LA FATICA DEL CAMBIAMENTO

20 Novembre, 2017 | Autore : |

Ritorno a scrivere un articolo per il sito della nostra associazione dopo molto tempo. Faccio fatica a tenere insieme le molte vicende, i grandi impegni, che Nuova Avvocatura Democratica sta affrontando in questo periodo. La nostra associazione cerca di costruire un’avvocatura diversa, mentre il concetto stesso di avvocatura è minato da un assetto istituzionale sempre meno credibile e sempre più conflittuale ed autoreferenziale.

Le forze che in Italia dominano le sorti della professione forense vengono dal passato e sono spesso enormemente distanti dal futuro. Allo stesso tempo il lavoro della politica impone l’utilizzo di enormi risorse, personali, economiche, professionali ed intellettuali, se il fine dell’agire politico è il cambiamento degli attuali assetti di potere.

NAD verifica in concreto, ogni giorno, quanto sia faticoso il percorso controcorrente e controvento che sta affrontando, in un contesto in cui la conservazione dell’esistente appare essere la cifra più importante di una categoria unificata da un’atavica avversione al mutamento ed alle sfide dell’innovazione.

La mia personale fatica nel continuare a combattere questa guerra contro il regime dell’istituzionalizzazione forense è diventata oramai una compagna di viaggio, un totem con cui fare i conti, una parte della mia stessa personalità. All’avvocatura ho dedicato anni di impegno, probabilmente in modo anche ossessivo ed eccessivo, sicuramente per ragioni egotiche e confrontandomi con tutte le contraddizioni connesse alla battaglia che ho scelto di combattere. La nostra associazione sta cercando di costruire un valido gruppo dirigente, si sta accreditando come soggetto politico capace di entrare nelle istituzioni forensi, comincia ad essere una forza significativa all’interno dell’avvocatura italiana. In verità questi mesi di dure lotte, elettorali e politiche, ci consegnano un quadro politico forense quanto mai cupo, dominato da estrema frammentazione e da pochissime figure capaci di unire gli avvocati, su valori e prospettive politiche comuni. La nascita dell’avvocatura pare essere il convitato di pietra, il grande assente all’interno di un progetto che fa fatica a venire fuori.

 

Oggi l’avvocatura italiana è sostanzialmente espressa, nei suoi valori culturali e politici, dal sistema dei Consigli dell’Ordine circondariali. Sugli effetti nefasti che questa dimensione, localistica ed inadeguata al futuro, ha prodotto per gli avvocati italiani, mi sono soffermato mille volte, fino a diventare quasi paranoico. Rimane un profondo disagio nel constatare che le mie istituzioni non mi rappresentano, né si preoccupano di cercare un dialogo con quegli avvocati smarriti, alla ricerca di una collocazione sociale, che non si riduca alla mera ricerca di denaro e di un mestiere. Sono anni estremamente tristi per la società italiana, anni in cui è davvero difficile sentirsi integrati in un progetto collettivo giusto e pulito. Il compromesso con l’illegalità e la grande distanza che si è generata, all’interno dell’ordinamento giudiziario, tra legalità e moralità, minano costantemente le certezze morali, i fondamenti etici dell’agire dell’avvocato, che si ritrova spesso in balia di un lavoro in cui fa fatica a riconoscersi.

L’Italia di oggi non è diversa dal resto del mondo: viviamo una gigantesca perdita di identità, acuita dalla fatica del lavoro ad imporsi ancora come strumento principe di inclusione sociale. Assomigliamo sempre più a cercatori di reddito, mentre non di rado la legalità diviene un pagliaccio, incapace di infondere autorevolezza, priva di qualsiasi serietà, sia per noi che per gli altri.

 

In un quadro così deteriorato, mantenere la lucidità è davvero difficile. Gestire le tensioni della lotta, la fatica delle rinunce e dei rischi, il dispiacere legato al conflitto ed all’isolamento, se da un lato mi hanno regalato una probabile maturazione, dall’altro mi hanno reso meno ottimista nei confronti del futuro. La mia personale scala del tempo, con i 39 anni compiuti, che per me rappresentano un’età già pienamente “vecchia” e non certo “giovane”, come va di moda dire oggi, fa il resto.

 

Sogno un’avvocatura che divenga finalmente classe e soggetto politico. Continuo a battermi perché lo schema del governo corporativo, basato su un parlamento nazionale degli avvocati e su un governo che risponda a tale parlamento, si imponga e sostituisca un sistema istituzionale farraginoso e bulimico, in cui l’inefficienza e la sovrapposizione delle funzioni paiono essere la norma.

Il tempo che abbiamo a disposizione per riuscire a ricostruire non è infinito, bensì limitato e tiranno. La difficoltà di coinvolgimento della classe in un discorso politico che miri a dare agli avvocati un’autocoscienza matura è immensa. La fatica spesso attenta alla speranza, ma la consapevolezza che NAD oggi rappresenta l’unica alternativa possibile per una via democratica, che renda l’avvocatura italiana degna protagonista dell’Italia futura, è la migliore spinta al superamento di tutte le avversità che il nostro cammino sta vivendo in questi mesi aspri e bui.

Avv. Salvatore Lucignano

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