32 GENNAIO 2020

16 Gennaio, 2020 | Autore : |

Il 28 gennaio UCPI vorrebbe gli avvocati penalisti a Roma per protestare contro la riforma Bonafede della prescrizione, in concomitanza con la presumibile discussione in aula alla Camera del pdl Costa.

Il 31 gennaio si inaugura l’anno giudiziario e da MF viene l’invito a partecipare in quella occasione – sulla scorta del modello francese, si dice – ad una grande manifestazione “unitaria” dell’avvocatura da tenere in quel di Piazza Cavour, sempre a Roma.

Una sorta di panolada in salsa forense, che servirebbe a manifestare lo sdegno della categoria per le scelte dell’esecutivo in tema di giustizia.

Ad oggi non mi sembra di aver letto di particolari consensi alla proposta di Caiazza o a quella di Cesali e questo già testimonia di come l’invocata unità non sia che una chimera.

Per altro, a nessuna di quelle manifestazioni saranno presenti – e non mi sembra di captare segali in senso contrario – i vertici istituzionali della categoria, cosa che di per sé sarà sufficiente ad ulteriormente dividere un’avvocatura già frammentata.

In particolare, la manifestazione del 31 potrebbe rappresentare un punto di non ritorno: anche nell’ipotesi di partecipazione di massa alla manifestazione di piazza (e resta da vedere cosa si intenda con questa espressione), la divisone, anche spaziale, tra il “sistema” avvocatura, invitato alla cerimonia, ed il popolo degli avvocati, relegato alla piazza, potrà servire solo a delegittimare – come se ce ne fosse ancora bisogno – Mascherin & Co., con possibili ripercussioni sulla tenuta del CNF.

Questo sarebbe già un buon risultato, almeno sotto il profilo del recupero della democraticità del sistema delle istituzioni forensi, anche se, nella diversa prospettiva del peso politico immediatamente esercitabile, contribuirebbe alla definitiva perdita di credibilità di una categoria già da tempo marginalizzata nei processi decisionali del Paese.

Se il Faraone – e con lui gli altri rappresentanti delle nostre istituzioni – avessero a cuore le sorti della categoria e, allo stesso tempo, fossero preoccupati per la reale tenuta dello stato di diritto, potrebbero, con un sussulto di dignità e coraggio, disertare la cerimonia e scendere in piazza con i Colleghi, decidendo una buona volta di dar alla occupazione delle poltrone un senso, che superi i gettoni di presenza ed i giornaletti di quart’ordine.

Ovviamente, questo non avverrà e, anzi, continuerà la lotta intestina tra i diversi organi della rappresentanza forense, troppo impegnati nella reciproca delegittimazione per potersi occupare degli avvocati.

Basta pensare al CNF che convoca l’agorà degli ordini, organismo simil congressuale ma di stampo dichiaratamente ordinistico, e ad OCF, che ribatte con i cantieri dell’avvocatura, per comprendere quanta forza abbia alla prova dei fatti lo spirito unitario della categoria.

Basta veder come ogni associazione convochi una manifestazione unitaria e nazionale alla quale invita le altre, invece di coordinarsi con loro per dar vita ad un movimento realmente rappresentativo.

In questo quadro, anche NAD vuole la sua manifestazione nazionale, da farsi il prossimo 32 gennaio, magari a Zagarolo (la località laziale dell’unico vero “ultimo tango”) e possibilmente in notturna, per far contenta la mia amica Claudia Testa.

E, poi, chi vorrà partecipare, parteciperà!

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