai
27 anni e c’è poi il mondo inesplorato del turismo sessuale femminile, “fatto di donne
dal reddito e livello culturale alti”.
www.corriere.it 1 febbraio 2008
Norma Giannini, che ora ha 79 anni, ritenuta colpevole di molestie negli anni ‘60 ai
danni di due alunni Milwaukee (Wisconsin).
Un nuovo scandalo sessuale si abbatte sulla chiesa cattolica statunitense. Norma
Giannini, una suora italo americana di 79 anni è stata condannata a un anno di
reclusione e a dieci con la condizionale per aver abusato ripetutamente di due suoi
alunni di 12 e 13 anni negli anni ‘60. Teatro delle molestie sessuali, descritte come
“baci e palpeggiamenti”, fu la scuola media cattolica St. Patrick di Milwaukee di cui era
suor Norma era la direttrice. Secondo quanto riferisce il “Chicago Tribune” la Giannini
ha anche ammesso in un’inchiesta interna dell’arcidiocesi di Milwaukee di aver
abusato di almeno altri quattro minori.
33
Nel 1992 è stata rimossa dall’incarico. I responsabili della prelatura vennero a
conoscenza del caso la prima volta nel 1992 ma, come scrive il giornale, non
informarono le autorità limitandosi a rimuoverla da ogni incarico. La procura riuscì a
istruire il caso solo nel 2005 solo dopo che le vittime, James St.Patrick e Gerald Kobs,
denunciarono i fatti.
I due, ormai quarantenni, erano presenti in aula al momento della sentenza. Hanno
raccontato di come i traumi subiti abbiano condizionato la loro vita e si sono detti
delusi dall’entità della pena. Condanna che sarà scontata non in una prigione normale
ma in una Casa di Correzione, come ha stabilito il giudice viste le cattive condizioni di
salute della suora. Kobs ha spiegato di aver pensato più volte al suicidio mentre
St.Patrick ha confessato di aver cercato consolazione dopo la scuola negli stupefacenti
e nell’alcol e di aver perso la fede. 18
Suor Norma, che in aula ha chiesto scusa per gli abusi commessi, originaria di Chicago
entrò in convento a 18 anni. Iniziò a insegnare nel 1949 alla St.Paul of the Cross di
Park Ridge, e in seguito in altre scuole cattoliche a Chicago e infine nel 1964 arrivò a
Milwaukee. Dopo cinque anni tornò in Illinois. Alla psicologa dell’arcidiocesi che gli
chiese cosa, secondo lei, i ragazzi pensavano di quello che gli faceva, suor Norma
rispose: “Si stavano divertendo…Quanti adolescenti potevano resistere a questa
opportunità”.
Il mattino di Padova 19 Aprile 2008
Insegnante accusata di atti di libidine.
Palermo. La vicenda risale a quasi 10 anni fa: la professoressa avrebbe avuto rapporti
con tre dodicenni. La docente è ora sotto processo per aver fatto sesso con minori. Di
giorno faceva l’insegnante, il pomeriggio dava ripetizioni e iniziava al sesso i suoi
stessi giovanissimi alunni. Succede a Palermo, dove una trentenne è adesso sotto
processo per “atti sessuali con minori”.
La realtà che traspare da questi articoli, ci fa capire che il fenomeno della pedofilia
nella sua variante al femminile esiste ed è presente anche sul nostro territorio.
Quando parliamo di pedofilia, subito la identifichiamo con il genere maschile. Chi fa
del male a un bambino non può essere donna perché la donna possiede l’istinto
materno che non le permetterebbe di scendere a tali mostruosità. Un articolo apparso
sul DailyMail il 4 Novembre del 2006 è un esempio dell’accostamento pedofilia generemaschile.
L’articolo, racconta che a bordo di un aereo della British Airways, è stato
chiesto ad un uomo di spostarsi di sedile perchè il regolamento della compagnia, vieta
ai bambini non accompagnati di sedersi di fianco ad ogni adulto di sesso maschile.
“Come compagnia aerea con un obbligo di attenzione verso i nostri clienti, è nel
nostro regolamento assicurarci che, ove possibile, nessun minore non accompagnato
sieda di fianco a maschi adulti. Ci scusiamo se il Sig. Kemp si è sentito offeso dalla
nostra richiesta, ma dobbiamo bilanciare i bisogni del bambino con quelli dell’adulto. Il
regolamento è in atto come precauzione e nel migliore interesse e benessere dei
bambini che viaggiano da soli.” La British Airways, però, non è l’unica compagnia
aerea al mondo che adotta questo regolamento. La Qantas e la Air New Zeland, (due
compagnie aeree australiane), balzarono agli onori della cronaca per un caso simile a
quello capitato pochi giorni fa al Sig. Kemp. Nel 2005 infatti un altro “incidente”
avvenne durante un volo della Qantas con rotta da Christchurch ad Auckland. In
questo caso la vittima di discriminazione fu Mark Mosley, a cui una hostess ordinò di
cambiare posto perchè “la policy della compagnia prevede che solo alle donne viene
consentito di sedersi accanto a bambini non accompagnati”.
34
La pedofilia è un fenomeno largamente sommerso riferito per lo più alla cerchia
familiare, che secondo il Censis rappresenta almeno 85% dei casi. Secondo i dati
forniti a febbraio 2008 dal ministero di grazia e giustizia, sono più di mille i detenuti
nelle carceri italiane accusati di reati di pedofilia, abusi e violenza sessuale su minori.
Nello specifico, sono soprattutto uomini italiani la maggioranza dei reclusi (824),
seguono i pedofili stranieri (400) e 98 donne di cui 45 di nazionalità italiana e 53
straniera.
In qualunque ricerca, le madri risultano sempre all’ultimo posto tra gli autori di reati
sessuali su minori e in percentuali insignificanti. La bassa percentuale delle donne
denunciate non rispecchia però la realtà, si pensa ci sia un sommerso molto più
consistente. I dati registrati in questi ultimi anni, dall’esperienza dell’equipe di
neuropsichiatria infantile dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, evidenziano, per
esempio, una certa rilevanza del fenomeno. Secondo una ricerca effettuata nel 1995
su 250 casi trattati, le madri sarebbero nell’11% dei casi le autrici degli abusi sessuali
intrafamiliari su figli minori, al terzo posto dopo i padri e i conviventi.
Gli abusi delle madri sui figli sono molto difficili da scoprire soprattutto perché sono
mascherati dalla pratica di accudimento e dall’affettività materna. Molti atti di libidine,
19
si nascondono infatti nei bagni e nei lavaggi intimi, nelle applicazioni superflue di
creme sui genitali dei figli di entrambi i sessi, nel condividere con questi ultimi fino
all’età adolescenziale il letto o le carezze erotiche, arrivando anche al rapporto
completo. Tutti questi comportamenti sono naturalmente perversioni materne, spesso
anche molto sottili, difficilmente riconoscibili e che non riescono ad emergere se non
in terapia.
Il senso comune censura immediatamente il pensiero che una donna potrebbe avere
desideri incestuosi verso i suoi figli e se emerge che esagera nel fare il “bagnetto” al
figlio o ad utilizzare le creme, si preferisce credere che abbia la fobia dell’igiene se non
addirittura scusarla, perché inconsapevole dei suoi gesti e delle conseguenze che
questi possono avere sullo sviluppo psico emotivo del figlio. Fino a non molti anni fa,
quasi si pensava fosse “naturale”, o comunque era un “eccesso” che veniva tollerato
dal sentire comune, in nome dell’esclusività del rapporto tra madre e figlio.
(www.psychomedia.it).
Quando ci troviamo di fronte ad un comportamento criminale al femminile, assistiamo
ad una disparità di trattamento perpretata non solo dalla gente comune ma anche dal
sistema giudiziario. Uno studio del governo degli Stati Uniti, (United States Sentencing
Commission – November 2004), risalente a due anni fa, ha portato alla luce una realtà
allarmante su come le donne vengano “discriminate positivamente” nelle aule dei
tribunali, vedendosi comminare pene più leggere degli uomini per lo stesso reato.
Secondo il “Journal of criminal justice”, (Nagel & Johnson, 1994; Segal, 2000;
Schazenbach, 2004) l’analisi dei dati e dei casi giudiziari, suggerisce che le attitudini
paternalistiche dei giudici verso le donne, tendano a ritenere le donne più vulnerabili,
degne di comprensione, e in definitiva meno responsabili degli uomini.
Un esempio recente è quello dell’insegnante Sarah Bench-Salorio, condannata nel
2005 per aver sessualmente molestato ragazzini di 11, 12 e 13 anni. L’imputata era di
fronte ad una possibile condanna di oltre 60 anni. Il giudice però l’ha condannata ad
appena 6 anni.
Nell’ agosto del 2006, un Giudice americano ha causato forti proteste per la sua
decisione di mettere in libertà una donna, trovata in possesso di rivoltante materiale
35
pedopornografico di bambini fino ai 5 anni di età. Julie Lowe, un’operaia ferroviaria,
scaricò da internet immagini e video di carattere pedopornografico, alcuni mostravano
bambini in scene di sesso “bondage” e sadomaso. Due dei filmati scaricati erano della
“Categoria 5” ovvero il livello più grave di materiale pedopornografico. La Lowe, ha
affermato alla Corte di Leicester Crown di aver visionato i video solamente per
curiosità. Ma le 43 disgustose immagini di pedopornografia sono state scaricate lungo
un periodo di ben 2 anni. La polizia ha fatto irruzione nella casa della Lowe, grazie alle
segnalazioni di agenti di polizia in Norvegia e Danimarca. La Lowe, una single di 45
anni, ha riconosciuto i 9 capi di accusa riguardo al materiale pedopornografico da lei
posseduto. Il giudice pur avendo descritto il materiale sequestrato come “spregevole,
e profondamente ripugnante”, ha ritenuto di limitare la pena ad un ordine di
riabilitazione comunale della durata di 3 anni, con l’obbligo di partecipare ad un
programma di trattamento per i molestatori sessuali e 100 ore di servizio per la
comunità. (antifeminist.altervista.org)
Negli ultimi anni sembra esserci stato un incremento esponenziale dei casi di pedofilia
al femminile e tale fenomeno è particolarmente accentuato e ben visibile negli Stati
Uniti. L’aumento della casistica di questo tipo di crimine confermato dalla cronaca
nazionale e internazionale, non è dovuto ad un effettivo incremento del fenomeno,
quanto piuttosto ad un’accresciuta sensibilità verso di esso, sia da parte degli
operatori sanitari e sociali, sia da parte della società.
Quello che differenzia la pedofilia femminile odierna da quella del passato è la sua
espressione manifesta, la sua patologica volontà di uscire allo scoperto, quasi per
voler rivendicare un posto accanto a quella maschile. (L. Petrone, M. Troiano, 2005).
Ecco allora che debuttano, le prime donne indagate per pedofilia, i primi arresti, le
turiste sessuali, la scoperta dei primi siti internet per donne pedofile. Pensiamo per 20
esempio, che se all’inizio del 2004 le associazioni femminili pedofile che agivano su
internet erano 5 (M. Valcarenghi, 2007), solo nel 2007 siamo arrivati a 36, come
riportato dall’associazione meter, che da anni si occupa del fenomeno pedofilia. A
questo proposito voglio citare la lettera di ordinazione (riportata dall’E.C.P.A.T.) che
una pedofila svedese ha scritto al fornitore di fiducia, dopo aver visto insieme alla sua
compagna un film su una bambina, i cui genitali presi a frustate e riempiti di parafina
bollente, vengono poi ricuciti con degli aghi: “Vorrei un altro video, scrive una signora
svedese, ma questa volta voglio roba più forte. Ho voglia di guardare qualcosa di
completo, sa cosa intendo dire; se avete il seguito di quelle scene con gli aghi, per
favore mandatemele”.
Conclusioni
Ammettere l’esistenza della pedofilia femminile crea inquietitudine e angoscia in
ognuno di noi, non vogliamo accettare l’idea che la donna possa essere una potenziale
abusatrice di bambini. Impregnati dallo stereotipo rassicurante che attribuisce alla
donna un ruolo passivo e il ruolo del più “debole”, attribuiamo alla figura femminile
maggiore sensibilità, un orientamento specifico verso le funzioni di cura e
accudimento, intensa affettività e tenerezza.
L’abuso femminile che esce allo scoperto, gode di un diverso metro di valutazione,
basato sulla credenza che la madre, che ha il compito di proteggere, stia
semplicemente prolungando, forse in maniera insolita, ma non colpevole, il suo
precedente ruolo protettivo oppure si considera la donna abusante, affetta da severe
alterazioni psichiche molto più gravi dell’uomo che compie lo stesso atto.
La realtà dei fatti, ci porta però a dover ammettere la possibilità che proprio coloro
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che dovrebbero essere portatrici del rassicurante istinto materno, (e quindi difendere,
curare e amare la propria prole), si rendano autrici di abuso su minori.
Vorrei concludere con questo brano tratto dagli scritti di De Sade. Non si riferisce
direttamente alla “donna pedofila” ma credo che queste stesse parole si prestino bene
a descriverla:
…Il cammino della virtù qui s’arresta,
addolcendo e cullando tra le docili pareti
di un abisso che il pudore e la gioia non temono…
…….costrette a nascondersi,
a dissimulare,
a mascherare le loro tendenze con atti di bontà …..;
possono così abbandonarsi alle loro inclinazioni
soltanto dietro il velo più fitto,
con le maggiori precauzioni…
e poiché ci sono molte donne cosiffatte,
molte sono le infelici…
De Sade, La Filosofia nel Boudoir
MILANO – Pochi ne parlano o forse pochi ne conoscono l’esistenza. E’ un tabù, una
stridente contraddizione in termini, uno choc: è la pedofilia femminile. Di questo si
occupa la terza puntata di Vanguard Italia, la serie di video-reportage realizzati e
prodotti dal network italiano di filmmaker, freelance, giornalisti indipendenti e reporter
di Current, in onda mercoledì 16 giugno alle ore 21.10 sul canale 130 Sky,
Cos’è la pedofilia femminile? Quanti sono i casi in Italia? Come interviene la
polizia? L’inviata Vanguard Isabella Angius ne parla con medici, poliziotti,
investigatori, studiosi e raccoglie per Current una serie di testimonianze dirette di
familiari delle vittime, nonché ricostruzioni reali di donne autrici di abusi su minori. La
pedofilia rientra tra i disturbi mentali, in psichiatria si definisce parafilia ovvero
interesse sessuale patologico verso bambini sotto i 13 anni. Nello stereotipo culturale il
pedofilo è maschio. Invece anche le donne possono esserlo, in una percentuale
attualmente compresa tra l’8 e il 12% del totale. Spesso hanno un ruolo passivo e
lasciano all’uomo un ruolo attivo, come nel caso della testimonianza di una pedofila che
arrestata confessa: «Adoravo il mio fidanzato. Era affascinante come Steve Mc Queen.
Era lui che mi chiedeva di coinvolgere mia figlia».
Di pedofilia femminile si parla per la prima volta in America intorno agli anni ’70 e
soprattutto in relazione al fenomeno del turismo sessuale, spiega ai microfoni
di Current lo psicologo giudiziario Carmelo Dambone dal suo ufficio alla Procura di
Monza, dove interroga i minori vittime di abusi a sfondo sessuale. Su circa 600 casi di
pedofilia trattati nella sua carriera, Dambone si è imbattuto in almeno 7 perpetrati da
donne, «per lo più tra i 30 e i 45 anni – specifica – per la maggior parte sposate e con
figli ma solitamente con trascorsi di violenze sessuali o divorzi».
Cifre ancora troppo sottostimate secondo Loredana Petrone, psicologa e sessuologa
autrice del libro ‘E se l’orco fosse lei?’. «Pensare che una donna possa essere un’abusante
sessuale – spiega Petrone – è raccapricciante, è sconvolgente perché la donna è associata
all’idea di mamma. Teoricamente una madre non potrebbe mai danneggiare un bambino.
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Per questo molte vittime rettificano la loro versione dicendo di essere state abusate da
uomini». Un dato però è certo: la baby sitter che abusa dei bambini rientra perfettamente
nella casistica. È quello che tristemente si può definire un classico. «Chi è interessata ai
bambini – chiosa la psicologa – farà lavori in cui potrà stare con i più piccoli». A fare
emergere più chiaramente la diffusione della pedofilia femminile negli ultimi anni ha
contribuito senza dubbio il web. Su internet sono sempre di più le immagini o i filmati
pedopornografici che coinvolgono donne e soprattutto mamme.
Al Centro Nazionale della Polizia di Stato per il contrasto alla pedopornografia i
poliziotti parlano di oltre 570 siti nella blacklist della Polizia Postale. «Dalle comunità
virtuali – raccontano gli agenti – arrivano i consigli per l’uso, le raccomandazioni e le
piste per ottenere materiali e minori da poter abusare. Il prezzo lo impone la qualità e
soprattutto la novità delle immagini. E’ importante sottolineare – avvertono – che il clic
alimenta la produzione e quindi l’abuso di produzione di questo materiale». E dunque
l’incrermento dei casi, come confermano i dati riportati da Barbara Forresi dalla sede
centrale a Milano di Telefono Azzurro: «Negli ultimi due anni, il 12% delle violenze
sessuali denunciate su segnalazioni giunte al Telefono Azzurro hanno autrici donne».
Luigi Colombo è psicanalista. Gestisce a Milano, insieme a altri medici, un centro per
sex offender e da anni si occupa del recupero di pedofili. Tra le donne attualmente in
cura la più giovane ha 25 anni, la più adulta circa 55. «Molte – assicura Colombo –
riescono a tornare a una vita normale a sfruttare anche le possibilità dell’inserimento
sociale. Soffrono molto durante la carcerazione e questo gli consente veramente di
voltare pagina e di rettificare CERTI COMPORTAMENTI .
Per l’attendibilità delle testimonianze infantili riportiamo anche il
“Protocollo della CARTA DI NOTO AGGIORNATA (7 luglio 2002)”
LINEE GUIDA PER L’ESAME DEL MINORE IN CASO DI ABUSO SESSUALE
PREMESSA
Il presente aggiornamento della Carta di Noto del 1996, che costituisce ormai un
riferimento costante per giurisprudenza, letteratura e dottrina, è stato reso necessario
dalle innovazioni legislative intervenute nel frattempo e dall’evoluzione della ricerca
scientifica in materia.
Le linee guida che seguono devono considerarsi quali suggerimenti diretti a garantire
l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni,
assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, nel rispetto dei principi
costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale.
Quando non fanno riferimento a specifiche figure professionali le linee guida valgono
per qualunque soggetto che nell’ambito del procedimento instauri un rapporto con il
minore.
1. La consulenza tecnica e la perizia in materia di abuso sessuale devono essere
affidate a professionisti specificamente formati, tanto se scelti in ambito pubblico 2
quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante
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aggiornamento professionale.
Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono:
a) utilizzare metodologie e criteri riconosciuti come affidabili dalla comunità
scientifica di riferimento;
b) esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica
dei risultati.
2. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti
per cui si procede che spetta esclusivamente all’Autorità giudiziaria. L’esperto
deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità
della fase evolutiva del minore.
3. In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della
famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e ove necessario, al contesto
sociale del minore.
E’ metodologicamente scorretto esprimere un parere senza avere esaminato il minore e
gli adulti cui si fa riferimento, sempre che se ne sia avuta la rituale e materiale
possibilità. Qualora l’indagine non possa essere svolta con tale ampiezza, va dato conto
delle ragioni dell’incompletezza.
4. Si deve ricorrere in ogni caso possibile alla videoregistrazione, o quanto meno
all’audioregistrazione, delle attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei
comportamenti del minore. Tale materiale, per essere utilizzato ai fini del giudizio, va
messo a disposizione delle parti e del magistrato. Qualora il minore sia stato sottoposto
a
test psicologici i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti
integralmente ed in originale.
5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto avrà cura
di individuare, esplicitare e valutare le varie ipotesi alternative, siano esse emerse o
meno nel corso dei colloqui.
6. Nel colloquio con il minore occorre:
a) garantire che l’incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da
assicurare, per quanto possibile, la serenita’ del minore;
b) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura
in corso;
c) consentirgli di esprimere opinioni, esigenze e preoccupazioni;3
d) evitare domande e comportamenti che possano compromettere la
spontaneità, la sincerità e la genuinità delle risposte, senza impegnare il
minore in responsabilità per ogni eventuale sviluppo procedimentale. .
7. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del
minore nel corso del procedimento.
8. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati di per sé
come indicatori specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o
da altre cause, mentre la loro assenza non esclude di per sé l’abuso.
9. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla
compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato di violenza sessuale è
necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali
conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od
incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto, anche, se
non richiesto, non deve esprimere sul punto della compatibilità né pareri né formulare
alcuna conclusione.
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10. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini
giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va
pertanto affidata a soggetti diversi.
La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali
compiti siano attribuiti ai servizi socio-sanitari pubblici.
In ogni caso i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non
sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti che è riservato
esclusivamente all’autorità giudiziaria.
11. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che
manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà
essere diversa dall’esperto e non potrà comunque interferire nelle attività di indagine e
di formazione della prova.
12. Alla luce dei principi espressi da questa Carta si segnala l’urgenza che le istituzioni
competenti diano concreta attuazione alle seguenti prescrizioni contenute nell’art. 8 del
PROTOCOLLO ALLA CONVENZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO SULLA
VENDITA DI
BAMBINI, LA PROSTITUZIONE DEI BAMBINI E LA PORNOGRAFIA
RAPPRESENTANTE
BAMBINI (stipulato il 6 settembre 2000 a New York, ratificato con legge dello Stato
11
marzo 2002 n. 46) con le quali:4
1. Gli Stati Parte adottano ad ogni stadio della procedura penale le misure
necessarie per proteggere i diritti e gli interessi dei bambini che sono vittime delle
pratiche proscritte dal presente Protocollo, in particolare:
a) Riconoscendo la vulnerabilità delle vittime ed adottando le procedure in
modo da tenere debitamente conto dei loro particolari bisogni, in particolare in
quanto testimoni;
b) Informando le vittime riguardo ai loro diritti, al loro ruolo ed alla portata
della procedura, nonché alla programmazione e allo svolgimento della stessa, e
circa la decisione pronunciata per il loro caso;
c) Permettendo che, quando gli interessi personali delle vittime sono stati
coinvolti, le loro opinioni, i loro bisogni o le loro preoccupazioni siano
presentate ed esaminate durante la procedura in modo conforme alle regole di
procedura del diritto interno;
d) Fornendo alle vittime servizi di assistenza appropriati, ad ogni stadio della
procedura giudiziaria;
e) Proteggendo, se del caso, la vita privata e l’identità delle vittime e
adottando misure conformi al diritto interno per prevenire la divulgazione di
qualsiasi informazione atta ad identificarle;
f) […]
g) […]
2. […]
3. Gli Stati Parte si accertano che nel modo di trattare le vittime dei reati descritti
nel presente Protocollo da parte dell’ordinamento giudiziario penale, l’interesse
superiore del bambino sia sempre il criterio fondamentale.
4. Gli Stati Parte adottano misure per impartire una formazione appropriata, in
particolare in ambito giuridico e psicologico, alle persone che si occupano delle
vittime dei reati di cui al presente Protocollo.
40
5. Se del caso, gli Stati Parte si adoperano come necessario per garantire la
sicurezza e l’integrità delle persone e/o degli organismi di prevenzione e/o di tutela
e riabilitazione delle vittime di tali reati.
6 6. Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica il diritto dell’accusato ad
un processo equo o imparziale o è incompatibile con tale diritto.».
Non intendo con questo lavoro essere esaustiva , ci sarebbe ancora tanto da dire ,ma cio’
che ho trovato dopo molte ricerche in due anni mi ha consentito di rappresentare il
fenomeno
nel modo piu’ poliedrico possibile affinché vengano tolti alcuni veli su un fenomeno ,
che in primis i genitori dovrebbero avere per prevenire questi fenomeni che io definisco
aberranti e inimmaginabili .
Napoli ,lì 21 Aprile 2012 avv. Anna Mondola

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